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Produzioni sostenibili ed esigenze alimentari

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Estratto dall’enciclopedia Treccani il termine “sostenibilità”è così riassunto: “Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

Il concetto di sostenibilità viene pertanto collegato alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche, alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali a disposizione, e ai risvolti che ciò determina a livello sociale.

La possibilità di assicurare la soddisfazione dei bisogni essenziali comporta, pertanto, la realizzazione di uno sviluppo economico che abbia come finalità principale il rispetto dell’ambiente, ma allo stesso tempo anche l’adozione di processi produttivi e di stili di vita compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane e di crescere in termini demografici ed economici a ritmi compatibili con l’ecosistema.
Questo comporta cheper affrontare le sfide che abbiamo di fronte, dobbiamo cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo,creare più valoreusando meno input, diminuire i costi e ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente. In sostanza: occorre fare di più con meno.

Un concetto che declinato sul settore agroalimentare va ad incidere su una produzione strategica dalla quale dipende la possibilità di assicurare un’alimentazione sufficiente alle esigenze della popolazione. Agroalimentare che è anche un comparto chiave per l’economia italiana: dall’agricoltura – con particolare riguardo ai sistemi colturali, agli allevamenti -, alla trasformazione alimentare, fino alla valorizzazione delle produzioni tipiche/tradizionali.
Purtroppo passare dalla teoria alla pratica non è sempre facile e specie nel nostro Paese sono molti gli esempi di quanto alcuni modelli produttivi, ritenuti dall’opinione pubblica corretti, non sempre possono essere ritenuti tali e realmente rispondenti al criterio della sostenibilità, quanto piuttosto vengano generati dall’ignoranza e dalle mode del momento.

Pretendere, come da alcuni viene chiesto, di imporre un ritorno a modelli produttivi non rispondentialle esigenze contemporanee, o condannare sistemi di produzione avanzati che garantiscono – a parità di unita prodotta – un minore impiego di risorse,è un paradosso insensato ed autolesionistico, che va contro l’ambiente e contro gli interessi non solo degli operatori del settore agroalimentare – siano essi produttori primari o trasformatori – ma che danneggia l’intero sistema Paese e gli stessi consumatori finali che subiscono queste scelte.
Certo, occorrono regole chiare e occorre che queste vengano fatte rispettare, ma non è più giustificabile la condanna aprioristica dell’innovazioneche è invece fondamentaleper favorire lo sviluppo sostenibile delle produzioni, anche tradizionali, dell’agroalimentare italiano.

Innovazioni che consentono lo sviluppo di sistemi produttivi in grado gestire al meglio le risorse a disposizione e di risparmiare l’uso di acqua, superfici, concimi, antiparassitari, assicurando al contempo lo sviluppo varietale, maggiori rese produttive e una migliore qualità dei raccolti. Così come non può essere accettata la criminalizzazione generalizzata di sistemi di allevamentoevoluti e che rappresentano un modello diefficienza, che consentono di ottenere ottengonoprodotti alimentari di origine animale(carni, latte, uova, pesce e loro derivati) con un elevato livello di sicurezza ed indispensabili per una correttaalimentazione. Prodotti per i quali vi è una domanda in continua crescita a livello mondiale.
Il settore agroalimentare in generale e l’agricoltura in particolare, costituiscono un’interfaccia diretta tra l’ecosistema e la società, la cui valutazione non può essere fatta in termini di semplice analisi costi/benefici, o peggio ancora per assecondare scelte personali o mode del momento.

Già oggi la popolazione mondiale ha raggiunto i 7,3 miliardi di abitanti. Un numero destinato a salire ed infatti le Nazioni Unite stimano una popolazione di 9,7 miliardi entro il 2050 e di poco superiore agli 11 miliardi a fine secolo. Nonostante ciò, secondo il rapporto sullo sviluppo 2017 della Banca mondiale,già oggi l’11% della popolazione mondiale soffre di denutrizione.

In questo contesto, già oggi il nostro Paese dipende in misura molto elevata dalla importazioni per coprire il proprio fabbisogno alimentare di prodotti vegetali e animali. E non si può certo tacere che già oggi in Itala sono 1,6 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta,vale a direcirca5 milioni di individui e cioè poco meno del10% della popolazione del Paese.

Siamo di fronte a una sfida nella sfida eabbiamo il dovere morale e civile di sconfiggere la fame. Ma per fare questo si deve essere capaci di assecondare i bisogni alimentari attuali e delle generazioni future, favorendo lo sviluppo e incrementando ulteriormente la produzione agroalimentare in modo sostenibile.
In tutto questo, il mondo produttivo è chiamato a fare la sua parte ma non può essere lasciato solo.
Spetta alle istituzioni riacquistare autorevolezza e credibilità,abbandonando la politica degli slogan e dei pregiudizi, riattivando la leva della ricerca da cui attingere le tecnologie e le tecnichedi produzione più avanzate edindispensabili per migliorare la produzione ele prestazioni ambientali complessive dei prodotti durante il loro ciclo di vita.

Foto: © JPchret – Fotolia.com

Giulio Gavino Usai