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Etica e allevamento animale

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Se con etica si intende lo strumento atto a conformarsi a norme condivise perché “trascendenti” o semplicemente perché riconosciute norme di legge in seno a una comunità, diviene ovvio che si debba dapprima convenire sulle prime (cioè le norme) per poi applicarle. Nello specifico è dunque necessario inquadrare il rapporto “uomo-animale domestico” e i criteri atti a definire i rispettivi diritti-doveri. La prima norma “cogente” da considerare, che tutti dovrebbero accettare perché “non di parte”, è quella derivante dalle leggi non scritte della natura con i suoi cicli in sostanziale equilibrio: il mondo minerale “nutre” il mondo vegetale, di questo si nutrono gli animali erbivori che a loro volta divengono nutrimento per carnivori-onnivori (il tutto ritorna poi al mondo minerale chiudendo il ciclo). Circa i rapporti fra gli animali, da questa base possono originare situazioni molto diverse; ad esempio, sul piano della competizione, vi sono:

– i casi di erbivori cacciati dai carnivori (e onnivori fra cui l’Homo sapiens sapiens);
– i carnivori (entro e fra specie) che si combattono per mantenere i territori di caccia (lo stesso fa l’Homo);
– le lotte entro specie per conquistare e/o mantenere il dominio del gruppo/branco/famiglia (spesso con finalità riproduttiva).

In natura sono tuttavia presenti anche forme di simbiosi mutualistica, sia fra specie diverse (esempio le micorrize tra le radici delle piante e i funghi, in mare fra anemoni e taluni pesci, ecc.) e sia nell’ambito della stessa specie con forme di cooperazione fra individui diversi (ad esempio gli insetti sociali quali api e formiche, ma anche il caso della reciproca cooperazione per la sicurezza del branco negli animali superiori ecc.).

Facile quindi dedurre che in natura i rapporti sono per lo più di tipo utilitaristico, a volte con effetto diretto e immediato, ma assai spesso riferibili alla natura nel suo complesso (equilibrio a lungo termine) e di cui i singoli individui non hanno alcuna consapevolezza. In questo contesto, non può allora sorprendere quanto riportato da Wikipedia (modificato 18/11/2016): taluni reputano una simbiosi mutualistica anche quella fra uomo e animali domestici da lui selezionati e per questo incapaci di tornare allo stato brado; d’altro canto, se è vero che l’uomo ottiene benefici di vario tipo, anche gli animali ne ottengono (protezione da numerosi rischi: predatori, eccessi climatici, malattie, ecc., ma soprattutto regolare disponibilità di alimenti/bevande). Utile è dunque ricordare in che modo l’uomo è giunto a tale rapporto di reciprocità con gli animali; in particolare, da “erbivoro” è divenuto onnivoro nel corso di qualche milione di anni attraversando situazioni diverse sino a quella ben nota del Paleolitico: cacciatore-pescatore (dunque “uccisore” di altri animali) e al tempo stesso raccoglitore di frutti, semi e foglie. Sin qui nulla di diverso rispetto a quanto detto per la natura in generale; in questo percorso, vi è stato tuttavia un progressivo differenziarsi dagli altri esseri viventi: dapprima l’uso di “armi” o di altri strumenti, poi la preparazione del cibo (cottura), la “costruzione” di ripari per difendersi dalle intemperie (“vestiti” e “case”), il ricorso ad altri animali (addestrando ad esempio i lupi) per facilitare la caccia, ecc. Al culmine di tale processo, quando la popolazione umana ha trovato difficoltà a sopravvivere con le sole risorse naturali (benché si calcoli che sulla Terra vi fossero solo 10 milioni di persone), è giunto a modificare la natura con i propri mezzi – unico fra le specie terrestri – creando l’agricoltura (coltivazione e allevamento). Da notare che si è trattato di un processo evolutivo naturale, anche se ha portato l’uomo – pure a differenza degli altri esseri viventi – a un agire “consapevole” che gli ha permesso di svincolarsi progressivamente dagli equilibri naturali. Proprio questa consapevolezza ha ben presto posto l’uomo di fronte alla necessità di definire criteri atti a distinguere “il bene dal male” (giusto vs sbagliato) che, per quanto attiene agli animali allevati, dovrebbero partire da due punti fermi:

–        l’uomo allevatore è un “continuum” rispetto a quello di cacciatore-raccoglitore (almeno per la tipologia di cibi), semplicemente ha dovuto intervenire sulla natura per accrescere la disponibilità di cibo, lavoro, fibre tessili, difesa, compagnia ecc. (in circa 10.000 anni la popolazione umana è cresciuta da pochi milioni a quasi 8 miliardi);

–        quanto più l’uomo acquista capacità di incidere nel profondo delle regole naturali, per modificarle a proprio favore, tanto più deve precisare norme etiche volte a orientare le scelte fondamentali di ciascuno.

Questa lunga premessa per spiegare le ragioni che hanno mosso l’ASPA sul piano scientifico e l’ASSALZOO sul piano “attuativo”, a dar corpo al libro Etica e allevamento animale della FRANCOANGELI Editore; in esso:

–        vengono anzitutto poste le basi – in parte riportate in premessa –  atte a giustificare l’uso degli animali da parte dell’uomo; ciò a partire  dalla visione che ne hanno le principali religioni, ma anche il “mondo laico”. Se ne deduce che due sono le condizioni poste a tale utilizzo: la effettiva necessità per l’uomo e l’obbligo di minimizzare le sofferenze per gli animali, nonché l’impatto sull’ambiente (Cap. 1, 2, 7 e 9);

–        vengono illustrate le ragioni che giustificano il ricorso agli animali in quanto l’uomo abbisogna di cibo, di fibre tessili, di lavoro, di difesa, di compagnia, di test per la ricerca-sperimentazione, ecc. (Cap. 4, 5 e 6);

–        vengono approfondite le tematiche relative al modo con cui l’uomo deve approcciare l’animale al fine di rendere le sue condizioni di vita accettabili ( sostanziale benessere, non solo per quelli da reddito, ma anche per quelli da compagnia) e di contenere l’impatto sull’ambiente (Cap. 7, 8 e 9); 

–        vengono inoltre proposti i criteri di tipo educativo rivolti in particolare alla formazione di professionisti e ricercatori-scienziati che sappiano gestire tutti i suddetti aspetti su basi etiche condivise (Cap. 3 e 10).

Nel loro complesso, le argomentazioni sviluppate nei capitoli di questo libro – in parte di tipo scientifico, ma anche di tipo religioso-filosofico-etico – tendono a spiegare le motivazioni a favore di un utilizzo degli animali da parte dell’uomo, purché sia effettivamente corretto. Tali motivazioni sono da ricercare nei molti servigi da essi prestati, mentre per corretto utilizzo si intende vengano rispettate talune clausole: renderlo il minore possibile per non prevaricare inutilmente i loro diritti, soddisfare il massimo possibile delle loro esigenze di benessere perché non abbiano a pagare doppiamente il servizio all’uomo, minimizzare l’impatto ambientale per non “pesare” troppo sul sistema pianeta.

Foto: © branex – Fotolia.com

Giuseppe Bertoni