I recenti risultati Istat dell’indagine campionaria sulle consistenze di bovini, bufalini e suini riferiti al mese di giugno 2017, e la contemporanea disponibilità di dati mensili sulle macellazioni, nonché sul commercio estero di carni e animali vivi, unitamente agli indici medi mensili Istat ed Ismea dei prezzi dei prodotti zootecnici, consentono di estrarre alcuni indicatori statistici relativi alla disponibilità di carni in Italia nei primi tre trimestri 2017.
I patrimoni bovini e suini
Secondo le stime Istat, gli allevamenti bovini al 1 giugno 2017 con 5,8 milioni di capi registrano un lieve decremento di circa 18 mila capi (-0,3%) rispetto alla stima per la analoga rilevazione campionaria di giugno 2016. Tale decremento complessivo è ascrivibile alle flessioni registrate per i bovini da 1 a meno di 2 anni (-11 mila capi, pari a -0,8%) ed a quelli di 2 anni ed oltre (-48 mila capi, pari a -1,8%), in parte controbilanciate dall’aumento di 41 mila capi (+2,5%) per i bovini di meno di 1 anno. Da evidenziare il calo di 32 mila vacche da latte (-1,9%) e altre vacche (-6,3%). Al contrario, secondo Istat risulterebbe in crescita il patrimonio bufalino (+15 mila capi, pari al +3,8%), esclusivamente ascrivibile all’aumento stimato per le bufale (+18 mila capi, pari al +7,5%). In aumento, invece, il patrimonio nazionale dei suini, attestatisi a poco meno di 8,8 milioni di capi (+68 mila capi, pari a +0,8%) i suini. L’incremento è attribuibile prevalentemente all’aumento registrato per i suini da ingrasso (+117 mila capi), seguito da quello per i suini di peso da 20 a 50 kg (+17 mila capi, pari a +1,1%), controbilanciati dalla diminuzione di 73 mila capi lattonzoli (suini di peso inferiore a 20 kg). Pressoché stabile il numero dei suini da riproduzione, pari a 604 mila capi (+ 7 mila capi, pari al +1,2%). A completamento, al mese di dicembre 2016 ii patrimoni ovi-caprino ed equino sono stati stimati pari rispettivamente a 8,3 milioni e 463 mila capi allevati.
La produzione nazionale di carni
I dati Istat sulle macellazioni a carni rosse indicano che nei primi nove mesi 2017 le macellazioni hanno prodotto complessivamente 1.676 mila tonnellate di carni-peso morto (-5,0% rispetto al 2016). Nel dettaglio, sono stati avviati al macello complessivamente poco più di 1,9 milioni di bovini (-5,3%), con una corrispondente produzione di carni di 548 mila tonnellate di carni (-5,3%). Al loro interno tutte le categorie considerate hanno registrato flessioni più o meno significative, ad eccezione dei vitelli di meno di 8 mesi con 438 mila capi (+4,7%) e circa 64,5 mila tonnellate di carne prodotta (+3,3%). Dinamiche regressive anche per le macellazioni di bufalini, pari a poco più di 73 mila capi (-1,2%) per 13,0 mila tonnellate di carne ottenuta (-7,7%) e di suini con 8,5 milioni di capi avviati al macello (-3,8%) per circa 1.085 mila tonnellate di carni in peso morto (-4,7%). Al contrario, le macellazioni complessive di ovi-caprini, con 2,0 milioni di capi per 23,4 mila tonnellate, mostrano dinamiche opposte tra numero di capi avviati al macello (- 4,3%) e corrispondenti quantità di carni ottenute (+2,3%), quasi esclusivamente ascrivibili agli ovini. Infine, è da segnalare il crollo delle macellazioni di equini, pari a -34,1% (capi) e -33,3% (quantità di carne). In calo anche le macellazioni a carni bianche con una produzione complessiva di carne pari a 1.020 mila tonnellate (-2,3%). Nel dettaglio, sono stati avviati alla macellazione in totale circa 440 milioni di avicoli (polli e galline, tacchini, faraone, anatre ed oche) con una quantità complessiva di carne pari a 997 mila tonnellate, registrando, così, decrementi rispettivamente dello 0,9% e del 2,2%. In particolare, i polii e galline, che rappresentano la quasi totalità degli avicoli, avviati al macello sono stati 414 milioni di capi (-0,7%) per poco più di 766 mila tonnellate di carne (-1,4%). Dinamica nettamente regressiva per le carni di coniglio e selvaggina con 23,3 mila tonnellate prodotte (-8,2%).
Interscambio di bestiame vivo e carni
A tutto settembre 2017, secondo i dati Istat, l’Italia ha ridotto gli acquisti dall’estero di animali vivi per quasi tutte le specie considerate (bovini, bufalini, suini, ovi-caprini, equini ed avicoli). Nel dettaglio, sono stati importati 843.168 capi bovini (+1,1% rispetto al pari periodo 2016), 652 bufalini (-74,8%), 1.194.076 suini (1.194.076 ( -3,3%), 822.564 ovini e caprini (- 3,2%), 24.798 equini (-5,3%) e 9,5 milioni di avicoli in complesso (-9,9%). Trend altrettanto negativo dal lato delle vendite all’estero per tutte le specie, ad eccezione per ovini e caprini con 4.476 capi (+269,6%) ed avicoli con 15,3 milioni di capi (+6,3%). Per quanto riguarda le carni, le importazioni sono risultate complessivamente pari a 1.110,7 mila tonnellate (-0,7%), controbilanciate da vendite all’estero per 358,3 mila tonnellate (-1,2%). Nel dettaglio, le carni bovine (fresche, congelate e refrigerate, comprese le frattaglie) sono state acquistate per 285,8 mila tonnellate (-2,4%) ed esportate per 108,7 mila tonnellate (+0,6%), quelle suine con 736,7 mila tonnellate acquistate e 113,6 mila vendute si attribuiscono rispettivamente flessioni dello 0,7% e 3,8%). Al contrario, le carni ovi-caprine aumentano sia nelle importazioni che nelle esportazioni (rispettivamente +1,1% e +110,7%. Dinamiche opposte, invece, per le carni delle altre specie. Per le carni equine, le importazioni diminuiscono dell’8,5% mentre le vendite aumentano del 17,6%, mentre per quelle di pollame, al contrario, risultano in aumento le importazioni (+11,7%9 e in calo le esportazioni (-2,4%).
I prezzi agricoli degli allevamenti
Secondo Ismea, tutti gli indici medi dei prezzi alla produzione dei prodotti zootecnici, calcolati a tutto settembre 2017 e relativi alle principali specie di interesse nazionale, avrebbero registrato incrementi più o meno significativi, ad eccezione degli ovini e caprini (indice = 87,16, pari a -1,33 punti percentuali). In particolare, gli incrementi maggiori sono attribuibili ai suini (indice =138,18, pari a +24,82 punti), conigli (+9,02 punti) e avicoli (+8,66 punti percentuali), seguiti in misura molto più contenuta dai bovini da macello (indice=111,93, pari a +1,50 punti). Tali indici medi trovano una sostanziale conferma in quelli Istat relativi ai prezzi dei prodotti venduti dagli agricoltori., secondo i quali quello per i suini risulta pari a 136,62 punti percentuali (+21,72 punti rispetto al 2016). Analogamente per le altre specie di animali gli incrementi oscillano tra + 7,70 punti per il pollame e +1,31 per i bovini, mentre risulterebbe confermato il decremento per gli ovi-caprini (-0,51 punti).
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Bruno Massoli