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Carni bovine, nel primo semestre diminuisce l’offerta ma aumenta la spesa

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Giù l’offerta della carne bovina, in Italia così come nell’Unione europea, con un conseguente aumento dei capi importati, e domanda domestica in lieve aumento. Sono alcune dei dati relativi alle dinamiche nel compato carne nel primo semestre del 2019 contenuti nell’ultimo report di Ismea.

Domanda e offerta

Rispetto al primo semestre del 2018 il numero di capi macellati è diminuito dell’1,6% e la carne prodotta del 3% (dati Istat). La stessa offerta di capi macellati è cambiata: più manze e vitelli (rispettivamente +1,4% e +1,7%) e meno vacche e vitelloni (-5,1% e -2,3%). Gli acquisti sono in timida ripresa: +0,6% in volume. Con l’aumento di prezzi medi c’è stato complessivamente un aumento della spesa dell’1,3%. In particolare è stata premiata la carne di vitello (+1,4%) grazie alla maggiore disponibilità nei punti vendita. In calo, invece, la vendita di carne di bovino adulto che ha prezzi medi tendenti al rialzo per via della presenza in assortimento di referenze a più alto valore. Buon andamento per la scottona: +20% in valore e volume, con prezzi in crescita sempre più vicini a quelli del vitello.

Produzione europea

L’Eurostat conferma la contrazione del numero di vacche nutrici in tutti i Paesi Ue tranne la Polonia pertanto nei prossimi mesi è probabile un minor numero di vitelloni maturi. Come in Italia anche in Europa la produzione è in flessione: -0,8% in volume. Gli andamenti sono diversi: se la produzione in Polonia e Francia ha il segno meno (-4,7% e -2,8% rispettivamente) le macellazioni in Irlanda e Spagna sono in controtendenza. Determinante la chiusura del mercato turco per i capi vivi. Nel Paese iberico l’intasamento del mercato interno ha ripercussioni negative sui prezzi mentre in Francia l’offerta limitata sostiene i prezzi alla produzione. Questi restano sotto pressione in Polonia anche per via delle conseguenze dello scandalo sanitario di gennaio con la riduzione degli ordini da molti Paesi Ue. In Irlanda lo spettro della Brexit ha spinto i produttori a ridurre il numero di capi maturi per il Regno Unito a favore di capi più giovani per l’Europa del Sud. Il surplus e il freno alle vendite per Londra ha fatto diminuire i prezzi. Il comparto tedesco, infine, è stato caratterizzato da un rallentamento della domanda per via del rischio recessione per l’economia generale.

Importazioni

In Italia da gennaio a giugno sono aumentate del 2,8% le importazioni di capi da ristallo. A favore ha giocato il livello dei prezzi contenuti. Le condizioni del clima hanno avuto impatto sul mercato dei Broutards francesi. La liquidità degli allevatori è stata assorbita dagli acquisti di foraggi e alimenti concentrati per integrare l’erba per gli allevamenti; molti hanno dovuto vendere comunque i torelli, nonostante i prezzi fossero i più bassi degli ultimi tre anni. Anche l’import di bovini da macello è aumentato dell’8,6% mentre quello dei capi da riproduzione è sceso del 3,6%. Invariata la quantità di carne bovina fresca e congelata (congelate -2,9%, fresche +0,9%). Grazie ai prezzi in diminuzione, le carni polacche sono subentrate a quelle francesi (in calo del 10% per via dei prezzi in rialzo). Crescono anche gli arrivi da Olanda, Spagna e Irlanda, giù quelli di Belgio e Austria.

Prezzi

Grazie alla domanda c’è stato un buon andamento dei corsi per i vitelloni che hanno registrato prezzi superiori allo scorso anno a partire da febbraio. Stesso andamento per i vitelli da macello nonostante l’aumento dell’offerta interna e nel mercato europeo e il prezzo molto basso degli scambi internazionali. Anche se il numero delle vacche da latte macellate è stato contenuto in tutta Europa, i suoi prezzi hanno subito pressione. In Italia ne sono state avviate al macello quasi 13mila in meno. Per queste i corsi non sono però riusciti a recuperare i livelli dello scorso anno.

Redditività allevamenti

Scende di 2 punti percentuali l’indice dei costi di allevamento per i vitelloni rilevato a luglio mentre per quello gennaio/luglio il calo è di un punto. Dall’analisi dei costi effettivamente sostenuti dalle aziende Venete che ingrassano vitelloni di razza Charolaise sembra che la redditività effettiva sia ancora negativa: i dati dei capi in uscita nel primo trimestre fanno riferimento a ristalli avvenuti a inizio inverno quando prezzi di mangimi e animali erano più elevati. Dopo il secondo trimestre la redditività potrebbe recuperare qualcosa grazie, verosimilmente, ai prezzi di vendita, al calo dei costi dei mangimi e al contenimento di quelli per i ristalli solo parzialmente compensati dall’aumento dei prodotti energetici (al valore indice 115 di luglio scorso, il più alto dell’ultimo biennio).

 

Foto: Pixabay

redazione