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Biofuel e industria alimentare: nessuno svantaggio per i coltivatori

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Il timore che l’industria dei biocarburanti possa sottrarre materia prima altrimenti destinata all’alimentazione è infondata. A dimostrarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Energy Economics in cui un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Illinois (Champaign, Stati Uniti) ha analizzato il problema con nuovi modelli teorici, concludendo che utilizzare parte dei raccolti di mais per produrre bioetanolo può influenzare il prezzo del cibo a diversi livelli, ma che, in generale, tutto il sistema ne trae benefici, primi fra tutti i coltivatori.

 

Secondo i ricercatori le analisi effettuate fino ad oggi non hanno tenuto conto del fatto che i coltivatori non agiscono sempre come una collettività, anzi, nella maggior parte dei casi, ogni produttore di mais lotta per conquistarsi la sua fetta di mercato. Ciascun coltivatore deve scegliere se vendere all’industria alimentare o alle raffinerie e la scelta dipenderà sia dal prezzo che gli sarà pagato, sia dai costi di trasporto. Non solo, le raffinerie non hanno capacità infinite e, quindi, i produttori di materia prima competeranno tra di loro per vendere il raccolto all’industria del biofuel. Allo stesso tempo, se l’industria alimentare ha a disposizione troppo mais i prezzi crolleranno e le raffinerie potranno proporre un prezzo più basso per il mais da etanolo. “I coltivatori devono tenere presente l’offerta delle raffinerie, ma, allo stesso tempo, devono stare attenti alla loro produzione – spiega Jong-Shi Pang, responsabile dello studio -. Le quantità vendute sul mercato determinano il prezzo, che, a sua volta, influenza la produzione di tutti”.

 

I modelli elaborati dagli studiosi sono stati utilizzati per analizzare diversi possibili scenari e contengono le linee guida per ottimizzare la catena di produzione del biofuel decidendo dove localizzare le raffinerie e quale capacità devono avere per massimizzare i profitti. L’analisi ha considerato l’obiettivo principale di queste raffinerie: pagare i coltivatori abbastanza da convincerli a vendere a loro il raccolto, ma non così tanto da ridurre i propri profitti. Questi modelli sono stati utilizzati anche per valutare l’effetto dell’introduzione sul mercato di una catena di produzione di biocarburante sui coltivatori e sui prezzi del cibo. I risultati ottenuti indicano che i benefici maggiori derivanti dall’introduzione sul mercato del biofuel riguarda proprio i coltivatori che, spiega Yanfeng Ouyang, coautore dello studio, hanno più possibilità di scelta. “Possono fare più offerte e negoziare di più”.

 

Almeno per quanto riguarda il destino dei produttori di materia prima e dell’industria alimentare i timori dei detrattori del biocarburante sembrano, quindi, privi di fondamento.

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon