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Le polpe depectinizzate di agrumi: risorsa alimentare o sottoprodotto da eliminare?

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L’industria agrumaria assume una grande importanza nelle aree Mediterranee ed in particolare in Italia, uno dei principali Paesi produttori di agrumi. A tal proposito, le industrie italiane agrumarie annualmente producono enormi quantità (circa 500.000 tonnellate) di scarti della lavorazione industriale del succo di agrumi, e di conseguenza, grandi quantità di sottoprodotti da eliminare. In questo contesto, le rigide norme che regolano lo smaltimento dei sottoprodotti dell’industria agrumaria, i relativi costi e la necessità dell’industria di ottimizzare le risorse, hanno fatto puntare l’attenzione sulle diverse applicazioni che questi sottoprodotti possono trovare, in considerazione delle loro caratteristiche composizionali, nel campo della alimentazione animale o per il recupero di componenti preziose come le pectine.

Classificazione dei sottoprodotti dell’industria agrumaria
I residui dell’industria dei derivati agrumari non sono sempre chiaramente classificabili provenendo da lavorazioni diverse. Di norma, vengono indicati col nome generico e improprio di polpe di agrumi. In una classificazione generale rientrano, comunque, tra le “Materie prime ad alto tenore in fibra” (Cevolani, 2005). Con il termine polpe di agrumi si intende il residuo della lavorazione della polpa di limone e di arancia dopo l’estrazione del succo e dell’essenza, che può contenere la polpa con o senza semi e parti di buccia. In relazione alla zona di produzione e di utilizzo, possono essere impiegate per tutti gli animali in produzione zootecnica, allo stato fresco o dopo conservazione in silo o dopo essiccamento con destinazione in mangimistica. Le polpe secche rappresentano uno dei più importanti sottoprodotti della lavorazione industriale degli agrumi; essa è destinata ad assumere in Italia una diffusione ben superiore a quella attuale che è limitata all’utilizzo delle polpe fresche solo nelle zone di produzione per i problemi di trasporto e di stoccaggio correlati all’elevata percentuale di umidità.
Le polpe di agrumi costituiscono la materia prima per la produzione di pectine, il cui potere gelatinizzante viene utilizzato nella fabbricazione delle marmellate e gelatine. Le pectine, un complesso di acidi poligalatturonici con diverso grado di esterificazione, sono ampiamente studiate per la loro importanza nel metabolismo delle piante e per la loro vasta applicazione nell’industria alimentare e farmaceutica (Cutuli et al., 1985). Il processo di estrazione delle pectine dalle polpe di agrumi segue il seguente schema: le polpe vengono sottoposte ad agitazione e portate ad ebollizione per 30-45 minuti in una soluzione acida (pH 2,6-2,8). Durante la cottura la proto-pectina insolubile si idrolizza a pectina solubile. Per separare le pectine dal materiale cellulosico contenuto nelle polpe, si esegue quindi una rapida filtrazione con filtri rotativi da cui si ottiene una soluzione di pectine che viene concentrata in evaporatori nel vuoto a doppio effetto. Le pectine precipitano con alcol o con uno ione metallico polivalente in genere sotto forma di sale solfato o cloruro quindi vengono essiccate in speciali forni ventilati e polverizzate mediante un mulino a martelli. Il residuo di tale estrazione è rappresentato dalle “polpe di agrumi depectinizzate”.

