Il Global Feed LCA Institute (GFLI), l’iniziativa lanciata nel 2016 per la valutazione dell’impatto ambientale dei mangimi, assume una veste più strutturata. È diventato infatti un ente legale non-profit che diventerà operativo nei primi mesi del 2020. Il suo obiettivo è espandere l’attività del consorzio internazionale e aumentare la disponibilità dei suoi dati a tutti gli stakeholders lungo la catena del valore. Saranno anche consolidati i dati che GFLI ha sviluppato per l’Unione europea, il Canada e gli Stati Uniti.
Proprio da queste aree geografiche arrivano i soggetti che hanno dato vita all’iniziativa: Fefac, la federazione delle associazioni dei mangimisti europei, l’American Feed Industry Association, l’Anac, l’associazione di nutrizione animale del Canada, assieme a Ifif, la federazione internazionale delle industrie mangimistiche, e Norwegian Seafood Federation. Il progetto si è affermato come un punto di riferimento per la definizione dell’impronta ambientale della produzione mangimistica. I mangimi sono un tassello fondamentale della produzione zootecnica ed è importante che gli operatori siano in grado di valutare attentamente la loro footprint, anche per far fronte alle attese dei loro clienti e degli organismi pubblici nazionali e internazionali.
GLFI lavora in sintonia con la Livestock Environmental Assessment Performance, un progetto della Fao che sviluppa delle linee guida per esaminare la performance ambientale della catena di produzione zootecnica. Il nuovo istituto ha impiegato quella metodologia e ha creato un database conforme relativo alla Pef, l’impronta ambientale di prodotto. Una sorta di standard globale con un approccio basato sulla Lca, l’analisi del ciclo di vita del prodotto. Il database copre quindici categoire, dal cambiamento climatico all’acidificazione ed eutrofizzazione.
Con la creazione dell’ente non-profit il consorzio fa dunque un significativo passo avanti: “Saremo in grado di espandere il nostro lavoro per lo sviluppo dei set di dati della LCA per gli ingredienti dei mangimi per altre regioni e di aumentarne la portata agli stakeholders che assumono decisioni nell’ambito della sostenibilità”, fanno sapere i suoi membri fondatori.
L’impatto ambientale potrà così essere misurato in maniera più precisa in tutto il mondo, si potranno anche sviluppare delle tecnologie e condividere le migliori pratiche per ridurre tale impatto: “Avere accesso a dati affidabili e scientifici sugli ingredienti dei mangimi è importante per le aziende, il mondo accademico e tutti gli altri soggetti che lavorano nella produzione sostenibile di proteine animali non solo per migliorare l’accuratezza dei loro rapporti di sostenibilità ma anche per creare un benchmark e definire obiettivi futuri”, aggiungono i partner dell’istituto.
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