Uno dei settori più colpiti dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria sull’economia è stato quello della pesca e dell’acquacoltura. Una nuova conferma è giunta dal Rapporto sull’Emergenza Covid e il settore ittico italiano, realizzato da Crea in collaborazione con l’istituto di ricerca specializzato Nisea. Il report è stato presentato insieme all’Annuario agricolo 2019 sempre di Crea.
Prezzi in aumento
Con il lockdown e le chiusure dei servizi di ristorazione c’è stato un calo della domanda di prodotto fresco nazionale del 29% in valore a marzo e del 17% ad aprile. Si sono ridimensionati i rapporti di forza tra consumi fuori casa e domestici. Nel corso del primo semestre 2020 questi ultimi sono aumentati del 4%, a fronte di una media del 9% del totale dei prodotti alimentari. E sono stati preferiti i surgelati (+20%) e le conserve (+12%) per via del cosiddetto ‘effetto scorta’ e della predilezione per prodotti meno deperibili. Il consumo di fresco, pertanto, è sceso del 6%. Successivamente alle prime settimane dall’avvio del lockdown gli aumenti sono diventati via via più contenuti (per la saturazione delle dispense e la contrazione della liquidità dei consumatori).
I prezzi hanno fatto registrare un improvviso incremento del 2% a marzo, un valore che non è variato molto nei tre mesi successivi. La principale spinta inflazionistica ha riguardato il surgelato (+3,6% a giugno su base tendenziale), mentre il pesce fresco o refrigerato ha fatto segnare un aumento del 2,3%.
Maggiori costi di gestione per le imprese acquacoltrici
La grande distribuzione ha solo in parte tamponato il calo delle vendite legate al servizio Horeca. Le aziende di acquacoltura hanno subito una forte riduzione delle vendite, soprattutto fra marzo e aprile, proprio con l’eccezione del canale della Gdo. Con l’aggravante dell’aumento dei costi di gestione degli stabilimenti e del mantenimento del prodotto non venduto. L’impatto è stato minore per gli impianti che lavoravano soprattutto con la Gdo grazie a contratti di compravendita preesistenti allo scoppio dell’emergenza. Sempre legate alle misure anti-contagio, hanno trovato spazio nuove modalità di commercializzazione per il consumo domestico: dall’e-commerce alle consegne a domicilio, dalla vendita diretta alle prenotazioni a distanza.
Sul fronte degli scambi commerciali, invece, sia il dato dell’export che quello dell’import sono preceduti dal segno meno, ma con forti differenze. Da gennaio a giugno 2020 le importazioni sono scese del 16% in valore, addirittura più del 20% nel secondo trimestre, sia in valore che in quantità. La riduzione ha riguardato sia la pesca che i prodotti ittici lavorati e conservati. Per i pesci lavorati, il bene più importato con una quota vicina al 50%, la contrazione è stata più contenuta, meno dell’8%. Molto penalizzati molluschi e crostacei, i cui acquisti si sono addirittura quasi dimezzati nel secondo trimestre, sempre su base tendenziale. Infine, per le esportazioni, c’è stato un aumento nel primo trimestre mentre nel secondo c’è stato un netto calo (-8,2%), che ha portato il totale a una lieve riduzione dello 0,5%. Per i prodotti della pesca l’andamento è negativo in entrambi i periodi (-9% nel totale); per i lavorati e conservati, invece, il quasi +16% del primo trimestre ha compensato la riduzione del secondo.
Foto: Pixabay