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Ismea, migliora la bilancia commerciale grazie a boom export 2019

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L’Italia si qualifica sempre più come un Paese trasformatore di prodotti di qualità, per i quali è fondamentale l’apporto di materie prime acquistate fuori i confini nazionali. È il profilo del Paese che fa Ismea alla luce dei dati sull’import-export agroalimentare del 2019. Un anno che ha visto l’Italia toccare una cifra record per le esportazioni del settore e che, grazie al modesto aumento dell’import, hanno permesso di ridurre il deficit commerciale. 

Lo scorso anno le esportazioni hanno fruttato 44,6 miliardi di euro, con un incremento di ben il 5,3%. Oltre il 9% dell’intero export italiano di beni e servizi arriva da questo comparto. Anche le importazioni sono aumentate, ma di poco, dell’1,4%, toccando quota 45,4 miliardi. La bilancia commerciale è migliorata di 1,6 miliardi di euro: se il deficit commerciale agricolo è aumentato di 700 milioni, infatti, l’industria ha incrementato il surplus di 2,3 miliardi. 

Proprio il diverso andamento dei due segmenti è dietro ai numeri generali dell’export e dell’import agroalimentare. L’aumento dell’export è merito esclusivo dell’industria alimentare, che comunque rappresenta l’85% dei beni spediti all’estero, con il settore agricolo in calo dell’1,6%. All’opposto, sul fronte import, l’agricoltura ha comprato di più dall’estero mentre la richiesta di prodotti trasformati non made in Italy è rimasta pressoché stabile.

Bene cereali e formaggi

Solo tre settori hanno visto un calo nelle esportazioni. Quello ittico, -4,3%, quello della frutta fresca e trasformata, -3,3%, e quello degli oli e dei grassi. Nel secondo caso hanno pesato le minori quantità di alcuni frutti come pere e agrumi e anche il calo dei prezzi all’export dei kiwi. Nel terzo, invece, nonostante le quantità siano rimaste a uno stesso livello rispetto al 2018, l’olio d’oliva ha visto scendere i prezzi conformandosi allo scenario internazionale.

I settori più dinamici sono stati quello dei cereali e del vino e dei mosti che insieme compongono il 30% del totale del made in Italy agroalimentare. Tra i primi sono aumentati soprattutto i prodotti di pasticceria, panetteria e biscotteria (+11,7%), e le paste alimentari (+7,2%). Anche latte e derivati sono incrementati: +10,5%, grazie soprattutto ai formaggi stagionati (+13,2% per 1,6 miliardi) e freschi (+6,7%, sfiorati i  900 milioni euro).

Aumenti a doppia cifra per Giappone e Usa

I membri dell’Ue restano i principali Paesi acquirenti assorbendo il 64% dell’export nostrano totale con 28,4 miliardi. Sul podio ci sono Germania, Francia e poi Stati Uniti. La Germania ha aumentato gli acquisti di un modesto 1,4% mentre per la Francia l’incremento è stato ben più consistente: +5%. Sono aumentati soprattutto cereali e derivati, come i prodotti della pasticceria e panetteria, ma anche latte e derivati, più della media generale (+8,4%). Sempre in Europa bene anche l’export verso i Paesi Bassi, +6%, anche qui grazie a latte e derivati, soprattutto formaggi stagionati (+12,6%) e florovivaismo.

Fuori dall’Ue i numeri sono ancora più alti: in totale +12,7%. In Giappone addirittura +66%, negli Emirati Arabi Uniti +24,5% e in Arabia Saudita ha sfiorato il 24%. Per questi ultimi due mercati di destinazione, ancora una volta, il merito è principalmente dei formaggi stagionati e delle paste alimentari.

Gli Stati Uniti si confermano grandi estimatori dei prodotti italiani, con un aumento degli acquisti dell’11,1%. Bene soprattutto il vino, i pelati e le passate di pomodoro, le paste alimentari, i prodotti della panetteria, pasticceria e biscotteria, i formaggi freschi e soprattutto gli stagionati, con le due eccellenze di Grana Padano e Parmigiano Reggiano a +22,5%, per 182 milioni di euro. Quest’ultimo dato assume un certo rilievo se si pensa che i formaggi rientrano tra i prodotti colpiti dai dazi imposti dall’amministrazione Usa lo scorso ottobre. Una misura che evidentemente – sottolinea Ismea – non ha impattato in maniera netta sul comparto nel 2019.

 

Foto: Pixabay

redazione