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Diete bilanciate e salute, le nuove scoperte della dietetica

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Per decenni carne e latte sono stati accusati di essere i principali nemici della salute, in particolare del cuore, a causa del loro contenuto in grassi saturi. La Società Europea di Cardiologia, nell’annuale congresso tenuto recentemente a Monaco di Baviera, ha definitivamente spazzato via ogni dubbio dichiarando, per bocca del senior author dello studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) presentato all’assise che ha riguardato 218.000 pazienti provenienti da 50 Paesi diversi, che “i risultati ottenuti mostrano che latticini e carne sono benèfici per la salute del cuore e per la longevità, al contrario di quanto sostenuto oggi dai consigli dietetici”. Alle stesse conclusioni era pervenuto un precedente studio PURE relativo a 18 Paesi pubblicato lo scorso novembre su The Lancet (Dehghan et al., The Lancet, 390: 2050-62), il quale aveva messo sotto accusa l’elevato consumo di carboidrati quale fattore più rilevante nelle cause di mortalità per malattie cardiovascolari non solo nei Paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo.

Come mai medici e nutrizionisti abbiano preso un abbaglio del genere per decenni è presto detto. Nel 1953 un medico statunitense, Ancel Keys, visitò l’Italia meridionale e, constatando le migliori condizioni cardiache dei nostri connazionali di allora, tornò negli Stati Uniti con la convinzione che ciò fosse addebitabile al minor consumo di grassi saturi da formaggio e carne. Pubblicò nel 1953 uno studio (J. Mount. Sinai Hosp. 20, 118–139) in cui verificò una relazione positiva in sei Paesi fra mortalità per infarto cardiovascolare e consumo di grassi saturi da prodotti animali, con i Paesi mediterranei nell’area delle migliori condizioni, coniando così il concetto di “Dieta mediterranea”. I dati pubblicati, subito contestati da altri ricercatori (Yerushalmy e Hilleboe N Y State J Med. 1957, 57(14):2343-54), erano però incompleti: se Keys avesse utilizzato tutte le informazioni allora disponibili relative a 22 Paesi non avrebbe trovato alcuna correlazione. Il parto della cosiddetta “Dieta mediterranea” è perciò viziato da inaccuratezza scientifica; inoltre, se avesse valutato il consumo di proteine animali invece che grassi della stessa origine, avrebbe tratto le medesime conclusioni (non si capisce, perciò, perché abbia considerato solo i grassi!).

Da allora, per oltre 70 anni, la relazione fra grassi animali e malattie cardiache è diventata il mantra cui si sono attenuti strettamente medici e dietologi, sotto l’egida delle raccomandazioni nutrizionali di comitati nazionali. Gli alimenti di origine animale furono successivamente anche accusati di provocare sindrome metabolica, obesità, ipertensione e cancro. Tuttavia, recenti studi (Lee et al., British J. Nutrition, 2018, 373-84) che scandagliano la letteratura disponibile, dimostrano che il consumo di latte e latticini è associato a un minor rischio di contrarre la sindrome metabolica e i suoi componenti, mentre già dal 2010 Adele e colleghi (Nutrition, 26: 915-24) avevano inoppugnabilmente dimostrato che l’aumento del consumo dei carboidrati e la riduzione di quello di grassi (prevalentemente di origine animale) dei cittadini statunitensi, in risposta alle linee guida nazionali che propugnavano il consumo di alimenti low o no-fat, erano la causa delle dilagante epidemia di obesità che da metà degli anni ’90 sta devastando il Paese e che è diventata il principale effetto di malnutrizione a livello planetario.

Questa evoluzione delle evidenze sperimentali fra dieta e salute nell’uomo è stata recentemente analizzata da Mente e Yusuf (The Lancet, 3, settembre 2018, e408-9) i quali hanno suggerito una maggiore attenzione nell’interpretazione dei dati sperimentali, soprattutto nelle metanalisi, e concluso con la raccomandazione per il consumo di una dieta equilibrata in cui i carboidrati (di ogni origine) rappresentino il 50% delle calorie ingerite giornalmente.

L’attacco ai prodotti di origine animale, carni bovine in particolare, non passa mai sotto silenzio, al contrario di quanto avvenuto per un recente articolo pubblicato on line il 23 agosto sempre su The Lancet da un gruppo di oltre 600 autori (The GBD Alcohol Collaborators) il quale sancisce che “il consumo di alcool è il principale fattore di rischio di contrazione di malattie globali che causano sostanziali perdite sul piano sanitario. Tutte le cause di mortalità, specialmente il cancro, incrementano con l’aumento dei consumi di alcool e non esistono livelli di consumo che minimizzino il rischio”: in poche parole, se prendessimo per assunto il rischio relativo derivante dall’unico danno rimasto in piedi dopo decenni di denigrazione (il rischio di contrarre il cancro al colon-retto), saremmo tentati di dire che mangiando una bistecca e bevendo un bicchiere di vino, il maggiore rischio deriva dal secondo piuttosto che dalla prima!

Concludendo, disarticoliamo la piramide della cosiddetta “Dieta mediterranea”, consumiamo tranquillamente (e responsabilmente) prodotti e grassi animali e pesce, con frutta, molta verdura e legumi; limitiamo, invece, il consumo di cereali e abbattiamo quello di dolci e zuccheri e di alcool. A pensarci bene è la dieta dei centenari sardi studiata da decenni da Luca Deiana.

 

Foto: Pixabay

Giuseppe Pulina