Dopo 5 anni di flessioni, nel 2017 i consumi di carne fresca di vitello sono cresciuti del 2,3% in termini di spesa e dell’1,5% in termini di volumi. Lo evidenzia il rapporto: “Carni di vitello 2017 – Tendenze e dinamiche recenti dei consumi del comparto” pubblicato da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), secondo cui tuttavia la ripresa degli acquisti non sarebbe sufficiente per colmare il gap accumulato nel lungo periodo: dal 2013 al 2016 è stato registrato un calo del 18%, pari a 228 milioni di euro in valore e a 22 mila tonnellate. La crescita basterebbe, comunque, a segnare un’inversione di rotta.
Il rapporto sottolinea che nel 2017 è aumentato del 2% il numero delle “famiglie acquirenti”, ossia dei nuclei familiari che hanno acquistato la carne di vitello almeno una volta. Rispetto al 2016, il prezzo medio di questo prodotto è cresciuto solo leggermente (+0,8%). Inoltre, gli atti di acquisto nel corso dell’anno sono rimasti sostanzialmente stabili (-0,1%), mentre è aumentato il volume acquistato in ciascun atto (+1,8%) e conseguentemente la relativa spesa (+1,2%).
L’Istituto evidenzia che la maggior quota dei consumi si concentra nelle aree meridionali, dove viene acquistato il 51% dei volumi totali di carne di vitello fresca. Se nell’area del Nordest si rileva una lieve diminuzione degli acquisti (-0,5%), nelle aree del Centro e del Sud si registra invece un rinvigorito interesse per questa tipologia di carne: in termini di volumi, gli acquisti sono cresciuti rispettivamente del 4,5% e dell’1,4%.
Anche nel 2017 sono diminuiti i consumi nella fascia di consumatori di giovane età (pre-family), fra i quali si registra una contrazione degli acquisti pari al 15%. Le coppie di anziani e le famiglie con bambini si confermano invece il “nocciolo duro” degli acquisti di categoria.
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