I sottoprodotti dell’industria agrumaria: una risorsa in alimentazione animale
I sottoprodotti dell’industria agrumaria per il loro elevato valore nutritivo, correlato al contenuto in carboidrati altamente fermentescibili e in composti bioattivi (acido ascorbico e flavonoidi) (Marin et al., 2002), rappresentano una risorsa strategica in alimentazione animale e possono costituire un alimento economicamente vantaggioso, soprattutto, se la loro utilizzazione avviene vicino agli impianti di trasformazione. Diversi studi hanno approfondito gli effetti dell’utilizzo di questi sottoprodotti nell’allevamento di ovini da latte (Chiofalo et al., 2004) e nella produzione di agnelli (Caparra et al., 2002) nonché nell’allevamento degli avicoli (Antongiovanni et al., 2005). Specificatamente, le prove condotte su galline ovaiole hanno dimostrato che le polpe essiccate di arance possono essere utilizzate in ragione del 10-20%, mentre a livelli più elevati corrisponde una riduzione del consumo alimentare e del tasso di deposizione. Nei broilers, l’impiego delle polpe essiccate è solo possibile a livelli bassi del 5-10%, perché elevando le dosi insorge facilmente un’azione antiauxinica (Cutuli et al., 1985). Per quanto riguarda le vacche da latte, è stato osservato (Cevolani, 2005) che razioni con quantitativi anche elevati di polpe essiccate non deprimono la produzione di latte, non influiscono negativamente sull’appetibilità e sulla tollerabilità da parte delle bovine, né interferiscono se non favorevolmente sul sapore del latte. Nell’alimentazione del suino, è stato dimostrato (Cevolani, 2004) che l’utilizzo di questo sottoprodotto è particolarmente indicato nelle scrofe gestanti e allattanti, grazie alla favorevole azione antistiptica. Inoltre l’elevato valore in vitamina C fa ritenere che le polpe abbiano anche un’azione antistress. Le ricerche riguardanti l’utilizzo delle polpe di agrumi in bovini da carne (Bampidis e Robinson, 2006; Lo Presti et al., 2009) hanno evidenziato un miglioramento delle caratteristiche nutrizionali e reologiche della carne.

Obiettivo della ricerca
Obiettivo della prova è stato quello della caratterizzazione nutrizionale delle polpe depectinizzate di limone uscenti dal processo di lavorazione di FMC Italy Srl e campionate in allevamento, al fine di realizzare una piattaforma di filiera con sistema di rintracciabilità di prodotto.

La prova sperimentale
La ricerca è stata condotta nel periodo tra aprile e settembre 2012. In questo arco di tempo la società produttrice FMC Italy Srl nell’ambito di un contratto di ricerca, commissionato al Consorzio di Ricerca Filiera Carni Sicilia, ha fornito, mensilmente, all’azienda zootecnica “Eredi Italia Santo” 16 tonnellate di polpe depectinizzate di limone che venivano scaricate nella trincea appositamente predisposta (Figura 1). La quantità di polpe veniva stabilita in funzione del consumo stimato sui bovini da carne ad integrazione della razione alimentare giornaliera appositamente formulata. Durante la prova sono stati effettuati, 6 differenti carichi/scarichi e dopo ogni scarico, quindi mensilmente, si procedeva al prelievo in punti differenti della trincea, al fine di avere campioni rappresentativi del prodotto scaricato, di 6 aliquote di polpe depectinizzate di limone, così come di seguito descritto: 2 prelievi da differenti punti della superficie della massa; 2 prelievi da differenti punti a cuore della massa e 2 prelievi random, 1 in superficie ed 1 a cuore che venivano miscelati insieme ai fini delle determinazioni analitiche. Complessivamente, sono state prelevate e analizzate 36 aliquote di polpe depectinizzate di limone (6 aliquote x 6 scarichi). Su tutte le aliquote è stato misurato il pH mediante pH-metro (WTW 330/SET 1) dotato di elettrodo ad infissione (Hamilton Double pore). Si è proceduto, inoltre, per la valutazione nutrizionale, alla determinazione di: Umidità (UM), Proteine grezze (PG), Lipidi grezzi (LG), Fibra grezza (FG) e Ceneri grezze (CN) mediante i metodi ufficiali di analisi A.O.A.C. (2005) e, per meglio definire il prodotto, morfologicamente dissimile dalle “polpe” convenzionali, sono state determinate analiticamente le frazioni fibrose (Van Soest et al., 1991): Fibra Neutro Detersa – NDF, Fibra Acido Detersa – ADF, Lignina Acido Detersa – ADL. I carboidrati non fibrosi – NFC sono stati calcolati per differenza: NFC = (100 – % NDF + % PG + % LG + % Ceneri).
I dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi statistica (ANOVA, SAS, 2001) prendendo in considerazione la variabile lotto di produzione (I, II, III, IV, V, VI).

