I progressi compiuti nella lotta all’afta epizootica sono stati al centro dell’Open Session della Commissione europea per il controllo dell’Afta epizootica (European Commission for the control of Foot-and-Mouth Disease – EuFMD) che si è tenuta dal 29 al 31 ottobre 2018 a Borgo Egnazia, in Puglia. L’evento, organizzato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao) con il supporto tecnico e logistico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, ha richiamato oltre 250 scienziati provenienti da tutto il mondo.
Nel corso della sessione, sono stati illustrati i passi avanti compiuti dalla ricerca nella lotta alla malattia. Inoltre, è stato richiesto al mondo scientifico e politico di garantire l’accesso a vaccini di qualità nei Paesi dove l’afta epizootica non è ancora stata debellata. La misura si rende necessaria perché la malattia, specifica degli animali ungulati, è infettiva e altamente contagiosa, per cui potrebbe mettere in ginocchio l’economia e il sostentamento della popolazione nei Paesi in via di sviluppo.
Silvio Borrello, Capo dei Servizi veterinari italiani, durante l’apertura dei lavori ha ricordato che l’Italia è da sempre impegnata su questo fronte, non solo per la posizione geografica che occupa nel Mediterraneo, ma “soprattutto in virtù dell’eccellenza della rete dei suoi Istituti Zooprofilattici Sperimentali”. Ha poi aggiunto che l’operato del Belpaese è mosso da un principio di forte solidarietà, che negli anni si è espresso attraverso la capacità di mettere a punto programmi integrati per la lotta all’Afta epizootica, senza ignorare le altre malattie più importanti.
Nel corso dell’evento è stato anche presentato il progetto: “L’afta epizootica e le malattie vescicolari del suino” elaborato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana e dal Centro di referenza Nazionale e Fao collaboration centre dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lombardia ed Emilia Romagna. Il programma punta a fornire assistenza e supporto alle attività di monitoraggio in molti Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, contribuendo così a ridurre il rischio d’introdurre la malattia in Europa.
Foto: Pixabay
red.