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Scienza, Ricerca e Sviluppo per il progresso dell’agricoltura

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Questa è la terza parte dell’approfondimento sul rapporto tra agricoltura e innovazione del professor Casati. Le precedenti sono state pubblicate sui numeri 5 e 6-Anno XI di Mangimi & Alimenti. 

Agli effetti della generazione di innovazione e delle prime fasi del lungo iter di realizzazione della stessa è necessario uno stretto rapporto con la scienza. Questa è intesa come un insieme di conoscenze che si riferiscono a determinati fenomeni che vengono studiati e approfonditi. Ciò avviene con la ricerca che è l’attività originale svolta per incrementare le conoscenze e può essere di due categorie:    

di base: l’attività sperimentale per aumentare le conoscenze senza immediate finalità applicative     

applicata: quando è diretta a uno scopo pratico applicativo

A  ciò segue la fase di Ricerca e Sviluppo che è l’insieme delle attività di ricerca e di quelle che utilizzano i risultati per trasformarli in realizzazioni concrete. Elemento distintivo è la presenza di un apprezzabile livello di novità. L’innovazione è la realizzazione concreta di un prodotto, di un processo, di un nuovo modo organizzativo che abbiano superato la fase di Ricerca e Sviluppo e derivino da un’attività di ricerca scientifica. La sommaria descrizione che precede consente di comprendere lo stretto legame fra scienza, ricerca, sviluppo e poi trasferimento dell’innovazione al settore produttivo. Un rapporto che qualifica i prodotti di queste attività e che è concepito per fornire le massime garanzie dei contenuti dell’innovazione in vista della sua utilizzazione concreta in agricoltura. Occorre ricordare che intercorre un lungo periodo di tempo fra l’invenzione iniziale e il momento dell’immissione dell’innovazione nel settore produttivo e che i prodotti, i processi produttivi e gli stessi schemi organizzativi frutto di questa attività non sono fatti estemporanei o semplicemente affidati al solo giudizio di una persona sola. Per non parlare degli iter di approvazione di determinate categorie di prodotti sino al caso degli OGM e dei ritrovati degli sviluppi successivi ai primi di essi e conseguenti ai grandi progressi della genetica attuale. 

L’innovazione in agricoltura, caratteristiche, limiti e potenzialità 

L’innovazione in agricoltura è stato il maggiore fattore di sviluppo e di cambiamento. Introdotta in maniera empirica nei millenni, sulla base delle conoscenze disponibili e dell’esperienza empirica acquisita con la sperimentazione condotta essenzialmente per tentativi e grazie alla capacità di osservazione e di sintesi dei nostri lontani predecessori. Si è proceduto essenzialmente sulla base di una selezione condotta sugli aspetti esteriori degli animali e delle piante, sulla commestibilità dei prodotti, sui tentativi di varianti introdotte nella questione più critica e cioè procurarsi modalità di conservazione nel tempo e di trasporto nello spazio sempre più efficienti per assicurare continuità al consumo. Accanto a ciò si è lavorato sulle tecniche e sulle cure da prestare a piante ed animali per favorirne la crescita e la disponibilità per i diversi impieghi che la fantasia umana di volta in volta individuava e che cercava di potenziare in senso utilitaristico. Abbiamo le testimonianze degli antichi reperti di piante ed animali che ci mostrano da quali basi di partenza si sia mosso il processo di introduzione di innovazione e di trasferimento delle tecnologie che sono chiarissimi e che sono passati nella memoria storica documentale dell’umanità. Con l’ampliamento delle conoscenze e con la graduale messa a punto del metodo scientifico, acquisizione relativamente recente nella storia dell’umanità, ma le cui prime tracce metodologiche sono remote, si è poi arrivati, in particolare a partire dall’Ottocento, ad una ricerca più ampia dell’innovazione accompagnata dalla validazione scientifica delle acquisizioni.

