Nel 2016 l’Onu l’ha definita una grave minaccia per la salute pubblica, per l’economia globale e per tutta la società. È la resistenza agli antibiotici, un fenomeno su cui ha lanciato un nuovo allarme l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico. Senza una forte reazione, le infezioni dovute a batteri resistenti agli antibiotici causeranno Paesi ben 2,4 milioni di decessi tra Europa, Stati Uniti e Australia tra il 2015 e il 2050. E l’Italia sarà il Paese europeo a pagare il prezzo maggiore: circa 450 mila di decessi dal 2015 al 2050 dopo gli Stati Uniti con un tasso di mortalità di 18,17 (ogni 100 mila persone).
Gli sforzi della comunità internazionale, il cui investimento è stato stimato in soli 2 dollari a persona all’anno, riguardano l’adozione di pratiche igieniche come il lavaggio delle mani, la prescrizione di antibiotici solo in caso di necessità, la definizione di campagne di comunicazione per la prevenzione dei rischi associati all’uso scriteriato di antibiotici. Con queste misure si potrebbero evitare tre decessi su quattro.
L’uso inappropriato di antibiotici è stato il principale fattore che ha alimentato il fenomeno della resistenza agli antibiotici in ambito umano e animale.
I tre Paesi con il numero maggiore di decessi stimati (2015-2050) per infezioni causate da batteri resistenti:
Stati Uniti: 1.064.087
Italia: 456.486
Francia: 238.004
Tasso di mortalità stimato (ogni 100 mila individui) per infezioni resistenti (2015-2050):
Italia: 18,17
Stati Uniti: 8,98
Francia: 8,61
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