Home Economia Fine quote latte: gli esperti, “Nessuno scossone per produzione nazionale”

Fine quote latte: gli esperti, “Nessuno scossone per produzione nazionale”

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L’eliminazione del sistema “quote latte” previsto a partire dal 1° aprile 2015 non provocherà, a livello di produzione lattiero-casearia nazionale, sostanziali cambiamenti. E’ questa l’opinione prevalente che è emersa dall’indagine sugli orientamenti e le aspettative degli allevatori sullo smantellamento del regime delle quote latte realizzata dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) per conto di CremonaFiere. 

 

La ricerca è stata condotta su 239 allevatori del comparto latte vaccino ed è poi stata integrata da interviste a esperti del settore. I risultati dello studio sono stati discussi a Cremona nel corso della 68° Fiera Internazionale del bovino da latte.

 

Circa un’impresa interpellata su due ha dichiarato che manterrà inalterato il proprio livello produttivo anche dopo l’abolizione delle quote. Il 23% pensa invece di aumentarlo: “Se da un lato per alcune aziende si profilano scenari di crescita produttiva rispetto ai livelli attuali – spiega Arturo Semerari, presidente Ismea – dall’altro l’esistenza di numerose limitazioni come i vincoli ambientali, la ridotta disponibilità di terreni, il peso finanziario degli investimenti e una struttura dei costi troppo esposta alla volatilità, contrasta con lo scenario di un aumento della produzione”. Una quota minoritaria di aziende, poi, prospetta addirittura la chiusura o un ridimensionamento della produzione “principalmente per la mancanza di un ricambio generazionale e per questioni di inefficienza economica legata alle ridotte dimensioni e alla sfavorevole localizzazione geografica.Fenomeni che favoriranno quel fisiologico processo di concentrazione degli allevamenti bovini da latte in atto, ormai, da diversi anni“, precisa Semerari.

 

Se, però, secondo gli esperti, la fine delle quote latte non determinerà grandi stravolgimenti negli assetti produttivi attuali, né a livello nazionale né comunitario, gli addetti ai lavori ravvisano in particolare due timori legati alla liberalizzazione del mercato: il primo riguarda  le eventuali chiusure aziendali e la riduzione dei prezzi del latte soprattutto a causa della pressione competitiva dei partner comunitari – nonostante le previsioni della Commissione europea indichino, nello scenario post 2015, una moderata tendenza all’aumento della produzione comunitaria di latte e derivati, soprattutto sotto la spinta della domanda dei Paesi emergenti. Il secondo riguarda l’aggravarsi degli squilibri tra allevatori da una parte e produttori e distributori dall’altra: “Uno scenario – conclude Semerari – a cui il legislatore comunitario ha cercato di porre rimedio con le misure contenute nel ‘Pacchetto latte’, ma che 2 operatori intervistati su 5 affermano di non conoscere, o considerano inadeguate ai fini della tutela degli allevatori”.

 

Foto: Pixabay

m.c.