L’introduzione di innovazione in agricoltura e nell’alimentare è minore rispetto a quanto avviene negli altri settori produttivi per molte e comprensibili ragioni. Al primo posto si colloca la prudenza indispensabile ai fini della sicurezza trattandosi di prodotti destinati all’alimentazione umana. Ad essa segue il peso della tradizione nel condizionare i diversi consumi e gli stessi modelli alimentari strettamente connessa alla disponibilità locale di alimenti. Poi la difficoltà di disporre di veri e propri prodotti nuovi, la complessità delle valutazioni da compiere a seguito dei controlli esercitati dai pubblici poteri a tutela della salute umana, l’oggettiva resistenza del consumatore di fronte alle innovazioni di prodotto e di processo negli alimenti ai limiti di una diffidenza preconcetta e difficile da superare. Di ciò non mancano esempi. Tutti fattori che non incoraggiano la ricerca finalizzata all’innovazione. Infine si rileva un forte peso di un’innovazione di natura esogena che poi si trasferisce all’alimentare soprattutto come innovazione di processo, venendo adattata alle esigenze specifiche. Ricordiamo che la struttura produttiva dell’agricoltura e di una rilevante parte dell’industria alimentare non consentono la nascita di veri centri diffusi di ricerca e innovazione. Nello stesso alimentare, se si escludono i maggiori gruppi multinazionali (anche italiani), è fortemente carente questa funzione tanto importante. Se si considera che il nostro Paese destina alla ricerca circa l’1,1% del Pil contro percentuali almeno doppie nei Paesi concorrenti e che nell’agricoltura e nell’alimentare tale percentuale è inferiore e attorno allo 0,5% del fatturato, mentre negli altri Paesi europei la percentuale relativa è più del doppio, si comprende come la base stessa dell’offerta di innovazione sia limitata. 

L’innovazione e la crescita della produzione agricola 

Un tema centrale all’interno della questione delle potenzialità dell’agricoltura è quello della sua effettiva capacità di seguire la crescita della domanda di alimenti in un futuro in cui si combinano la crescita demografica e quella dei redditi. Poiché non è pensabile reperire nuovi terreni da porre a coltura la soluzione va ricercata nell’incremento di produttività della dotazione di fattori produttivi disponibile nell’ottica della sostenibilità. A questa esigenza si risponde con l’introduzione di innovazione che è in grado di aumentare la produttività. Su questa tesi si scontrano le due ben note posizioni pro e contro ed è difficile elaborare previsioni su questa materia. Indicazioni significative si possono tuttavia ricavare dall’andamento di lungo periodo delle produzioni. Nel graf. 1, per il periodo che va dai primi anni ’60 all’attualità, viene riportata la dinamica dell’offerta dei principali cereali, quello della disponibilità e quello del consumo. Il grafico mostra con evidenza che la produzione cresce relativamente più del consumo e della disponibilità di cereali. Nel graf. 2 viene presentata la dinamica del prezzo dei cereali (frumento tenero e duro, riso, mais) oltre che della soia. Pur con fluttuazioni anche elevate si può rilevare che il prezzo segue una tendenza di lungo periodo in lieve contrazione.

L’apparente paradosso di una produzione che aumenta in quantità con prezzi flettenti conferma che la produttività delle produzioni è salita nello stesso periodo. Nel graf. 3, infine, viene riportata la dinamica del prezzo del frumento e quella delle rese considerate come indicative degli incrementi di produttività. Si constata che il trend di crescita delle rese nel periodo considerato è costante mentre quello del prezzo risulta in lieve flessione, pur con le note fluttuazioni. Infine nel graf. 4 per un periodo molto più breve e recente viene presentato l’andamento dei prezzi dei cereali e della soia. I dati confermano la attuale fase di relativa stabilità dei prezzi che si risente anche sul mercato italiano. Nel caso dell’agricoltura italiana si possono indicare i dati di lungo periodo di quantità prodotta, lavoro agricolo e superfici agrarie utilizzate per gli anni successivi alla proclamazione del Regno d’Italia che indicano una elevata costanza di incremento di tutte le produzioni agricole pur in presenza della riduzione dei fattori terra e lavoro, a riprova che la produttività è aumentata grazie all’introduzione di innovazione nelle tecniche agricole impiegate.

 

Foto: Pixabay

Dario Casati