Storicamente gli antibiotici sono stati utilizzati negli allevamenti per diversi scopi. Certamente per il trattamento delle patologie, ma anche per la loro prevenzione e in qualità di promotori della crescita. Grazie all’impatto sul microbioma intestinale gli antibiotici favorivano un miglior tasso di conversione dei mangimi lasciando più energia a disposizione degli animali. L’ipotesi che però ha cominciato a prendere piede dagli anni 50 è che la somministrazione costante di basse dosi di antibiotici come promotori della crescita potesse essere correlata all’emergenza del fenomeno della resistenza. L’Unione europea è intervenuta per limitare l’impiego di antibiotici come promotori della crescita e dal 2006 ha completato il bando vietando l’uso degli ultimi antibiotici ammessi come additivi. “Negli Stati Uniti la questione dell’uso di antimicrobici come promotori della crescita è ancora dibattuta”, sottolinea Manuel Chaveiro Soares, membro del Direttivo di Iaca e tra i relatori del workshop organizzato a Lisbona da Fefac e Iaca, l’Associazione portoghese delle industrie di alimenti per animali lo scorso ottobre.
Nel 2017 in un’indagine relativa ai progressi compiuti dagli Stati membri nella lotta all’antibiotico-resistenza, Fao, Oie e Oms hanno ribadito che “l’abuso e l’uso improprio degli antimicrobici negli uomini, negli animali e nelle piante hanno accelerato la naturale evoluzione del processo per cui i microbi diventano resistenti ai trattamenti”. Sebbene la maggioranza dei principali Paesi produttori di carne bovina, avicola e suina stiano affrontando il problema, solo in 64 hanno limitato l’uso di importanti antimicrobici per la promozione della crescita.
Dopo la crisi alimentare europea della fine degli anni 90 è aumentata la pressione dei gruppi industriali sui decisori politici di sostituire gli antibiotici con altri additivi sempre per sostenere la crescita degli animali. Sono i nuovi promotori della crescita (Ngp), che includono diverse categorie di prodotti, dai probiotici ai prebiotici agli acidi organici. La supplementazione di questi additivi è una delle raccomandazioni del rappresentante di Iaca per un’adeguata nutrizione, uno degli ambiti su cui si può agire per minimizzare l’uso di antibiotici. L’equilibrio nutrizionale può essere definito tenendo conto della specie animale, della fase di crescita e di produzione, offrendo un basso contenuto proteico ma con adeguati livelli di amminoacidi essenziali, elettroliti e fibre in quantità adeguate e anche antiossidanti come vitamina E e selenio.
La nutrizione è un elemento chiave. L’obiettivo è avere animali in buone condizioni, non esposti a stress e alimentati in modo adeguato “per avere un buon equilibrio della flora batterica essenziale per evitare l’uso di antibiotici. La sfida è particolarmente importante nei giovani animali, soprattutto nei suinetti da latte dopo lo svezzamento e nei tacchini”. Ma accanto alla nutrizione bisogna agire sulla gestione degli allevamenti, sulla loro densità, sulle condizioni ambientali e gli spazi a disposizione, sull’illuminazione, l’umidità e la temperatura, sulla biosicurezza e le vaccinazioni.
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Vito Miraglia