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Tanti minerali e proteine, pochi grassi e colesterolo: i vantaggi della carne suina

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La carne di maiale è ricca di minerali, proteine e vitamina E e contiene livelli moderati di grassi e colesterolo. Pertanto, può essere consumata all’interno di un regime alimentare sano. Lo sostengono gli esperti intervenuti all’incontro organizzato il 14 novembre a Bologna dall’Accademia Nazionale di Agricoltura e dall’Accademia Italiana della Cucina – Delegazione di Bologna dei Bentivoglio, nell’ambito del ciclo di conferenze dedicato alle eccellenze dell’agroalimentare italiano: “I Mercoledì dell’Archiginnasio”.

Durante l’evento sono state fornite informazioni sul comparto suino italiano, che mette al primo posto il rispetto del benessere degli animali. “In Italia, oltre alle razze moderne di origine americana o europea come Large White, Lan-drace e Duroc, sono sopravvissute razze locali autoctone tipiche del nostro territorio, dotate di preziose peculiarità, che spesso concorrono a determinare l’elevato livello qualitativo di prodotti alimentari DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta), che per il comparto suino sono particolarmente numerosi – ha spiegato Rosanna Scipioni, ordinario di Zootecnia Speciale presso l’Università di Modena e Reggio Emilia -. Infatti su 297 DOP e IGP, numero aggiornato al 29 ottobre di quest’anno (più due STG, Specialità Tradizionali Garantite), ben 41 sono ottenuti da carni suine. Spiccano tra essi diversi prosciutti (Parma e San Daniele in primis), e va precisato che il prosciutto rappresenta circa i 2/3 del prezzo di mercato dell’intero suino”.

“L’allevamento suino, che soffre spesso di distorsioni mediatiche, è in realtà tutelato dalla più completa forma di rispetto del benessere animale, in quanto ogni fase di allevamento e ogni categoria produttiva, dalla nascita, all’ingrasso, alla maternità, sono oggetto di specifiche norme di legge – ha sottolineato la professoressa Scipioni -. Oltre a questo, sono sempre più diffuse tecnologie di allevamento alternative all’allevamento intensivo, spesso adottate proprio per le razze autoctone, quali Cinta Senese, Nero Calabrese, Nero Casertano, Nero dei Nebrodi, Mora Romagnola e Nero di Parma. Tra i valori del maiale, dalla duttilità, alla biodiversità, fino alla cura del benessere, anche livelli di somiglianza con l’uomo, che hanno portato all’importante ruolo nei trapianti di fe-gato o delle isole pancreatiche del Langerhans”.

L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per evidenziare i numerosi vantaggi del consumo della carne di maiale. “La Dieta Mediterranea, patrimonio immateriale dell’umanità dell’UNESCO, prevede, in accordo alla Piramide Alimentare, il consumo settimanale (2 porzioni da circa 100g) di carni bianche. La carne di maiale viene considerata carne bianca e, in particolare, Carrè o Arista, Lombo o Lonza sono da inquadrare tra le carni fresche e magre di maiale – ha precisato Silvana Hrelia, ordinario di Biochimica presso l’Università di Bologna -. Confrontata con la carne bovina, la carne di maiale ha un minore apporto calorico, un analogo apporto proteico, un minore apporto di lipidi, soprattutto di lipidi saturi, un apporto di sodio 5 volte inferiore e un analogo, se non inferiore, apporto di colesterolo. La qualità delle proteine della carne di maiale è particolarmente elevata e comparabile a quella della carne bovina, ma con un contenuto addirittura superiore di aminoacidi ramificati, fondamentali per il mantenimento della massa muscolare e la prevenzione della sarcopenia nell’anziano”.

Durante l’evento è stata sottolineata, inoltre, la necessità di smentire l’opinione diffusa secondo cui la carne suina sarebbe poco salutare. “La carne di maiale non è la più grassa né la più ricca di colesterolo – ha proseguito la professoressa Hrelia -. È possibile dunque smentire una volta per tutte che le carni di maiale siano le ‘meno salutari’, visto che da venti anni a questa parte la loro qualità e valore nutritivo sono decisamente migliorati. La selezione delle razze e la migliorata alimentazione hanno oggi permesso di ottenere carni con equilibrato rapporto di acidi grassi saturi (1/3), monoinsaturi (1/3), polinsaturi (1/3) e con aumentati livelli di Vitamina E. La carne di maiale contiene anche significativi livelli di acido linoleico coniugato di cui è stata dimostrata una azione di supporto nei regimi alimentari ipocalorici e nella prevenzione dell’obesità. La carne di maiale è un’importante fonte di Ferro-Eme ad elevata biodisponibilità, è una importante fonte di Zinco ad elevata biodisponibilità, soprattutto, sotto forma di carne lavorata”.

“Il consumo di 100g di carne magra di maiale assicura la copertura di più del 10% delle RDA e 100g di coppa di più del 40% – ha proseguito l’esperta -. Il consumo di 100g di carne magra di maiale copre più del 10% del fabbisogno di Vitamina B12. Il consumo di carne di maiale lavorata (coppa, prosciutto, salame) copre oltre l’80% del fabbisogno, è inoltre la carne in assoluto più ricca di vitamina B1. La carne di maiale è inoltre ricca di componenti bioattivi quali: Carnosina-dipeptide ad azione antiossidante, CoenzimaQ10-antiossidante lipofilo, Creatina-tripeptide ad azione energeti-ca nei muscoli, Taurina-antiossidante ed ergogenico. Oltre alle Molecole Bioattive, nella carne di maiale sono presenti “peptidi”derivati dalle proteine durante il processo di dige-stione gastrica e intestinale. Nel valutare la qualità proteica della carne, oltre a considerare la composizione in aminoacidi, è importante considerare anche la possible produzione di Peptidi Bioattivi (da 2 a 20AA) ad azione “nutraceutica” in quanto in grado di regolare im-portanti funzioni fisiologiche e di contrastare la sindrome metabolica. In particolare i peptidi bioattivi derivati dalla digestione delle proteine della carne di maiale esercitano un’azione ‘ace inibitrice’, contribuendo a diminuire i valori della pressione sistolica”.

Infine, è stato sottolineato il ruolo che la carne suina ha ricoperto nella storia alimentare italiana. “Il maiale ha rappresentato da sempre una fonte inesauribile di risorse alimentari per tante famiglie nell’economia contadina, mentre ha rappresentato un simbolo di opulenza nei ceti più abbienti e nelle mense più blasonate – ha concluso Giorgio Palmeri, delegato dell’Accademia Italiana della Cucina – Delegazione Bologna dei Bentivoglio -. La sua presenza, anche nelle celebrazioni più popolari cittadine, ha sottolineato l’apprezzamento di questo animale a cui Bologna ha attribuito un valore singolare in quella che è rimasta per cinque secoli la festa più popolare: la festa della porchetta ed il palio di San Bartolomeo Numerose sono state le trattazioni sull’uso e le modalità di utilizzo delle carni, come i celebri insaccati, in compendi che hanno caratterizzato la letteratura del ‘500 e del ‘600, e che rimangono tuttora testimoni fedeli di una tradizione norcina che affonda le sue originarie radici nelle abitudini delle popolazioni celtiche del Galli Boi e forse Etrusche”.

Foto: © caspernhdk – Fotolia

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