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Più raccolti per rispondere alla domanda di cibo

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Per aumentare le produzioni agricole mondiali potrebbe essere sufficiente effettuare più raccolti nello stesso anno. Ad ipotizzarlo sono i ricercatori dell’Institute on the Environment (IonE) dell’Università del Minnesota, che in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters hanno analizzato le tendenze dei raccolti dal 1961 al 2011, scoprendo che se le potenzialità dei terreni agricoli fossero sfruttate al massimo si eviterebbe di perdere ogni due anni il corrispondente di un raccolto mondiale e si potrebbe far fronte almeno in parte ai rischi generati dai cambiamenti climatici.

 

I ricercatori hanno preso in considerazione 177 diverse coltivazioni. I dati a disposizione hanno svelato che tra il 2000 e il 2011 il numero di terreni su cui avviene la raccolta è aumentato 4 volte più rapidamente rispetto alla superficie coltivata. Questi dati indicano che la tendenza attuale è l’aumento della frequenza di raccolta. Tuttavia, ci sono ancora delle aree del mondo in cui la differenza tra la frequenza di raccolta annuale reale e la frequenza di raccolta potenziale massima (il cosiddetto “harvest gap”) è significativa, soprattutto in Africa, America Latina e Asia. In Brasile, per esempio, la media di raccolti annuali è 1 per terreno, quando sarebbe invece possibile effettuarne almeno un altro. Dal punto di vista globale, ridurre l’ahrvest gap potrebbe aumentare le produzioni di oltre il 44%.

 

Secondo Deepak Ray, autore principale dello studio, “a seconda delle condizioni ambientali locali, delle pratiche agronomiche e dei contesti sociali, aumentare i raccolti sui terreni coltivati potrebbe rappresentare un guadagno a breve termine nella produzione agricola”. Tuttavia, l’esperto ricorda che “questa strategia rappresenta un potenziale modo per risolvere alcune delle sfide della produzione agricola e della sicurezza alimentare solo se l’aumento nella frequenza dei raccolti può essere messo in pratica in modo sostenibile”. Il rischio, infatti, è quello dell’impoverimento dei terreni e della qualità dell’acqua.

 

Studi condotti a livello locale sembrano però indicare che i risultati ottenibili siano positivi. In genere, infatti, l’introduzione di un secondo raccolto – spesso alternando la soia al mais – ha aumentato i guadagni locali in diversi settori economici. “La sfida della nostra generazione è rispondere alla crescente domanda di cibo senza distruggere il nostro ambiente – sottolinea Jonathan Foley, direttore dell’IonE e coautore dello studio – aumentare la frequenza dei raccolti è un altro pezzo verso il completamento del puzzle della sicurezza alimentare globale”.

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon