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Perché consumiamo i prodotti degli animali?

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carne avicola

Seguo con una certa preoccupazione il dibattito (unilaterale) che si sta sviluppando sulla stampa nazionale relativamente al problema del consumo di prodotti di origine animale. Nel rispetto profondo delle opinioni dei vegetariani-vegani (molte delle quali da me condivise), cerco di formulare un parere, su basi scientifiche, che cerchi di contribuire alla dimostrazione dell’utilità dell’allevamento degli animali ai fini del consumo dei loro prodotti, ma non solo.

Il consumo di proteine di origine animale è quasi sicuramente la base del nostro essere uomini, rappresenta una scelta obbligata per vasti strati della popolazione umana (di solito residenti in territori difficili sotto l’aspetto ambientale), costituisce una chiave di successo evolutivo di alcune specie nostre partner e contribuisce al mantenimento del l’equilibrio di ecosistemi particolarmente fragili e del paesaggio rurale.

  1. In vaste aree del pianeta l’unica pratica agricola è l’allevamento. Popolazioni quali gli Hinuit, i Masai, i Lapponi, gli Indios andini e gli indigeni Himalayani, sopravvivono ad un ambiente totalmente ostile grazie all’interfaccia degli animali, di solito erbivori ruminanti, che riescono a ricavare nutrimenti da nicchie alimentari assolutamente non utili per l’uomo. Questi popoli ricavano più del 90% del loro fabbisogno giornaliero di energia dai prodotti animali, senza mostrare il minimo segno delle malattie che affliggono noi occidentali. E’ stata la “modernizzazione” forzata della loro dieta, viceversa, che li ha portati a scompensi metabolici gravi e nei casi estremi (si pensi all’alcool, prodotto “vegetale”) alla totale disgregazione e alla perdita delle culture tradizionali.
  2. I sistemi di allevamento industrializzati mettono a dura prova il benessere degli animali. Questo è vero soltanto nei casi di allevatori poco scrupolosi, ma è anche una vecchia storia che riguarda il lavoro umano. Il progresso verso sistemi di allevamento, seppure intensivi, più attenti al il rispetto del benessere animale sono al centro delle politiche zootecniche dell’Unione Europea. I ricercatori nelle scienze animali hanno accumulato una grande mole di dati sperimentali in grado di guidare efficacemente gli allevatori verso l’adozione di forme in cui il dolore degli animali sia totalmente bandito e il loro benessere sia salvaguardato in qualsiasi condizione di allevamento. Senza cadere in un ragionamento “marginale”, si può tuttavia affermare che il movimento per il benessere degli animali dovrebbe viaggiare nella coscienza collettiva a pari passo con quelli che richiedono comportamenti altrettanto etici per gli uomini impegnati in attività lavorative, soprattutto quando tali problemi non si producono esattamente sotto l’uscio di casa.

L’intensificazione dei processi di produzione zootecnica è cosa diversa dall’industrializzazione dell’allevamento animale. Possiamo e dobbiamo produrre di più e meglio per unità allevata, ottenere un prodotto esente da inquinamenti o da sostanze potenzialmente nocive per la nostra salute e dotato di caratteristiche organolettiche e nutrizionali di eccellenza, salvaguardare il benessere degli animali con interventi decisi e fortemente punitivi nei confronti di coloro che infrangono le norme e l’etica dell’allevatore. Dobbiamo infine sacrificare gli animali con profondo rispetto, sulla base di quanto le nostre culture ci tramandano e che ci hanno reso e rendono ciò che siamo.

*Il termine ominidi è stato recentemente soppiantato da quello di ominini che racchiude le specie affini all’homo, ma che hanno rappresentato rami evolutivi laterali ed estinti (ad es., Parantropus boisei).

 Foto: Pixabay

Giuseppe Pulina – professore ordinario di Zootecnica Speciale presso l’Università di Sassari e vicepresidente dell’Associazione Italiana per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA)