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Vacondio (Federalimentare): “Alta attenzione su logistica e organizzazione. Export rischia calo del 10-15%”

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Ivano Vacondio è presidente di Federalimentare, alla quale aderiscono le Associazioni nazionali di categoria dell’Industria alimentare in rappresentanza di circa 7 mila imprese. Un comparto che ha mantenuto i suoi impegni in questi difficili mesi.

Presidente, quali sono state le maggiori criticità avvertite dall’industria alimentare correlate alla gestione dell’emergenza sanitaria?

I nodi sono stati essenzialmente di natura logistica e organizzativa. Sul primo fronte abbiamo incontrato difficoltà lungo la filiera, sia sul fronte degli approvvigionamenti che delle consegne, nazionali e soprattutto internazionali. Alle frontiere abbiamo dovuto superare controlli e procedure di nuovo tipo che hanno appesantito i tempi e gli oneri di consegna. All’interno abbiamo provveduto a salvaguardare con ogni mezzo la salute dei nostri collaboratori, con distanziamenti, turni modificati, presidi specifici. È stata una scommessa difficile, anche perché è scattato contemporaneamente l’ ”effetto scorte”, col surriscaldamento della domanda da parte dei consumatori. Ma l’abbiamo vinta, nell’interesse del Paese. Sulle tavole degli italiani non è mancato niente.

Quali sono i timori per la fase post-emergenza? L’export del settore alimentare potrebbe subire contraccolpi?

Faccio un riferimento storico. Negli ultimi vent’anni le esportazioni dell’industria alimentare sono risultate in calo soltanto una volta, nel 2009, a seguito della crisi finanziaria del settembre 2008. Nello specifico, il contraccolpo di quella crisi generò cali dell’export sull’anno precedente del -4,9% per l’industria alimentare, del -6,4% per l’agroalimentare complessivo e del -21,4% per l’export totale del Paese.

Quest’anno i rimbalzi sull’export alimentare rischiano di essere almeno doppi, probabilmente tra il -10 e il -15%, se non peggio. Ad appesantire il settore in modo aggiuntivo, rispetto alla crisi di undici anni fa, non è solo la crisi di sviluppo dei mercati internazionali, è il blocco diffuso e specifico del canale Horeca (bar, caffè, ristorazione) che undici anni fa non c’era stato. Per i comparti più legati ad esso ha comportato, in alcuni Paesi, cadute dell’export fra il -50% e il -80%. Inoltre esso ha colpito proprio i segmenti di prodotto di posizionamento medio-alto, che caratterizzano questo canale e che contraddistinguono la “personalità” stessa del Made in Italy alimentare. 

Voglio ricordare infine l’enorme importanza raggiunta dai consumi alimentari “fuori casa” anche sul mercato interno. Essi hanno rappresentato l’unico segmento espansivo negli ultimi anni. Al punto da coprire una percentuale che, l’anno scorso, ha superato un terzo dei consumi alimentari complessivi del Paese, compensando in parte l’erosione dei consumi domestici.

Qual è, in conclusione, il suo giudizio sulla congiuntura alimentare 2020?

La diagnosi generale, purtroppo, non può che essere negativa. Il trend espansivo delle vendite alimentari emerso da metà febbraio a metà aprile è totalmente atipico e non deve illudere. Esso  nasconde al suo interno elementi che profilano un cedimento imminente. Esaurito il drogaggio “effetto scorte”, già palese nelle vendite di metà aprile, le riserve accumulate nelle dispense degli italiani dovranno essere consumate per davvero. E ciò, assieme alla consapevolezza acquisita dal consumatore che la filiera è solida e che gli approvvigionamenti sono assicurati, provocherà una flessione degli acquisti domestici. Impatterà quindi, con grande crudezza, sui trend di produzione il “buco” Horeca, finora mimetizzato in grande media dall’”effetto scorte”. In conclusione, si evidenzieranno cali marcati nei consuntivi delle vendite interne e della stessa produzione di settore. Anche perché essa quest’anno non sarà  più compensata, al di là di qualche possibile rimbalzo finale, dal sostegno dell’export.

Salvatore Patriarca