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Fao: l’innovazione è il perno della bioeconomia. Italia all’avanguardia in Europa

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Il 20 novembre si è concluso il Global Bioeconomy Summit, l’evento dedicato alla bioeconomia, una nuova visione dell’economia che permette di affrontare le sfide che tutti i Paesi sono chiamati a risolvere: la garanzia della sicurezza alimentare, la dipendenza dai combustibili fossili, la scarsità delle risorse naturali, l’emergenza climatica. A queste, da ultima, si è affiancata anche l’emergenza della pandemia. Lo ha sottolineato Qu Dongyu, il direttore generale della Fao, che ha partecipato all’evento organizzato in videoconferenza dal governo tedesco, insieme ad altri rappresentanti di istituzioni, società civile, comunità scientifica: “La bioeconomia, mediante la promozione di bio-innovazioni attese da tempo e di cui c’è gran bisogno, dovrebbe avere un ruolo centrale per la ripresa post-pandemica per ricostruire migliorando e, soprattutto, per aumentare il valore della biomassa rendendo più efficienti i processi di produzione e minimizzando la perdita e la spreco di cibo”.

La via per la sostenibilità

In questa visione la ricerca e l’innovazione ricoprono un ruolo centrale. Il direttore generale della Fao ne ha sottolineato il valore; gli investimenti nelle biotecnologie, nei prodotti digitali nella definizione di nuove politiche sono una leva essenziale per poter sfruttare al meglio il potenziale della bioeconomia. La stessa definizione di bioeconomia, quella coniata in occasione dell’edizione 2018 del summit dedicato, richiama l’innovazione. Per bioeconomia si intende “la produzione, l’uso e la tutela delle risorse biologiche, incluse la scienza, la conoscenza, la tecnologia e l’innovazione a esse correlate, per fornire soluzioni sostenibili (informazione, prodotti, processi e servizi) all’interno e fra tutti i settori economici e permettere la trasformazione verso un’economia sostenibile”.

“Le tecnologie digitali e le soluzioni moderne come l’e-commerce entrano in gioco come opportunità per trasformare e razionalizzare i nostri sistemi alimentari. Bisogna definire in maniera olistica il modo in cui utilizzare i residui di cibo per alimenti, mangimi, fertilizzanti e carburanti”, ha aggiunto Qu.

Le conoscenze tradizionali insieme alla ricerca e l’innovazione possono aiutare a sviluppare applicazioni in diversi ambiti: dalla salute animale alla produzione alimentare alla tutela dell’ambiente. In particolare il campo emergente della ricerca sul microbioma offre un enorme potenziale nella ricerca di modi sostenibili di produrre, ottenere e preparare il cibo e altri bioprodotti.

Per il numero uno della Fao sono cinque gli aspetti sui quali la comunità internazionale dovrebbe concentrarsi nelle strategie dedicate alla bioeconomia: la collaborazione tra governi e settore della ricerca pubblica e privata; la definizione di sistemi di monitoraggio con metodi di misurazione e dati completi; il legame con gli accordi multilaterali sull’ambiente, come gli Accordi di Parigi sul clima; il rafforzamento del capitale umano in relazione al rapporto scienza e politica; la promozione di programmi di ricerca, sviluppo e innovazione per incoraggiare la cooperazione a livello globale. 

Grazie alla bioeconomia, con la maggiore attenzione riservata all’impatto ambientale del sistema produttivo, si possono ridefinire i processi, gli aspetti legati all’intera filiera di valore e anche il consumo. Tutti sono chiamati a contribuire allo sviluppo sostenibile: “L’efficienza dell’alimentazione dovrebbe essere rivista in termini di impatto ambientale non solo in termini di apporto nutrizionale”, ha aggiunto Qu Dongyu.

Centrale il riconoscimento dell’economia circolare

Sono diverse le iniziative relative alla bioeconomia che vedono coinvolta la Fao, come il Gruppo di Lavoro sulla Bioeconomia internazionale sostenibile, un progetto guidato dalla stessa agenzia dell’Onu insieme alle rappresentanze di oltre venti Paesi. La promozione della bioeconomia è nell’agenda politica di oltre cinquanta Stati. Bioeconomia e digitalizzazione è la combinazione chiave per la trasformazione dei sistemi produttivi per il futuro.

Il documento finale del Global Bioeconomy Summit ha riconosciuto all’Italia un ruolo di primo piano in Europa insieme a Francia e Germania. Negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno lavorato a diversi atti relativi alla bioeconomia, da ultima, nel 2018, la Strategia per l’economia circolare, parte di un progetto più ampio dedicato allo sviluppo sostenibile, mentre risale al 2017 la prima strategia sulla bioeconomia. Nell’estate del 2020 si è preparato invece il Piano d’azione per un suo aggiornamento. 

Nel contesto italiano – si legge nel report del Summit – molta attenzione è posta sull’incremento del valore aggiunto. Nella strategia la bioeconomia viene vista come un insieme che comprende l’integrazione della produzione sostenibile di risorse biologiche e la conversione di queste risorse e del ciclo dei rifiuti in prodotti a valore aggiunto come cibo, mangimi e bioenergia. Tra gli altri obiettivi primari ci sono la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e dalle fonti non rinnovabili, la prevenzione della perdita di biodiversità e la protezione degli ecosistemi. 

Inoltre, proprio come sottolineato dal direttore generale della Fao, la bioeconomia è vista come uno ‘strumento di resilienza’ con cui accelerare la ripresa post-Covid-19, ad esempio rendendo il settore agroalimentare più solido grazie all’agricoltura di precisione, all’agroecologia, all’intensificazione sostenibile. La ricerca e l’innovazione hanno un ruolo fondamentale nell’accrescimento della competitività del Sistema Paese e nella definizione di nuove soluzioni sostenibili. Molto spazio è dato, ad esempio, proprio alla ricerca sul microbioma, come fattore essenziale per la produzione di biomassa, la protezione delle colture, il miglioramento delle condizioni del suolo. 

Foto: Pixabay