L’Annuario dell’Agricoltura italiana di Crea conferma ancora una volta la centralità del settore agro-alimentare-zootecnico in Italia. L’intero sistema, articolato nelle sue componenti (agricoltura, agroindustria, commercio, ristorazione) rappresenta infatti il 15% del Pil nazionale (dati riferiti al 2019). Forte di questa posizione, il sistema ha retto di fronte alla pandemia pur affrontando diverse difficoltà. Il valore alla produzione supera i 57 miliardi di euro, in linea con il dato dell’anno precedente. È la prima agricoltura d’Europa in termini di valore aggiunto. Di questo il 29% deriva dagli allevamenti, più del 50% dalle coltivazioni, la restante parte dalle attività di supporto e da quelle secondarie, sempre più rilevanti.
+12% in dieci anni per industria alimentare
Il valore della produzione agricola del 2019 a prezzi correnti ha raggiunto i 57,3 miliardi di euro, stabile rispetto al 2018. È l’effetto di un aumento dei prezzi impliciti (+1%) e di un calo della quantità prodotta (-0,8%). Le produzioni agricole hanno fatto registrare un leggero calo del proprio valore alla produzione (-0,7%) nonostante l’aumento dei prezzi, per via di un calo delle quantità prodotte (-1,8%). Tra le diverse coltivazioni, le foraggere hanno visto un netto calo sul 2018, molto vicino al 5%. Dal punto di vista strutturale sono oltre 1,5 milioni le aziende agricole, più di una su cinque intrattiene rapporti stabili di mercato. L’industria alimentare è reduce da un decennio di forte crescita: il suo valore è aumentato di oltre il 12%, più del doppio rispetto a quello manifatturiero.
Crea, pur confermando il ruolo del sostegno pubblico al settore agricolo, pari a circa 11,9 miliardi nel 2019, ha però tracciato un calo rispetto al passato: dal 2015 questo è sceso di oltre 1,3 miliardi, pari al 10%, quasi del tutto derivante da minori risorse statali.
Positivo l’andamento di avicoltura e industria casearia
Il 29% del valore della produzione del settore primario è dovuto agli allevamenti zootecnici. Un dato in crescita dall’anno precedente grazie a un significativo aumento dei prezzi (+1,1%), che compensa il lieve calo della produzione (-0,2%). Hanno segnato una performance positiva i prodotti alimentari, con un aumento del valore della produzione dello 0,9%. Tra questi solo la carne ha mostrato un calo del valore alla produzione (-0,9%) riconducibile alla discesa dei prezzi (-0,8%) mentre la quantità prodotta è rimasta stabile. La carne bovina ha mostrato segni di debolezza tra cali dei capi macellati e dei consumi. Non rosea anche la situazione per il comparto suinicolo, con consumi interni deboli ed export stagnante. Di diverso tenore il 2019 per l’avicoltura, con un aumento dello 0,8% della produzione rispetto al 2018. Pollo e tacchino si sono confermati il prodotto carneo più consumato dalle famiglie. Stabile il consumo di uova, a fronte però di un aumento di unità produttive.
Invariato il volume delle consegne di latte bovino in Italia (circa 12,1 milioni di tonnellate) mentre il comparto industriale lattiero-caseario ha visto crescere il suo fatturato (+1,7%). Se la produzione di latte alimentare è scesa del -5,2%, a fronte di un consolidato calo dei consumi, i formaggi hanno invece vissuto un’annata positiva con la produzione a 1,33 milioni di tonnellate (+1,5%). Di questa circa il 42% è costituita da prodotti a denominazione. Ma nel 2019 tutta la produzione di qualità certificata si è confermata la più dinamica. Il suo valore aggiunto, tra cibo e bevande, principalmente vino, ha raggiunto i 17 miliardi di euro, circa il 19% del totale della produzione agroalimentare italiana.
Con il Covid brusco calo consumi fuori casa
Il restante 8% del valore della produzione è correlato alle attività secondarie e di supporto all’agricoltura. L’agriturismo è in crescita, con il +3,3% in valore e anche il contoterzismo, +1,7% in valore. Questo segmento si è rivelato molto dinamico sul fronte dell’innovazione tecnologica, del ricorso alle pratiche dell’agricoltura 4.0, della riduzione del digital divide.
Come tutto il settore turistico, anche quello degli agriturismi ha subito le conseguenze della pandemia. L’emergenza Covid-19 ha poi pesato in maniera diversa tra i diversi segmenti produttivi dell’agroalimentare italiano. Se ad esempio è stato più contenuto il suo impatto sull’ortofrutta e meno di quanto atteso sul settore vinicolo, hanno sofferto di più le attività legate alla ristorazione e a tutto il canale Horeca, basti pensare alla zootecnia. Le attività zootecniche – ricorda Crea – sono state penalizzate in particolare dai rallentamenti nelle macellazioni. L’effetto sui consumi è stato invece stimato a 116 miliardi di euro. Con la pandemia sono emersi, poi, nuovi modelli di acquisto, come l’e-commerce (da +80% a +160% su base annua) e il food-delivery, ma anche diverse abitudini alimentari, con più frutta e verdura, legumi, carne rossa, dolciumi consumati e meno pesce, pasta e riso integrali.
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