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Produzione sostenibile e riduzione di spreco di cibo: le chiavi per mitigare effetti cambiamento climatico

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Portare sulla tavola cibi prodotti con metodi sostenibili è un modo per contrastare il cambiamento climatico. Questa è solo una delle possibili contromisure da assumere per cercare di arginare questo fenomeno. Tra le altre la riduzione dello spreco di cibo, evitare i disboscamenti, gli incendi e l’eccessivo utilizzo di legna per combustibili, oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra. Sono tutte azioni con cui poter contenere lo sfruttamento del suolo e che garantirebbero sia il mantenimento della produttività della terra che la possibilità di utilizzare la terra come fonte di energia rinnovabile. Di questi aspetti si è occupato di recente l’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, costituito in seno all’Onu per valutare lo stato di conoscenza scientifica sul cambiamento del clima, il suo impatto, i rischi e le possibili risposte.

In occasione della sessione di Ginevra dal 2 al 7 agosto scorsi, l’organo ha pubblicato un report sulle conseguenze del cambiamento climatico sulla terra e su come l’utilizzo di questa risorsa a sua volta alimenta il fenomeno, una delle principali minacce globali che i governi devono affrontare con risolutezza. Il circolo è vizioso perché il cambiamento climatico ha gravi effetti per il suolo e perché il suo sfruttamento ne favorisce la portata. Eventi meteorologici estremi, la siccità, le inondazioni, l’innalzamento delle temperature sono devastanti per l’agricoltura con un grave pregiudizio alla sicurezza alimentare: si riducono i raccolti, aumentano i prezzi, i prodotti agricoli hanno una ridotta qualità nutritiva.

Il sostegno dell’agricoltura al cambiamento del clima

D’altro canto il contributo del settore primario al riscaldamento globale e al cambiamento del clima non è per nulla marginale. Secondo gli esperti il 23% di tutte le emissioni di gas serra deriva dalle attività che utilizzano la terra, quindi agricoltura e sfruttamento dei boschi in primo luogo, a maggior ragione se devono soddisfare i bisogni di una popolazione in costante aumento. Preservare la terra, evitando di aumentare lo stress che già grava su di essa, significherebbe mantenere la sua capacità di attutire la cosiddetta “impronta di carbonio” dell’uomo: il patrimonio vegetale è in grado di assorbire infatti circa un terzo delle emissioni da combustibili fossili e dall’industria.

La chiave è la produzione sostenibile. Una dieta bilanciata che includa sia il consumo di prodotti di origine vegetale, dai cereali ai legumi, che quello di prodotti di origine animale ma frutto di un sistema produttivo sostenibile offre maggiori opportunità di adattamento e di contrasto al cambiamento climatico, si legge nel report. È utile anche favorire la coltivazione di una maggiore varietà di colture per ridurre lo sfruttamento e aumentare la resistenza a eventi climatici avversi.

Oltre a ciò è necessario anche assottigliare la quota del 25%-30% di cibo perso o sprecato. In questo modo si può allentare la presa sullo sfruttamento del suolo ed emettere meno gas nocivi per l’atmosfera.

 

Foto: Pixabay

redazione