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Zootecnia, estranea alla diffusione del coronavirus

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La zootecnia reagisce con determinazione all’ennesima chiamata in causa mediatica che punta il dito contro gli allevamenti moderni. Agrinsieme, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, il professore Giuseppe Pulina di Carni Sostenibili e Claudio Destro di Aia-Associazione allevatori italiani, in rappresentanza del mondo agricolo e zootecnico, sono alcune delle voci che sono intervenute e hanno respinto la ricostruzione mediatica fornita dalla trasmissione Report andata in onda lo scorso 13 aprile. Il programma di Rai 3, sulla scorta di alcuni dati scientifici, ha indicato una relazione tra le emissioni inquinanti degli allevamenti con la diffusione del nuovo coronavirus nel Nord Italia. 

Non è la prima volta che programmi Tv di approfondimento mettono sotto accusa il settore agroalimentare italiano. Basti ricordare i servizi sul glifosato della trasmissione Indovina chi viene a cena. Nella sua ultima puntata Report ha rilanciato la questione dell’emissione di sostanze nocive da parte degli allevamenti questa volta con riferimento a CoVid-19, un’emergenza alla quale la zootecnia è estranea

Apporto contenuto di emissioni da allevamenti

Pulina, ordinario di Zootecnia speciale all’Università di Sassari, sottolinea che la correlazione suggerita dallo studio della Società italiana di Medicina ambientale citato da Report tra l’eccedenza di Pm10 e il numero dei contagi, “non è una causazione”. Lo studio – continua ancora nel suo intervento disponibile a questo link – si concentra su uno dei possibili fattori che potrebbero aver contribuito alla diffusione del virus in alcune zone del Paese, ovvero l’aumento dei livelli di particolato atmosferico. Dal momento che l’agricoltura “contribuisce in maniera minima al particolato, praticamente non ha nessun ruolo nella trasmissione del virus e non l’ha soprattutto la zootecnia.

L’agricoltura – secondo i dati Ispra-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale citati da Pulina – è responsabile dell’11,8% del particolato Pm10 e del 3,2% del Pm2,5 a livello nazionale. Del complesso di tutte le emissioni atmosferiche, dal settore primario arriva il 12% mentre il restante 88% è riconducibile a riscaldamento domestico, trasporti e attività industriali. L’agricoltura, infine, emette solo il 7,5% degli ossidi di azoto e lo 0,001% degli ossidi di zolfo, che sono altre sostanze nocive liberate nell’aria prevalentemente dai trasporti. 

Animali zootecnici non sono vettori del coronavirus

Fermo l’intervento di Agrinsieme, il coordinamento formato da Confagricoltura, Cia, Aci Agroalimentare e Copagri. “Stigmatizziamo con forza tutte quei messaggi che lasciano intendere che l’agricoltura e l’allevamento siano fonti primarie di inquinamento, che riteniamo ancora più irricevibili se non rapportati all’impatto causato da altri comparti dell’economia, caratterizzati senza ombra di dubbio da una minore circolarità”. Secondo le organizzazioni è “ancora più grave collegare il ruolo degli allevamenti alla grave pandemia del CoVid-19 senza evidenza scientifica”. 

Sia Pulina che Agrinsieme sottolineano inoltre l’assoluta estraneità degli animali d’allevamento alla catena di trasmissione del coronavirus. Il professore ricorda uno studio tedesco secondo il quale i suini e gli avicoli infettati non hanno sviluppato il contagio. “Esistono diversi studi scientifici i quali dimostrano come il CoVid-19 non si trasmetta agli animali zootecnici, soprattutto se vi è un confinamento che ne garantisce la biosicurezza”, aggiunge Agrinsieme.

Intervistato dall’Informatore Zootecnico, Claudio Destro, vicepresidente di Aia-Associazioni italiana allevatori, ricorda i punti di forza degli allevamenti moderni. Queste unità produttive garantiscono “più sicurezza e più benessere agli animali e più controlli, sicurezza sanitaria e alimentare. La sicurezza alimentare, con la produzione di cibo sicuro e in quantità adeguata, è un requisito fondamentale in questo periodo perché garantisce la tenuta sociale del Paese e per il benessere dei cittadini”.

Prandini, zootecnia italiana sostenibile

A Report replica anche il presidente di Coldiretti Ettore Prandini intervistato, tra l’altro, dalla stessa trasmissione televisiva. Prandini sottolinea le omissioni del servizio riguardo a zootecnia e inquinamento. Il riferimento è ai livelli anche di Co2 in Lombardia: “Da quando è cessato il traffico pesante e sono diminuite le attività industriali, il risultato che emerge da tutti i dati tecnici è che abbiamo avuto una precipitazione in termini positivi di inquinamento a dimostrazione che gli allevamenti zootecnici nulla c’entrano”.

A detta di Prandini altri dati rilevanti sono stati taciuti da Report, dai livelli di emissioni italiane più basse rispetto a Francia, Germania e Regno Unito, che fanno della zootecnia italiana “la più sostenibile a livello mondiale”, allo studio dell’Università di Milano che indica che la “zootecnia anche in Pianura Padana non ha nessun tipo di incidenza con quanto riguarda l’inquinamento delle falde”.

 

Foto: Pixabay

red.