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Guerra dei dazi Usa Cina, protestano gli agricoltori statunitensi

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Gli agricoltori e produttori degli Stati Uniti contro il presidente Trump. Il nuovo capitolo della guerra commerciale tra Usa e Cina, con l’introduzione di ulteriori tariffe a partire da settembre, ha causato la reazione di alcune associazioni di categoria, come riferisce FeedNavigator. Preoccupano in particolare gli effetti sul lungo periodo per il calo delle esportazioni di soia verso la Cina e l’aumento dei dazi sui mangimi che provengono dal Paese asiatico.  

Ad agosto il presidente degli Stati Uniti Trump ha annunciato l’imposizione di tariffe pari al 10% su prodotti dal valore pari a 300 miliardi di dollari e importati dalla Cina. Tra questi materie prime alimentari, ingredienti e sottoprodotti per mangimi, semi di lino e di cotone, mangimi con latte e derivati e con uova, tra gli altri. Le nuove tariffe sono entrate in vigore il primo settembre mentre sono state rinviate al 15 dicembre le novità relative ad alcune categorie di prodotti come Pc e smartphone.

La mossa di Trump ha scatenato la reazione di Pechino. La Cina ha infatti annunciato l’incremento di tariffe dal 5% al 10% su un volume di 75 miliardi di dollari di valore di prodotti dagli Stati Uniti, inclusi soia e prodotti suinicoli. 

Sul punto sono intervenute alcune organizzazioni come la National Farmers Union e l’American Soybean Association. Jenny Hopkinson, rappresentante dell’unione degli agricoltori, ha manifestato forte preoccupazione per il fatto che le aziende cinesi con legami con l’amministrazione statale non compreranno più prodotti statunitensi: “Non è chiaro quando questa guerra commerciale si calmerà o in qualche modo finirà”, sono le sue parole riportate da FeedNavigator.

Un settore in cui si stanno notando gli effetti di questa guerra commerciale è quello suinicolo con lo scoppio della febbre suina africana e la Cina che si rivolgendo ad altri mercati acquistando sempre meno da quello statunitense, fa notare la specialista. E le tensioni tra Usa e Cina sui dazi non farà altro che irrobustire i competitor degli Usa che, incrementando la produzione per soddisfare le richieste cinesi, potranno aumentare l’export anche per altri Paesi. E il problema si pone anche per Washington che deve trovare un sostituto al mercato di sbocco rappresentato dalla Cina. 

Per Davie Stephens, presidente dell’American Soybean Association, il vero pericolo per i produttori di soia non è l’aumento delle tariffe sulla merce venduta ma gli effetti nel lungo: i produttori “hanno prodotti invenduti dalla passata stagione e nuove colture in campo con prospettive ridotte per le vendite in Cina”.

Nel 2018 meno di un quarto della soia statunitense è stato acquistato dalla Cina. “L’annuncio cinese che non comprerà più prodotti agricoli dagli Stati Uniti è un duro colpo a migliaia di agricoltori e allevatori”, è la denuncia di Zippy Duvall, presidente di American Farm Bureau Federation. “Gli economisti di Farm Bureau dicono che le esportazioni verso la Cina sono diminuite di 1,3 miliardi di euro nella prima metà dell’anno. Ora siamo pronti a perdere un mercato da 9,1 miliardi nel 2018”.

 

Foto: Pixabay

red.