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Mangimi, cresce la dipendenza dall’estero per le materie prime vegetali

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Nel 2013 è cresciuto ancora il livello di dipendenza dall’estero di materie prime vegetali per la produzione di mangimi animali. Considerate le quattro principali materie prime impiegate per la produzione di mangimi – farina di soia, mais, grano tenero, orzo – la capacità di auto-approvvigionamento del nostro Paese scende addirittura sotto la soglia del 50%. È quanto emerso a Bologna durante l’Assemblea di Assalzoo, l’Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici. Emblematico il caso del mais, materia prima alla base dell’alimentazione di molte specie animali: nel 2005 l’Italia aveva una grado di auto-approvvigionamento vicino al 100%, ma a causa del continuo calo della produzione interna oggi si è arrivati ad importarne quasi il 40% del fabbisogno interno (dati 2013). Nel dettaglio (vedi tabella allegata) la dipendenza dall’estero per la farina di soia è stata nel 2013 pari al 91,3%, con una importazione di 2,6 milioni di tonnellate a fronte di una produzione interna di 400mila tonnellate; il grano tenero che arriva da fuori confine è il 52,7% del totale, con circa 3,8 milioni di tonnellate importate e 3,4 milioni prodotte in Italia; dall’estero arriva il 47,8% dell’orzo, del quale importiamo 617mila tonnellate a fronte di una produzione “tricolore” di 684mila tonnellate; la dipendenza dal mais proveniente dall’estero è il 37,5%, pari a quasi 3,9 milioni di tonnellate importate e 6,5 milioni di tonnellate di produzione nazionale.

 

”L’accresciuta dipendenza dall’estero – sottolinea Alberto Allodi, riconfermato presidente di Assalzoo – e una sempre maggiore apertura dei mercati internazionali hanno fatto sì che le quotazioni delle materie prime agricole nazionali siano di fatto sempre più riferibili all’economia globale delle commodities. Negli ultimi cinque anni i prezzi delle principali materie prime per mangimi hanno subito un rialzo senza precedenti e, pur se nel 2013 vi è stata una riduzione delle quotazioni dei cereali e dei loro derivati, il loro livello resta comunque elevato – conclude Allodi – ed è reso incerto da una domanda mondiale in costante ascesa, con i principali flussi commerciali che non vedono più nell’Europa un mercato preferenziale, e dalla concorrenza esercitata da forme di impiego alternative a quello alimentare”. 

 

Foto: © smereka_Fotolia

Red.