Home Economia Il Grana Padano in “filigrana”:gli aspetti microbiologicidel progetto

Il Grana Padano in “filigrana”:gli aspetti microbiologicidel progetto

928
0
latte

Interventi sulla gestione igienica della mandria finalizzati a ridurre il numero di spore nel latte in caldaia non sempre sono sufficienti. Non sono rare le segnalazioni di casi di gonfiore tardivo anche con livelli di spore relativamente bassi, specie in talune aree geografiche; così come sono noti problemi seri di gonfiore in talune epoche stagionali che non sono giustificati dall’aumento di spore nel latte, per cui vi sarebbero anche altre cause (dunque, non sarebbe definitiva la relazione fra numero di spore nel latte e incidenza degli scarti da gonfiore tardivo).Va precisato che nel latte in caldaia, destinato a divenire Grana Padano, l’inquinamento da microorganismi sporigeni, responsabili del gonfiore, è pressoché identico, a quello del Parmigiano Reggiano e del Trentin grana (per la produzione dei quali non sono ammessi gli insilati), se non spesso inferiore, probabilmente riconducibile a tipologie di spore diverse.

 

Dopo vari tentativi nei decenni scorsi per controllare il gonfiore tardivo, che hanno visto  fra l’altro l’utilizzo dell’aldeide formica, si è passati all’inizio degli anni ottanta all’utilizzo del lisozima che è si dimostrato in grado di tenere sotto controllo lo sviluppo dei clostridi (Cl. tyrobutyricum in particolare). L’utilizzo del lisozima da albume di uovo è una delle potenziali criticità nella filiera produttiva dato che residua nel formaggio ed è sospettato di indurre fenomeni allergici. L’allergia alle uova è fra le più frequenti nella popolazione. Il lisozima è impiegato anche in altri formaggi, DOP e non, è usato nel settore enologico, per sostituire l’anidride solforosa, nella birra, ecc.

 

Benché siano state descritte reazioni cliniche al lisozima contenuto nell’uovo, non esistono segnalazioni pubblicate di allergie legate certamente alla presenza di lisozima nel Grana Padano DOP, almeno nella popolazione adulta, nonostante la grandissima diffusione del consumo del Grana Padano, per cui il rischio è da intendersi comunque basso, non necessariamente nullo. È stato segnalato qualche caso di sospetta allergia in soggetti, in età pediatrica, caratterizzati da una elevata sensibilità alle proteine dell’uovo. Per evitare rilievi di allergenicità al Grana Padano DOP è opportuno cercare di mettere a punto tutte le possibili strategie per la eliminazione del lisozima nel processo di caseificazione. Ciò eviterebbe di incorrere in potenziali seri futuri problemi d’immagine e commerciali. La problematica necessita del superamento degli approcci settoriali e che consideri tutti gli aspetti della filiera: effetti delle condizioni climatiche, degli andamenti stagionali, delle tipologie dei terreni, della qualità dei foraggi (insilati), dei mangimi; interferenze delle tecniche di alimentazione (ad es: conoscenze sull’effetto della contaminazione degli alimenti da specifiche micotossine, non solo per il rischio di residui nel latte e possibili interferenze sui processi di caseificazione, ma anche e forse soprattutto per gli effetti sull’attività metabolica della bovina); cause di eventuale moltiplicazione degli sporigeni nel digerente o selezione di tipologie di clostridi a differente “aggressività”;variazioni di importanti caratteristiche del latte (fra le quali tenore proteico e caseinico, peptidi, vitamine, oligoelementi, capacità di affioramento, attitudine alla coagulazione, attitudine alla acidificazione, ecc.); le condizioni igieniche lungo tutta la filiera, dalla mungitura alla caseificazione (presenza più o meno elevata di batteri filo-caseari e batteri anti-caseari) al carico animale sui terreni;tecnologia casearia da cui dipende la migliore valorizzazione delle caratteristiche chimico-microbiologiche del latte ed eventuali interventi correttivi (es. temperatura del latte in caldaia, tempi di lavorazione, quantità di siero-innesto, modalità di stagionatura, ecc.).

