Con gli allevamenti decimati dalla Peste suina africana, la domanda di carne fresca dalla Cina ha portato a una forte crescita delle esportazioni europee. Ma le dinamiche degli scambi internazionali nel settore non coinvolgono l’Italia. La Penisola è in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei per numero di capi macellati, ha visto un calo dell’import e dell’export e ha subito le conseguenze dell’aumento delle quotazioni internazionali sia dei suinetti che della carne fresca. Sono alcune delle osservazioni dell’ultima relazione di Tendenze di Ismea per il settore suinicolo.
Export, previsioni rosee anche per il 2020
Il colpo inferto dalla Peste suina in Cina è stato molto forte. Secondo lo Short-term Outlook for EU agricultural markets la perdita del patrimonio suinicolo locale potrebbe anche dimezzarsi creando così un vuoto di offerta pari al doppio del volume mondiale attuale di scambi. Oltre alla Cina anche altri Paesi asiatici sono stati colpiti, ad esempio Filippine e Corea del Sud. I prezzi dei suini vivi sono aumentati perché ad agosto erano ancora disponibili le carni delle macellazioni precedenti. Il pregiudizio alla produzione domestica, con una domanda elevata del prodotto, nel breve periodo non potrà essere colmata dalle importazioni. Le spedizioni verso Perchino sono comunque aumentate: nei primi sette mesi del 2019 carni e frattaglie dall’Ue sono cresciute del 45% su base tendenziale. Anche gli invii a Vietnam e Giappone sono aumentati mentre sono scese le esportazioni verso Usa e Corea del Sud. In generale l’export dell’Unione europea di carne suina è incrementato del 19%, con un 20% stimato per la fine dell’anno e un tasso simile previsto per il 2020 anche a seguito di un aumento dell’offerta.
Produzione Ue
La spinta dell’export non ha sortito effetti rilevanti sulla produzione nell’Ue. Solo la Spagna ne ha beneficiato a differenza di Germania, Olanda e Polonia. É prevista stabilità fino a fine anno e crescita di circa l’1,5% nonostante gli alti prezzi e altri vincoli ambientali e sociali. Da marzo scorso i prezzi sono aumentati in questo caso proprio per la spinta dell’export e della domanda dei Paesi colpiti dalla Peste suina e anche per la riduzione dei capi da allevamento di fine 2018 in molti allevamenti europei. I suini classe S ed E hanno raggiunto un valore medio di 1,83 euro/Kg; i prezzi dei suinetti sono cresciuti del 43,5%. Con i prezzi elevati dovrebbe scendere il consumo apparente pro-capite. Nel primo semestre 2019 il numero di capi macellati ha registrato un calo dell’1,8% soprattutto in Danimarca, Belgio, Polonia e anche Germania, primo produttore di carne suina in Ue.
Su i prezzi in Italia
Se la situazione cinese non ha pesato sul mercato nazionale lo ha fatto invece il livello dei prezzi dal momento che l’Italia è importatrice netta di carne suinicola. Ismea ha rilevato un aumento dei prezzi per i suini da allevamento del 23,1% nei primi mesi del 2019. Quest’anno è stata registrata inoltre la ripresa dei prezzi per diverse categorie di animali: i suini pesanti, la principale specializzazione produttiva destinata agli alimenti Dop ha segnato il valore di 1,6 euro/kg, mentre quelli leggeri, per le carni fresche, hanno raggiunto 1,41 euro/kg. Per i suinetti c’è stato un aumento delle quotazioni fino a giugno, prima di un calo del 5,4% a settembre. Una tendenza simile è stata rilevata per i prezzi all’ingrosso dei tagli di carne suina industriale. A settembre le cosce pesanti confermano una crescita, così come i prosciutti freschi destinati alle Dop. Nel primo semestre del 2019 l’indice Ismea dei prezzi mezzi correnti di produzione (base 2010) per i suini da macello presenta una dinamica crescente rispetto alla fine del 2018. La voce animali di allevamento a luglio 2019 è in calo del 2,7% rispetto a luglio 2018, ma in crescita rispetto ad inizio anno.
Macellazioni in controtendenza
A differenza di molti Paesi europei, in Italia le macellazioni sono aumentate del 3,3% a luglio rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Un altro segnale positivo arriva dalla bilancia commerciale il cui disavanzo si è ridotto di 101 milioni di euro con una flessione sia dell’import che delle esportazioni (rispetto al 2017 perdono il 2,7% in valore, stabili invece i volumi). Nel primo semestre 2019 l’export di “preparazioni e conserve suine” scende dello 0,1% in valore e dello 0,6% in volume. Calano anche le spedizioni di “prosciutti disossati, speck e culatelli” (la flessione riguarda tutti i principali Paesi Ue mentre reggono le esportazioni extra-Ue); cresce in valore l’export di “mortadella, wurstel, cotechini e zamponi” e “pancette stagionate”. Per “salsicce e salumi stagionati” crescono l’export in Francia, i volumi verso tutte le principali destinazioni Ue e i volumi e il valore verso il mercato extra-Ue.
Meno carne in tavola
Nel primo semestre 2019 sono diminuiti i consumi interni di carne fresca suina (-0,9% in valore e -2,6% in volume sul 2018). Sale invece la spesa di salumi (+1,2%, con variazioni poco consistenti dei volumi, soprattutto il salame tra gennaio/settembre) a differenza degli acquisti in valore degli altri principali prodotti di trasformazione: speck (-3,1%), wurstel (-2,8%), mortadella (-2,7%) e prosciutto crudo (-1,7).
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