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L’industria mangimistica italianachiede lo sviluppo della zootecnia

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L’industria mangimistica svolge un ruolo determinante per la zootecnia italiana ed occupa una dimensione economica di rilievo all’interno della filiera agro-alimentare del nostro Paese. Si tratta, infatti,  di un comparto che con un fatturato di oltre 6 miliardi di euro, si colloca al 5° posto tra quelli che operano nel settore alimentare, dopo il lattiero-caseario, il vino, il dolciario e i salumi. Realizza una produzione di mangimi di oltre 14 milioni di tonnellate ed offre lavoro ad più di 8mila addetti. Le aziende che – secondo stime dell’Assalzoo – sono autorizzate alla produzione di mangimi in Italia sono oltre 600 dislocate su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, si stima  che quelle effettivamente operanti siano molte di meno ed infatti le sole aziende che aderiscono all’Assalzoo sono un centinaio che, con circa 130 stabilimenti, ottengono una produzione che rappresenta oltre il 70% di quella realizzata complessivamente a livello nazionale.

La storia
La produzione di mangimi è nata il Italia nei primi decenni del secolo scorso; inizialmente si trattava di una attività semplice svolta per lo più da commercianti di granaglie o da mugnai che destinavano agli animali parte dei residui di macinazione ed il mangime, che veniva prodotto in piccole quantità, era rappresentato da una semplice miscelazione di poche materie prime.
Nel tempo – anche a fronte di una domanda di alimenti per animali in continuo aumento – questa attività si è evoluta in una forma via via più organizzata e sempre più moderna e negli anni 50 sono sorti i primi impianti per la produzione industriale di mangimi.  

I giorni nostri
L’aumento della domanda di mangime ha portato ad una crescita costante con progressi sempre più evidenti nella produzione mangimistica di derivazione industriale, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo. Sotto il profilo della quantità siamo, infatti, passati da quasi 200mila tonnellate, prodotte nell’immediato dopoguerra, alle 14 milioni e 200mila tonnellate dei giorni nostri (dato riferito al 2007 – fonte Assalzoo). Ma soprattutto sotto il profilo della qualità si sono compiuti progressi notevoli attraverso: l’impiego di tecnologie sempre più sofisticate nei processi di produzione; una selezione mirata delle materie prime utilizzate; una particolare attenzione alle caratteristiche nutrizionali dei mangimi in rapporto alle specie e alle categorie di animali cui sono destinati; l’attivazione di sistemi di autocontrollo in azienda. Ciò ha consentito di ottenere mangimi con caratteristiche qualitative elevate, in grado di migliorare le rese in termini di carni, latte, uova che derivano dagli animali allevati ed al contempo di alzare il livello di sicurezza e la qualità finale di tali prodotti, senza trascurare i benefici che ne sono derivati agli stessi animali con riferimento al loro stato di salute e benessere durante l’attività di allevamento.  

Il ruolo dell’industria mangimistica in Italia
Il raggiungimento di questi risultati è stato, quindi, possibile grazie al ruolo svolto dall’industria mangimistica, che ha saputo rispondere alle dinamiche di un mercato in continua evoluzione e che ha investito risorse importanti in attività di ricerca e in tecnologie sempre più avanzate, per raggiungere il grado di efficienza dei nostri giorni. Senza il ruolo svolto dall’industria mangimistica oggi non sarebbe, infatti, possibile allevare gli oltre 570 milioni di capi, tra polli, galline ovaiole, tacchini, faraone, anatre e oche, gli oltre 6milioni e mezzo di bovini, quasi 9 milioni e 300mila suini o gli oltre 8 milioni di ovi-caprini, e poi conigli, pesci, equini, ed altre specie minori. È evidente quindi che per assicurare un’alimentazione sufficiente ad allevare una quantità di animali, come quella appena citata, occorre un sistema ad elevata efficienza ed in grado di garantire una produzione che risponda non solo ai parametri imposti da una normativa severa, ma anche alle attese di una domanda sempre più esigente. Un compito che l’industria mangimistica italiana ha saputo bene interpretare – oggi oltre il 96% degli animali allevati nel nostro Paese è alimentato con mangimi prodotti in Italia – e grazie a questo ruolo svolto dalle aziende che producono mangimi, è oggi possibile che sulle tavole dei consumatori possano arrivare prodotti di origine animale di qualità, sicuri e a prezzi accessibili a tutti, relegando ad un lontano ricordo quanto raccontato dai nostri nonni che mangiavano il pollo solo una volta a settimana o nei giorni di festa.

Il futuro
Per quanto riguarda il futuro, oggi più che mai, non è facile fare previsioni sulle prospettive per il settore ma è certo che l’attività dell’industria mangimistica e quindi la produzione di mangimi sono chiaramente legate alle capacità di sviluppo della zootecnia del nostro Paese. Va infatti considerato che, ad eccezione del settore avicolo e delle uova, negli altri settori (suino, bovino da carne e da latte, ma anche  per l’ovino, il pesce) oggi l’Italia ha una forte dipendenza dall’estero e questo significa che gli allevamenti nazionali non ne producono in quantità sufficiente a soddisfare la domanda interna di carni, latte e prodotti derivati. Quindi, c’è ancora spazio per una crescita della nostra zootecnia e conseguentemente per un aumento della produzione di mangimi, ma non è ancora certo se saremo capaci a colmare questo gap. Le cause che si frappongono sono molteplici, solo per citare quelle più immediatamente percepibili: una Politica Agricola Comune (PAC) che fino ad ora non ha favorito l’agricoltura e l’allevamento nazionale; problemi di carattere strutturale ed economico della zootecnia italiana; le difficoltà a mantenere competitive le produzioni nazionali rispetto alla concorrenza estera; normative sempre più stringenti sotto il profilo ambientale e del benessere animale. Al di là quindi di aspetti di carattere congiunturale, quali i cambiamenti nelle abitudini alimentari, piuttosto che una crisi dell’economia che deprime i consumi, i pericoli maggiori provengono da impedimenti di carattere strutturale sui quali è necessario un intervento al fine di rivitalizzare i nostri allevamenti e favorire una ripresa e una crescita di questa attività, al momento troppo esposta alla concorrenza delle produzione provenienti sia da altri paesi che fanno parte dell’Unione Europea, sia da Paesi Terzi.  

Pubblicato: Gennaio-Marzo 2009

Foto: Pixabay

Giulio Gavino Usai