Home Economia CoVid-19, Ismea: ancora difficile approvvigionamento mais. Pesa calo domanda su settore carne

CoVid-19, Ismea: ancora difficile approvvigionamento mais. Pesa calo domanda su settore carne

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Anche nella seconda fase di emergenza CoVid-19 il settore agroalimentare continua a tenere. In alcuni suoi comparti sono state assorbite le criticità che ne hanno caratterizzato l’avvio, ma comunque restano alcuni profili critici. Ad esempio l’approvvigionamento di materie prime e la non trascurabile contrazione della domanda in settori come quello caseario e della carne, soprattutto bovina e suina. L’analisi dell’impatto della crisi coronavirus sul settore primario e della trasformazione alimentare arriva da Ismea che ha pubblicato il “2° Rapporto sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19”

Il periodo di riferimento va dal 15 marzo al 12 aprile. Sul fronte degli acquisti, i consumatori hanno cominciato a cambiare le modalità, con l’esaurirsi della corsa alle scorte. Le vendite al dettaglio sono comunque cresciute: +18% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e +3% rispetto alle prime settimane di emergenza. Oltre all’effetto ‘dispensa piena’, sugli acquisti potrebbe aver pesato anche la minore liquidità soprattutto al Sud.

Sul fronte dell’offerta i produttori hanno dovuto far fronte ad alcuni problemi anche se c’è stato un consolidamento delle filiere che inizialmente avevano subito il contraccolpo maggiore soprattutto per gli intoppi nella logistica. Ismea riferisce ad esempio di un leggero aumento dei costi di produzione per l’approvvigionamento di materie prime perché i vettori non sempre sono stati in grado di garantire il pieno carico dei tir. Trasversale tra i diversi settori dell’agroalimentare è stato poi l’effetto dello stop al canale Horeca. Le imprese più penalizzate sono state quelle di gamma alta, quelle legate al territorio e gli agriturismi. E anche il Made in Italy ne ha risentito. Ogni filiera, comunque, presenta delle criticità proprie. 

Cereali

Sono ancora evidenti le difficoltà di approvvigionamento all’estero, in particolare per il mais. Un problema che fa il paio con l’esigua disponibilità di granella nazionale. Inoltre, sempre a livello internazionale, si è registrata un’abbondanza di frumento. Sul fronte dei prezzi, la rilevante offerta mondiale di mais e, soprattutto, la flessione del prezzo del petrolio hanno fatto diminuire il prezzo del cereale. Tendenza opposta per il grano, duro e tenero, e per le relative farine. I problemi nel reperimento delle materie prime sono stati sottolineati in particolare dalle imprese mangimistiche, come rilevato dall’istituto nella consueta consultazione delle imprese agricole e dell’industria alimentare di marzo. 

Carne

Il danno maggiore l’ha subito il settore ovicaprino: la chiusura dell’Horeca ha compromesso l’intera annata, dice Ismea, con la pandemia che si è verificata in concomitanza con la Pasqua. La vendita degli agnelli ha subito un taglio del 15% per via della minore domanda dei macelli e per l’abbondanza di capi, nonostante una minore pressione da parte del prodotto estero. Segnali positivi invece per il latte ovino, con prezzi in aumento per la maggiore produzione di Pecorino romano grazie al recupero dalla vertenza dello scorso anno e alle industrie di trasformazione che stanno privilegiando i formaggi a lunga stagionatura. 

La carne bianca aveva fatto registrare una buona performance all’inizio della crisi grazie al mercato autosufficiente e all’integrazione della filiera e, forse, al minore impatto dello stop dell’Horeca. Ora il settore si sta normalizzando con la minore pressione della domanda e il conseguente riallineamento delle quotazioni all’origine. 

Ben diverso l’effetto del fermo della ristorazione sul segmento bovino. I tagli di maggior pregio e quelli destinati alla produzione di hamburger hanno visto sbarrata la strada. Pertanto i circuiti distributivi si sono riorganizzati e ci sono state ripercussioni sui prezzi sia di animali vivi che della carne. Un ulteriore elemento di fibrillazione è stata la concorrenza dei tagli esteri, più competitivi grazie alla flessione dei prezzi medi. È diminuita, infine, l’attività della macellazione per le problematiche legate alle restrizioni e anche per l’incertezza della domanda.

Il settore suinicolo è stato interessato da fenomeni contrastanti. Con l’aumento della domanda di prodotti pre-confezionati e di tagli al fresco della Gdo, la chiusura dell’Horeca e la minore operatività dei macelli e degli impianti di lavorazione, sono diminuiti i prezzi all’origine dei suinetti da allevamento e dei suini pesanti da cui derivano prodotti certificati. L’industria della trasformazione ha pagato inoltre le criticità nei rapporti commerciali con i principali Paesi importatori (Germania e Francia). 

Caseario

La domanda è stata fortemente ridimensionata per via dello stop a bar, mense, ristoranti e pizzerie ma anche per il freno al commercio estero. Le scorte sul mercato interno di prodotti Uht e formaggi stagionati non hanno poi compensato il blocco dell’Horeca. I caseifici hanno ridotto la domanda e l’attività di trasformazione si è, di conseguenza, limitata. Tutto ciò ha portato a un ribasso delle quotazioni di latte spot (-10 euro ad aprile rispetto a gennaio) e anche dei contratti di fornitura con l’industria: gli allevatori hanno percepito il 7% in meno rispetto allo scorso anno per le consegne di marzo. Anche i formaggi grana hanno visto diminuire i prezzi (-20% per il Parmigiano reggiano e -10% per il Grana padano). 

Ortofrutta

In questo campo il problema principale resta il reperimento della manodopera, soprattutto quella straniera, per la raccolta. Le difficoltà logistiche sono state attenuate ma restano ancora dei rilievi per il trasporto su gomma a causa dell’indisponibilità di alcuni vettori. La maggiore domanda della Gdo di prodotti confezionati, e anche l’aumento della stessa da parte della Gdo estera (dalla Polonia alla Germania al Belgio), sta creando inoltre alcune difficoltà di gestione.



Foto: © candy 1812_Fotolia

 

redazione