I risultati
La tabella 1 riporta, i valori medi e il livello di significatività (P) del pH e del profilo nutrizionale dei campionamenti effettuati mensilmente direttamente nell’azienda zootecnica nel periodo compreso tra aprile e settembre 2012, per un totale di 6 lotti. La figura 2 mostra l’andamento nel corso della prova del profilo nutrizionale di tutti i parametri indagati. Come si evince dalla tabella e dal grafico riferibili ai differenti parametri analizzati, il pH si è dimostrato più basso di quanto riportato in letteratura (Giger-Reverdin et al., 2002; Migwi et al., 2001). Il pH rilevato in questa sperimentazione attesta una migliore conservabilità del prodotto ed è probabilmente dovuto all’attacco acido subito dalle polpe di agrumi durante il processo di estrazione delle pectine. L’andamento degli altri parametri ha messo in evidenza che, dal punto di vista composizionale, il prodotto è alquanto variabile e che, quindi, deve essere sottoposto a stabilizzazione, per una migliore gestione da parte degli operatori zootecnici, in fase di conservazione e di utilizzo in alimentazione animale. I diversi campionamenti effettuati nel periodo aprile – settembre 2012, sono stati utili all’individuazione di quelli che possono essere considerati i “parametri di riferimento” delle polpe depectinizzate di limone cioè per l’individuazione delle caratteristiche composizionali qualitativamente migliori ai fini dell’utilizzo di questo prodotto in alimentazione animale. A tal proposito, i valori corrispondenti al III lotto di produzione, rappresentano quelli identificati come ipotesi di prodotto. Infatti, il campionamento effettuato nel mese di giugno (III lotto), ha evidenziato i più alti (P<0,01) contenuti sia proteici che lipidici oltre che i più bassi (P<0,01) livelli di fibra grezza e frazioni fibrose (NDF e ADF) rispetto a tutti gli altri lotti. Nel complesso, comunque, le percentuali proteiche e lipidiche, sono apparse ben più alte di quanto riscontrato dalla letteratura di settore (Fonseca et al., 2001; Schalch et al., 2001; Bueno et al., 2002; Hall, 2003).

Considerazioni conclusive
La caratterizzazione a fini nutrizionali delle polpe depectinizzate di limone, ha tenuto conto di molteplici fattori. Tra questi appaiono di rilevante importanza quelli riferiti dall’azienda utilizzatrice circa: l’ottimizzazione dei costi di gestione aziendale, le quantità necessarie per soddisfare le esigenze degli animali, la presentazione fisica delle polpe depectinizzate che, essendo più uniforme di quella delle polpe convenzionali, non ha consentito agli animali di effettuare scarti e selezioni, agevolando l’azienda nell’ottimizzazione delle razioni, l’elevata appetibilità manifestata dagli animali per il prodotto e la gestibilità di questo in situ. Dai risultati ottenuti si evince la necessità di abbassare il tenore in umidità delle polpe, sia per utilizzare al meglio le trincee, senza “scivolamenti” del prodotto e imbrattamento delle pale meccaniche, evitando, quindi, inutile dispendio di tempo, sia per una maggiore stabilizzazione e standardizzazione del prodotto necessaria per far entrare le polpe depectinizzate in razioni che possano rispondere ai fabbisogni degli animali in produzione zootecnica. La messa a punto di un percorso di filiera da FMC Italy Srl alle aziende ha rappresentato un valore aggiunto per l’organizzazione e la disponibilità, in questo caso annuale, dello stesso prodotto.

Foto: © sripfoto – Fotolia

Biagina Chiofalo