 

Per un più proficuo approfondimento di queste tematiche, è necessario aumentare le conoscenze interdisciplinari circa i rapporti fra processi digestivi della bovina e sviluppo dei clostridi nel tratto digerente, fra caratteristiche chimico-fisiche del latte (anche le caratteristiche associate ai componenti minori) e processo tecnologico di caseificazione e, infine, fra caratteristiche della pasta del formaggio (frutto di vari fattori) e possibilità di germinazione delle spore. Per affrontare in modo appropriato le problematiche esposte della filiera del Grana Padano è in corso un progetto di ricerca, iniziato con il 1° gennaio 2012, dal titolo “Valorizzazione della produzione del Grana Padano DOP tramite il controllo di filiera e l’ottimizzazione dei processi produttivi” finanziato dal MiPAAF e che ha come coordinatore uno di noi (G. Piva). Il progetto prevede il coinvolgimento di diverse Università e centri di ricerca: Istituto Sperimentale Italiano Lazzaro Spallanzani; Consorzio di Ricerca e Sperimentazione degli Allevatori (CRSA); Università degli Studi della Tuscia di Viterbo; Università  Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza (Istituto di Microbiologia, Istituto di Scienze degli alimenti e della nutrizione, Istituto di Zootecnica); Università degli Studi di Milano, Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lombardia Emilia Romagna. Il progetto prevede numerose collaborazioni: Consorzio tutela Grana Padano; Nomisma; CSQA CERTIFICAZIONE; Spallanzani Technology; Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Padova, Parma e Torino; Facoltà di Veterinaria dell’Università degli studi di Bologna; CERZOO dell’Università Cattolica; Istituto Superiore di Sanità; Università degli Studi di Sassari, Facoltà di Biotecnologie Agrarie e Ambientali; CNR-Mi; Dinamica Generale. Complessivamente sono coinvolte alcune decine di ricercatori.

 

L’obiettivo finale del progetto è la definizione delle migliori modalità operative per la produzione di latte e per la sua trasformazione in Grana Padano DOP senza utilizzo di additivi, nel rispetto delle caratteristiche zootecniche e agronomiche che caratterizzano l’areale di produzione e delle prescrizioni del disciplinare di questo prestigioso prodotto DOP. Gli obiettivi specifici coinvolgono tutti i settori specialistici d’interesse che vanno da quello zootecnico agronomico a quello biometrico informatico, passando da quelli tecnologico, biochimico e microbiologico del processo di caseificazione. In particolare da un punto di vista agronomico-zootecnico si studieranno le migliori modalità per ottimizzare le condizioni di caseificabilità del latte, per ridurre il rischio di contaminazione da parte dei clostridi del latte, dal punto di vista microbiologico-tecnologico si studieranno le modalità per la riduzione del rischio di gonfiore e per la massima valorizzazione delle popolazioni microbiche utili al corretto processo di caseificazione-maturazione del formaggio. Dal punto di vista merceologico ed economico si studierà l’impatto che avranno approcci produttivi differenti (senza lisozima) sulla qualità del formaggio e sul consumatore. Al fine di massimizzare l’informazione ottenibile dai dati storici e da quelli sperimentali verrà sviluppato un grande ed esaustivo database che, insieme ai modelli statistici di analisi, caratterizzerà il momento unificante-conclusivo dell’intero processo di acquisizione d’informazione identificabile nel presente progetto. Il database agro-zootecnico-caseario rappresenta non solo il punto di convergenza dell’attività’ progettuale, ma anche lo strumento prioritario per la diffusione dei risultati. Il database costituirà un fondamentale strumento di gestione per il Consorzio di Tutela del Grana Padano, che in tal modo vedrà aumentare la propria efficienza nella guida del complesso mondo produttivo per questo prodotto DOP.Nel progetto è infine prevista una specifica attività finalizzata alla ottimizzazione dello stato generale delle lattifere, mediante corretta gestione del management alimentare, al fine di migliorare le prerogative di caseificabilità del latte. E’ noto che le condizioni di salute delle bovine costituiscono un fattore importante di variazione delle prerogative del latte su cui fa perno l’ottimale riuscita della caseificazione. Contemporaneamente, la buona salute è fra i fattori di maggior peso nel garantire l’elevato livello di efficienza, biologica ed economica, dell’allevamento di lattifere.

