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UE, mercato lattiero-caseario in ripresa

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Nel primo trimestre del 2019 la ripresa della domanda mondiale di commodity ha influenzato positivamente il mercato lattiero-caseario europeo. Lo evidenzia il rapporto “Lattiero caseari: tendenze e dinamiche recenti” pubblicato dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), secondo cui la maggiore richiesta da parte della Cina di polveri (scremate +13% e grasse +11% rispetto ai primi tre mesi del 2018), burro (+24%) e siero in polvere (+5%) ha determinato l’aumento dei prezzi dei prodotti lattiero-derivati europei. In particolare, i listini del latte scremato in polvere sono cresciuti di oltre il 48% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In rialzo anche i prezzi dei formaggi (edamer +14% nel periodo gennaio-marzo), mentre le quotazioni del burro sono in fase di assestamento (-4% sul mercato tedesco nel primo trimestre 2019) dopo gli elevati valori raggiunti durante la scorsa estate. Cresce anche il prezzo del latte alla stalla, che nell’Ue si è attestato su 34,8 euro/100 kg, riportando una crescita dell’1% rispetto al primo trimestre 2018.

Mercato nazionale – Nel primo trimestre del 2019 anche il mercato italiano ha mostrato evidenti segnali di ripresa: il prezzo del latte alla stalla si è attestato su una media di 40,6 euro/100 litri (iva esclusa, senza premi), registrando una variazione di quasi 10 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Inoltre, dopo un anno caratterizzato da un trend complessivamente negativo (-6,4% rispetto al 2017), il Grana Padano ha riportato un significativo rialzo dei listini, pari al 26% rispetto al primo trimestre 2018. Le quotazioni del Parmigiano Reggiano – che aveva mostrato segnali positivi già in chiusura del 2018 -sono aumentate di oltre il 12%. I prezzi di Gorgonzola e Provolone Valpadana sono aumentati entrambi del 3%. In controtendenza i listini del burro, che dopo i livelli eccezionali del 2017 si sono progressivamente ridimensionati (-19,6% nel 2018), presentando un’ulteriore contrazione nel primo trimestre del 2019, pari al 15,3%.

Export – Con 2,8 miliardi di euro di vendite sui mercati esteri, nel 2018 le esportazioni dei formaggi e dei latticini italiani hanno registrato un nuovo record, riportando una crescita del 3,7% in valore e dello 0,7% in quantità. Le vendite all’estero dei prodotti freschi, mozzarella in primis, sono aumentate del 5,4% in valore e dello 0,5% in quantità, quelle del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano del 5,3% in valore e del 5,6% in quantità, quelle dei formaggi grattugiati del 7,2% in valore e del 5,3% in quantità e quelle del Gorgonzola del 4,3% in valore e del 2,4% in quantità. Le esportazioni in Francia, Germania e Regno Unito sono cresciute rispettivamente del 2,2%, dello 0,6% e del 3%, mentre sono diminuite le vendite negli Stati Uniti (-5% in valore rispetto all’anno precedente). Pur restando il terzo paese di destinazione per i formaggi made in Italy, l’export verso gli Usa scende per la prima volta sotto il 10% in termini di quota di mercato in valore. Sono invece aumentate le vendite in Giappone (+5,2% in valore), Canada (+27%), Svezia (+10%), Polonia (+10%) e, tra i mercati che emergono nonostante le quote ancora esigue, Cina e Emirati Arabi Uniti (entrambi+12%), Hong Kong (+8%) e Arabia Saudita (+9%).

Import – I quantitativi di formaggi acquistati dall’estero sono aumentati del 2,1%, ma si è registrata una contrazione degli esborsi pari all’1% rispetto al 2017, a causa del generalizzato ridimensionamento dei prezzi a livello comunitario. Sono cresciuti gli acquisti dall’estero di formaggi grattugiati e similgrana (rispettivamente +26,6% e +24,9% in volume), di yogurt (+2,5% in volume) e burro (+6,0%), mentre sono diminuite le importazioni del latte confezionato (-7,6%).

Consumi domestici – Nel 2018 la spesa delle famiglie italiane per l’acquisto di latte e derivati è diminuita dell’1,3% in termini di spesa, confermando il lattiero-caseario come uno dei settori più critici dell’agroalimentare. Diminuiscono i consumi di latte alimentare (-1,6% in volume e -2,1% in valore rispetto al 2017) e dei formaggi (-1,9% in volume e -1,2% in valore rispetto al 2017). Nel primo caso la contrazione degli acquisti di latte potrebbe essere imputabile, almeno in parte, ad alcuni cambiamenti socio-demografici, come la riduzione del numero di bambini per nucleo familiare e/o il minor tempo da dedicare alla colazione. Nel secondo caso, precisa l’Ismea, il calo potrebbe essere dovuto al fatto che i formaggi sono troppo spesso oggetto di attacchi mediatici e di informazioni inadeguate, come succede ad altri prodotti di origine animale.

Foto: © minadezhda- Fotolia

redazione