La crisi coronavirus potrebbe intersecarsi con un diverso andamento del mercato internazionale dei cereali nell’Europa dell’Est. Russia, Ucraina e Kazakistan, tra i principali produttori ed esportatori al mondo, potrebbero contingentare la quantità di prodotto destinato all’estero. Lo sostiene il magazine World Grain che parla di una sorta di nazionalismo alimentare.
Nel mercato interno il prezzo del grano è aumentato negli ultimi due mesi, complice la svalutazione del rublo. I cerealicoltori stanno conservando il prodotto in attesa di prezzi migliori sul mercato estero per poter ricavare un margine maggiore dalle esportazioni proprio per via del rublo debole, spiega un’analista a World Grain. Ma in questo modo sta appunto aumentando il prezzo nel mercato interno. Una situazione rischiosa anche per gli stessi agricoltori che potrebbero arrivare al prossimo raccolto con i magazzini pieni.
Le autorità russe – è la ricostruzione di World Grain – per limitare i prezzi e garantire l’approvvigionamento nel corso della pandemia, hanno fissato una quota di esportazioni per aprile-giugno ma il prodotto destinato all’estero ha cominciato a esaurirsi più rapidamente di quanto previsto. Pertanto l’export sarà sospeso fino al primo luglio una volta che la quota di sette milioni di tonnellate sarà esaurita, probabilmente a metà maggio. I principali Paesi verso cui la Russia sta spedendo il grano sono Turchia, Egitto e Bangladesh.
Anche altri Paesi come Kazakistan e Kirghizistan hanno limitato l’export cerealicolo. Inizialmente il Kazakistan aveva introdotto un embargo all’export, ma aveva alimentato il timore di forti ripercussioni per l’industria alimentare di Paesi vicini come l’Uzbekistan. Il blocco è stato poi ritirato e sostituito dall’introduzione di una quota. Per aprile è possibile esportare 200 mila tonnellate di grano e 70 mila di farina.
Aumento dei costi per i mangimisti
L’aumento del prezzo del grano si è tradotto in un aumento di costi per l’industria alimentare e la mangimistica dell’Unione economica euroasiatica. Questo, a sua volta, ha determinato un aumento dei prodotti zootecnici, come ad esempio il settore lattiero-caseario, secondo quanto riferisce un manager di un’azienda russa. Anche il prezzo delle premiscele potrebbe aumentare fino al 50% per via del deprezzamento del rublo e degli sconvolgimenti sul fronte delle importazioni di additivi dei mangimi, prevede l’unione dei mangimisti russi.
Le speranze sono riposte sulla seconda parte dell’anno. Per il capo della Russian Grain Union è probabile che il raccolto si aggirerà sulle 115-130 mil di tonnellate nel 2020 grazie a condizioni climatiche favorevoli. Le previsioni indicano il prezzo medio del grano russo nella nuova stagione inferiore di 30 dollari rispetto a quello corrente. Il ministero dell’agricoltura ha previsto invece una produzione pari a 123,5 mil di tonnellate.
Anche a Kiev quello delle restrizioni all’export è un tema al centro dell’attenzione. I rappresentanti del settore della panificazione e dell’industria molitoria si sono rivolti in questo senso al presidente dell’Ucraina visti gli aumenti del prezzo del grano con quello del pane sul punto di aumentare tra il 15% e il 20%. Gli agricoltori non stanno vendendo il loro grano per remunerazioni migliori sul mercato dell’export, ha riferito una fonte a World Grain. Il governo, però, non sembra intenzionato a muoversi in questa direzione ma piuttosto pensa di introdurre altre misure per regolare il prezzo. Intanto è salito il prezzo delle premiscele e della granella per mangimi. Un rappresentante del governo ucraino ha detto a Reuters che il Paese potrebbe introdurre delle restrizioni all’export se si dovessero esportare più di due milioni di tonnellate di grano ad aprile, cosa che difficilmente succederà. Il Paese sta esportando principalmente verso Turchia, Egitto e Iran.
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