 

Elevata efficienza  significa operare in due direzioni: aumentare la produzione e/o diminuire il costo dei fattori di produzione. Il miglioramento delle condizioni di salute interviene positivamente sulle due componenti: aumento della produzione (quantità e qualità  del latte) e riduzione dei costi (utilizzazione degli alimenti, minori costi sanitari, minore riforma, minori periodi improduttivi, minore incidenza dei costi fissi sia in termini biologici che economici). Molti sono i fattori che influenzano le condizioni generali e sanitarie della mandria (infettivo-parassitari, climatici, gestionali-ambientali e nutrizionali-alimentari). Uno dei fattori critici rilevanti è il continuo monitoraggio della corrispondenza fra dati teorici di una razione ottimale che prevenga i fattori di malnutrizione e la reale razione assunta dalle vacche che può essere fatalmente influenzata da una certa variabilità  dei componenti della razione. In questa attività specifica prevista nel progetto, si prendono in esame gli aspetti nutrizionali (correttezza degli apporti di nutrienti) ed alimentari (correttezza nella scelta di alimenti di buona qualità e nelle modalità di preparazione e somministrazione per assicurare la buona funzionalità del digerente), verificando le interferenze sulle caratteristiche casearie del latte. Per garantire la corrispondenza fra razione teorica e razione disponibile al fine di assicurare un’ottimale funzionalità digestiva e soddisfacimento dei fabbisogni si utilizza una procedura che può essere definita di “alimentazione di precisione” (“Precision Feeding”). Questo sistema esegue le analisi dei foraggi in tempo reale e verifica la corrispondenza della composizione della razione rispetto a quella formulata dal nutrizionista.

 

Con l’introduzione di questo sistema ci si attendono risultati in termini di una maggiore costanza nelle caratteristiche qualitative delle razioni, di una migliore calibrazione delle razioni e riduzione degli sprechi, di un miglioramento dello stato generale e del benessere degli animali, di un miglioramento dell’efficienza (riduzione dei costi di produzione), nonché della qualità casearia del latte. L’approfondimento degli studi di filiera previsti nel progetto permetterà di individuare e caratterizzare in maniera adeguata i punti critici relativi alla produzione di latte di qualità ed alla ottimizzazione delle tecnologie microbiologiche e casearie per la produzione di Grana Padano DOP, nel tentativo di produrre in futuro questo formaggio senza lisozima o quanto meno di limitarne l’impiego solo alle situazioni problema. La individuazione dei punti critici per la produzione del latte e per la sua trasformazione in condizioni idonee al raggiungimento di questo obiettivo consentirà di indicare azioni preventive (formulazione di protocolli) e correttive con lo scopo di migliorare in senso generale le prerogative di caseificabilità del latte destinato alla produzione di Grana Padano DOP. I primi risultati ottenuti nell’area zootecnico nutrizionale hanno permesso di evidenziare che la qualità degli insilati è fattore fortemente critico, anche per aspetti fino ad ora poco considerati (micotossine nascoste), e che la presenza di spore nelle feci, e dunque nel latte come conseguenza della sua contaminazione con materiale fecale, pare fortemente condizionata dalla possibilità di un loro sviluppo nel tratto digerente dei bovini da latte. L’aumentato numero di spore che si riscontra nelle feci in rapporto a quelle presenti negli alimenti non è dovuto ad una semplice concentrazione delle stesse nella sostanza indigerita fecale. Al contrario, sembra che vengano complessivamente escrete più spore di quante ne vengano ingerite. Inoltre, l’entità di questo aumento è legata a particolari situazioni fisiologiche ed alimentari, tra le quali si possono ricordare il tipo e la qualità dell’insilato somministrato, la fase di lattazione delle bovine e la quantità di concentrato presente nella razione.

 

Dai primi risultati sembra emergere che il contenuto di carboidrati non fibrosi della razione, oltre ad influenzare il rapporto spore escrete/spore ingerite, influenza anche la naturale attitudine del latte ad essere fermentato dai lattobacilli, con possibili effetti sullo sviluppo dei clostridi nel corso della caseificazione. Le razioni molto ricche di concentrati avrebbero un effetto di rallentamento dell’acidificazione dei lattobacilli nel latte e allo stesso tempo accrescerebbero il numero di spore nelle feci (e quindi la loro presenza nel latte) anche in funzione della qualità dei carboidrati non fibrosi (in particolare per la quota di amido e per la sua fermentescibilità). Forse si dovranno ripensare i concentrati per vacche da latte per latte destinato a grana padano DOP. A diciotto mesi dall’inizio del progetto, che si concluderà alla fine del 2014, lo sforzo dei numerosi ricercatori coinvolti  fa intravvedere risultati di indubbio interesse che, in via sperimentale, si è cominciato a trasferire agli allevatori ed ai caseifici coinvolti nelle sperimentazioni di campo.

*Piva G., Presidente del comitato Scientifico di Agrisystem, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza
Calamari L., Istituto di Zootecnica, Facoltà di Agraria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza  

 Foto: Pixabay

*Autori