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Coronavirus, Ismea: Diverse criticità per settore cerealicolo, zootecnico e carni

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Difficoltà logistiche e criticità per l’approvvigionamento nel settore cerealicolo, soprattutto per la mangimistica. Meno sbocchi per la vendita di formaggi e latte freschi e per la carne bovina con la chiusura di bar e ristoranti. Sono alcuni degli effetti dovuti alla gestione dell’epidemia di CoVid-19 in Italia sul settore agroalimentare secondo le rilevazioni di Ismea. L’istituto ha pubblicato un rapporto sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nelle prime settimane dall’adozione delle misure restrittive anti-coronavirus. Nonostante la continuità produttiva, la filiera agroalimentare ha subito rilevanti ripercussioni: il rischio di contagio nelle aziende, dai caseifici ai macelli alle ditte di trasporto, le difficoltà a reperire pezzi di ricambio, l’approvvigionamento difficoltoso di materie prime l’hanno infatti ostacolata.

Comparto cerealicolo

Le criticità sono legate alla storica dipendenza dall’estero per la fornitura di materie prime, in particolare di mais. Le industrie di trasformazione si trovano così in una “condizione di estrema vulnerabilità”, dice Ismea. Le problematiche sono emerse per le misure di quarantena previste dai Paesi di origine degli autotrasportatori stranieri impegnati nelle spedizioni: le materie prime agricole viaggiano infatti prevalentemente su gomma. La zootecnia e la mangimistica sono in sofferenza perché non possono fare scorte troppo consistenti. I mangimifici scontano anche dei problemi per l’approvvigionamento di amminoacidi e vitamine per l’alimentazione animale, che arrivano quasi tutte dalla Cina.

Comparto lattiero-caseario 

Le tre regioni più colpite dal coronavirus sono anche quelle in cui più si concentra l’attività del settore: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Ismea ha rilevato un forte rallentamento dei prezzi dei formaggi grana con ripercussioni sui prezzi alla stalla. I caseifici hanno visto chiudere il canale Horeca con gravi danni per la produzione di freschi, latte e formaggio. Questo calo di vendita, e anche il freno alla lavorazione per assenza di manodopera, ha influenzato il ritiro del latte agli allevamenti con il crollo delle quotazioni. Un parziale controbilanciamento arriva dagli acquisti delle famiglie, in particolare latte a lunga conservazione e formaggi duri confezionati. Si teme infine per l’export dei prossimi mesi. 

Carne avicola

Pochi contraccolpi grazie a un mercato autosufficiente e una filiera integrata e alla domanda che sin dall’avvio dell’emergenza ha preferito la carne bianca. Gli scambi in allevamento sono diventati molto attivi e da quattro settimane la domanda è superiore alla norma. C’è quindi un eccesso di domanda, con la Gdo che sta facendo fronte per soddisfare la clientela, e una scarsità dell’offerta che ha costretto all’anticipo dei carichi in maturazione nelle settimane successive.

Carne bovina

Le criticità riguardano o probabilmente riguarderanno tutta la filiera. Se nelle prime quattro settimane di emergenza, il ristallo è proseguito regolarmente (in una fase di minore disponibilità di bovini secondo il ciclo stagionale), stanno sorgendo delle incognite per il futuro con la sospensione/riduzione del lavoro di alcune società di export e degli autotrasportatori. Gli operatori prevedono che i volumi saranno scarsi per la domanda italiana. L’attività di macellazione si è ridotta per via dei comportamenti di acquisto con il calo degli acquisti nelle seconde due settimane di emergenza. Anche la distribuzione e la vendita stanno subendo gli effetti del lockdown con la difficoltà a piazzare i “tagli scompensati” non ritirati dai supermercati e destinati in genere alla ristorazione e alle mense. Infine, a fronte di un calo dei prezzi della carne bovina sui mercati europei, probabilmente ci sarà più carne estera per i consumatori italiani nelle prossime settimane.

Carne suina

Anche per questo segmento la chiusura dell’Horeca e la frenata dell’attività dei macelli stanno avendo ripercussione. La domanda di suini da macello è in calo a fronte di un’offerta sostenuta negli allevamenti, con il conseguente calo dei prezzi all’origine. I prezzi dei tagli destinati al fresco e alla vendita nella Gdo restano invece abbastanza alti a differenza di quelli dei tagli per i prodotti stagionati proprio per effetto della chiusura della ristorazione. Lo stesso comparto Dop è destinato a un calo notevole (stime del 15%) per i rallentamenti dovuti all’adozione delle misure di sicurezza negli stabilimenti. L’industria ha visto aumentare la richiesta dei prodotti in vaschetta dai supermercati, una richiesta a cui fa però fronte con capacità limitate.

Carne ovina

Per il comparto la crisi è arrivata alle soglie del periodo di maggior consumo, quello pasquale. In Sardegna, dove il settore è fiorente, gli operatori non segnalano grosse variazioni. Le criticità riguardano l’import di agnelli vivi, soprattutto da Romania e Bulgaria. Non si segnalano grandi contraccolpi nei caseifici che producono prodotti a lunga stagionatura. Per lo stop all’Horeca, invece, hanno sofferto soprattutto le unità produttive del Nord e del Centro, in particolare con una riduzione dei freschi come la ricotta.

 

Foto: © branex_Fotolia

red.