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Porti italiani, un’infrastruttura da riformare

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La rete portuale da sempre riveste un ruolo di primaria importanza all’interno dell’economia italiana, un’economia con una forte vocazione all’export. L’Italia, come ha rilevato l’Istat, nel 2017 ha visto incrementare il valore in euro delle merci esportate del 7,4% mentre la sua quota sulle esportazioni mondiali è leggermente calata da 2,95% a 2,92%. E le previsioni sono altrettanto ottimistiche. Secondo le stime di Sace l’export italiano continuerà a salire del 5,8% nel 2018 e in media del 4,5% per il triennio successivo. Ma i numeri potrebbero essere ancora più elevati se il sistema infrastrutturale nazionale fosse realmente efficiente. Il ritardo rispetto ad altri Paesi si traduce infatti in una perdita di competitività. Un esempio? Riferisce sempre Sace che la condizione di arretramento logistico rispetto alla Germania costa all’Italia un export perduto tra i 65 e i 70 miliardi di euro.

 

Via mare verso i Paesi extra-Ue

Il Paese occupa una posizione di rilievo nell’area del Mediterraneo centrale e in Europa. La sua rete logistica, di cui i porti rappresentano una parte nevralgica, è inserita nei quattro Corridoi TEN-T (Rete Transeuropea di Trasporto) che collegano l’Italia al resto del continente: quello Baltico-Adriatico, quello Mediterraneo, quello Scandinavo-Mediterraneo, quello Reno-Alpino. Il trasporto marittimo rappresenta la seconda modalità di trasporto per le merci italiane, dopo quello su strada, in particolare verso i Paesi extra-Ue.

Stando ai dati Istat l’interscambio commerciale marittimo dell’Italia nel 2017 è stato di 240 miliardi di euro: ha viaggiato per mare il 27% dell’export, quasi interamente destinato ai Paesi extra-europei (93%), e il 31% dell’import. Se Germania e Francia sono nel 2017 i principali partner commerciali per i prodotti italiani, come mercato di destinazione, al terzo posto si trovano infatti gli Stati Uniti, con una quota del 9%, il primo Paese per interscambio commerciale marittimo. E proprio gli Usa si confermano i mercati di sbocco più dinamici assieme a Cina e Russia.

La rete portuale italiana, estesa sui circa 8mila km di costa, è stata oggetto nel 2016 della Riforma della Portualità e della Logistica. I 58 porti di rilevanza nazionale sono stati riorganizzati in 15 Autorità di Sistema portuale (alle quali si è aggiunta di recente l’Autorità Portuale dello Stretto), ovvero i nodi della rete logistica, integrata con le diverse modalità di trasporto (oltre a quello marittimo, quello terrestre e aereo), lungo i quattro corridoi TEN-T. Su questi aspetti è necessario investire: alle infrastrutture per il trasporto via mare – ricorda Sace – è andato solo il 2% degli investimenti complessivi in logistica tra il 2013 e il 2017. La rete portuale, pur facendo forza sulla posizione strategica dell’Italia e su alcune caratteristiche come la capacità dei porti di ospitare grandi navi, sconta una grave arretratezza infrastrutturale e del sistema di interconnessione.

Per crescere in futuro l’economia italiana non può dunque fare a meno di un sistema di infrastrutture moderno e davvero efficiente che sostenga il traffico merci e l’export, anche dell’agroalimentare italiano, una delle principali voci della bilancia commerciale con un valore generato di 42 miliardi di euro. Sull’urgenza degli investimenti infrastrutturali ha preso posizione Confindustria assieme ad altre dieci organizzazioni di categoria, da Ance a Confcommercio a Confagricoltura. Lo scorso 3 dicembre è stato siglato il cosiddetto “Manifesto di Torino” per sostenere la Tav Torino-Lione e le altre Grandi Opere e per chiedere un “vero rilancio degli investimenti infrastrutturali, nelle reti di trasporto e di servizi”.

 

Mangimistica e trasporti

Al riguardo non si può non sottolineare quanto sia determinante per il settore agroalimentare poter disporre di una rete infrastrutturale di trasporto che consenta una movimentazione delle merci, sia come materie prime che come prodotti finiti, più efficiente ed economica. Con specifico riguardo alla produzione industriale di mangimi – che supera ogni anno i 14 milioni di tonnellate e che, tra materie prime e mangimi finiti, movimenta ogni anno poco meno di 30 milioni di tonnellate di merci – appare del tutto evidente come il loro trasporto rappresenti un problema di portata notevole per questo sistema produttivo.

Quando si considerano volumi così grandi, e soprattutto con riferimento all’approvvigionamento di materie prime, il trasporto marittimo rappresenta la modalità perfetta e preferibile tenuto conto sia della provenienza di esse sia della capacità che tale modalità ha di assicurare la movimentazione di grandi volumi; una soluzione ideale in grado di decongestionare il trasporto ferroviario e su strada, con enormi benefici da un punto di vista non solo logistico ma anche economico e ambientale, che consente di elevare il livello di sostenibilità e la competitività di un settore determinante nella filiera agroalimentare dei prodotti di origine animale.

Le sfide che attendono il trasporto marittimo italiano sono un appuntamento che il Paese non può mancare, soprattutto tenendo conto delle necessità del sistema produttivo italiano e dell’importanza che la movimentazione delle merci ha in termini sia di import, per approvvigionamento soprattutto dall’estero di materie prime per le nostre attività produttive, sia per agevolare la nostra vocazione all’export e quindi favorire l’accesso ai mercati internazionali alle nostre produzioni.

Una grande opportunità arriva dal progetto cinese Belt and Road Initiative, la nuova imponente autostrada commerciale del mare tra Asia ed Europa: i porti della Penisola potrebbero diventare uno snodo fondamentale di questa rete infrastrutturale. Pertanto l’iniziativa cinese si pone come una prima opportunità da cogliere per rendere più efficiente e integrato il sistema portuale italiano e per rinsaldare i legami commerciali dell’Italia con le principali potenze dell’economia mondiale.

Foto: Argentino Becci from Pixabay

Giulio Usai