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Difendere la libertà del mercato

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L’adozione del Decreto che vieta in Italia di mais GM a firma di tre Ministri e la decisione di Monsanto di abbandonare l’Europa al suo destino sulle biotecnologie. Ambedue le decisioni non sono di poco conto per i notevoli riflessi che avranno sull’intero sistema agroalimentare italiano ed in particolare sulle potenzialità produttive dell’Agricoltura del nostro Paese, che non brilla per capacità produttiva e per capacità di restare competitiva sul mercato. Del resto quando si sente parlare di biotecnologie sono davvero impressionanti le inesattezze e le falsità che accompagnano la vena critica e questa innovazione epocale, adottata con successo da una larga parte del Mondo evoluto e meno evoluto, per cui non ci resta che sperare che questa ennesima forte polemica sugli OGM possa almeno servire ad aprire un confronto più aperto ed obiettivo basato su numeri e fatti concreti e non sulla demagogia.

 

 
D’altra parte quando si parla di Ogm, si parla di produzione agricola. Una produzione di importanza strategica per ogni Paese ed ancor più per un Paese come l’Italia, già  fortemente dipendente dall’estero per le proprie necessità alimentari. Non si può, infatti, parlare di OGM senza tenere in considerazione le difficoltà del mondo agricolo italiano, le necessità  di approvvigionamento alimentare del nostro Paese e, specie in questo periodo di grave crisi economica, non si può trascurare la notevole incidenza che i costi alimentari hanno sulle capacità di spesa delle famiglie italiane.


Senza alcuna vena polemica, non è quindi accettabile porre in chiave antitetica gli OGM e le grandi produzioni che ne derivano con altre produzioni che, pur importanti, restano tuttavia confinate ad un ruolo marginale, come ad esempio alcune produzioni locali o anche il tanto decantato “biologico”  che  non sono, e non potranno mai  essere,  la soluzione dei problemi della nostra agricoltura. Non si può pensare – e chi afferma  il contrario mente sapendo di mentire – che possiamo risolvere la questioni economiche della nostra agricoltura o le nostre capacità  di assicurare l’approvvigionamento alimentare ai nostri cittadini con produzioni di nicchia accessibili a pochi e a costi elevati. Così  come non possiamo pensare di risolvere con le produzioni di nicchia i problemi della fame e la crescita esponenziale della richiesta di cibo nel Mondo: oggi 7 miliardi di persone, e tra pochi anni 10 miliardi, hanno diritto ad ottenere un bene fondamentale, il cibo, a prezzi “etici”  ed accessibili a tutti. E si badi bene, questo non è più  un problema che riguarda solo le “periferie” del Mondo ma anche i “quartieri bene”. 


Quando si parla di OGM, vi è poi anche una questione di diritto che attiene all’ordinamento giuridico primario di uno Stato (il nostro)  o di una comunità di Stati (l’UE) cui cittadini, amministrazioni, fino allo stesso legislatore, sono tenuti a rendere conto per evitare comportamenti illegittimi dai quali derivano, tra l’latro, anche gravi distorsioni di mercato.
Noi vogliamo restare ai numeri e ai fatti scientifici.


Molte sono le gravi inesattezze involontarie o scientemente volute che hanno accompagnato e continuano ad accompagnare la polemica sugli OGM e crediamo sia doveroso mettere in evidenza almeno quelle che stridono di più con il buon senso e che ostacolano la libertà di scelta dei consumatori e la libertà economica privata di fare impresa.


1. Sviluppo. La questione OGM riguarda un potenziale produttivo enorme dal quale potrebbe dipendere il futuro dell’agroalimentare italiano. E non è vero che il nostro Paese può – come è stato detto – fare a meno degli OGM.  È una questione di proporzioni. Sacrificare il futuro dell’agricoltura nazionale convenzionale/ogm che rappresenta circa il 95% della nostra agricoltura per difendere produzioni marginali come il “Bio” o altre e produzioni di nicchia, è una strategia autolesionista che danneggia l’intera agricoltura per favorire una produzione accessibile solo a un limitatissimo numero di consumatori, meno del 5%, disinteressandosi volutamente delle necessità del “restante” 95% di consumatori.


2. Costi produttivi. Ostacolare l’innovazione in agricoltura, significa non solo produrre sempre di meno, ma anche costringere per legge gli agricoltori a produrre a costi molto superiori, imponendo questi maggiori costi alle industrie di trasformazione  ed anche ai consumatori. Il tutto è ancora più grave in un momento in cui i consumatori sono in grave difficoltà economica, preferiscono spendere nei discount, devono fare attenzione ai consumi e hanno già fortemente ridotto gli acquisti di prodotti alimentari, con un danno enorme per tutto il settore agroalimentare italiano.


3. Biodiversità e progresso. È singolare che si evochino pericoli per la biodiversità solo quando si parla di organismi geneticamente modificati. Bisognerebbe capovolgere il discorso e porre questa domanda: perché la coltivazione degli OGM è “pericolosa” per la biodiversità mentre da decenni, prendendo il caso del mais, le varietà seminate sono pochi ibridi “non naturali” ma prodotti in laboratorio con le tecniche dell’ibridazione? La risposta è molto semplice e non ha nulla di artificiale o di spaventoso. L’agricoltura è una pratica umana e da millenni l’uomo coltiva piante che ha modificato geneticamente attraverso incroci che hanno reso le piante più resistenti, le loro rese più soddisfacenti e il cibo che ne deriva accessibile a tutti. Oggi con le biotecnologie è possibile ottenere in modo più efficace, efficiente,  mirato ed con minor tempo risultati che con le vecchie tecniche è stato possibile ottenere in decenni di sperimentazioni: sarebbe questo lo scandalo?


4. Più ricchezza in Italia. L’Italia sta perdendo progressivamente sempre più quote di produzione nazionale di cereali e semi oleosi e di conseguenza vede aumentare sempre di più la sua dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di queste materie prime a danno della nostra già trasandata bilancia commerciale. Acquistiamo da anni soia e mais da tutto il mondo e oltre l’80% di queste produzioni sono di derivazione GM, senza che mai alcun problema di sicurezza e igiene degli alimenti si sia manifestato. Vogliamo rinunciare agli OGM in Italia? Certo è possibile farlo, ma senza nascondere che questo significherà aumentare ancora di più gli acquisti dall’estero per soddisfare le nostre esigenze alimentari, continuando perciò a consumare comunque OGM, perché il Mondo produce OGM. Ma non solo, così facendo abbiamo decretato di rinunciare: a fare crescere la nostra economia agricola;  a milioni di posti di lavoro in più; a centinaia di migliaia di imprese che produrrebbero ricchezza per il nostro Paese.


In conclusione, è giusto salvaguardare le nostre produzioni locali tradizionali o quelle biologiche o le produzioni artigianali, ma sarebbe anche giusto che il loro sviluppo fosse legato al reale apprezzamento che gli viene riconoscimento dal mercato e che il loro valore e la loro qualità non ci venisse imposta per legge e a totale discapito di una agricoltura che produce, che crea ricchezza, che sostiene il Pil nazionale e che, da sempre soddisfa, la maggior parte della domanda che proviene dal nostro mercato, senza compromessi in termini di qualità e consentendo a tutti i consumatori, e non solo ad una elite, di potervi accedere a costi sostenibili.

 

Foto: Pixabay

Giulio Gavino Usai – Assalzoo