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Forlini (Unaitalia): “Avicoltura in buona salute, serve sostegno per competitività e internazionalizzazione imprese”

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La filiera avicunicola nazionale nella sua quasi totalità e buona parte di quella suinicola parlano con una sola voce, quella di Unaitalia, l’associazione che riunisce le filiere agroalimentari delle carni e delle uova. Mangimi & Alimenti ha intervistato il suo presidente, Antonio Forlini, per fotografare lo stato del comparto avicolo, inquadrare le prospettive di crescita e i rischi che derivano dall’economia mondiale.

L’avicoltura è un settore 100% italiano. Quali sono i punti di forza dell’integrazione fra tutti gli attori della filiera?

La forte integrazione fra le diverse fasi (breeding, riproduzione, incubatoi, allevamento da accrescimento, ritiro, trasformazione, distribuzione/logistica) ha consentito nel tempo alla filiera avicola italiana di costruire una rete stabile di relazioni fra i diversi operatori coinvolti, garantendo alle imprese agroalimentari una base produttiva stabile sulla quale investire e dando agli allevatori aspettative economiche di lungo periodo e supporto tecnico-sanitario. Ma i punti di forza non sono solo economici – pensiamo all’eliminazione dei costi legati all’intermediazione – e consentono soprattutto di sviluppare su larga scala in tutta la filiera elementi qualificanti come la sostenibilità ambientale, la tutela della sicurezza alimentare e del benessere animale e la biosicurezza.

Quali sono le problematiche maggiori che deve affrontare il settore dell’avicoltura in Italia?

Le imprese italiane del settore godono di buona salute e investono in sostenibilità e innovazione lungo tutta la filiera, ma per poter mantenere questa solida base produttiva c’è bisogno dell’apertura di nuovi mercati di sbocco per l’export, come la Cina. In generale, c’è bisogno di sostenere la competitività delle nostre imprese che hanno una marginalità molto bassa, trattando, peraltro, la produzione di alimenti freschi e altamente deperibili. Iniziative come quella di voler tassare gli imballaggi in plastica vanno purtroppo proprio nella direzione opposta: più che tassare bisognerebbe incentivare lo sviluppo di soluzioni sempre più sostenibili. C’è, infine, il tema della corretta informazione ai consumatori, ancora troppo spesso circolano fake news sul settore avicolo alle quali anche presunti ‘esperti’ sembrano dare credito, questo rappresenta un danno enorme per il settore e per i consumatori che vengono disorientati e allarmati spesso senza alcun motivo. Anche per questo Unaitalia è impegnata in prima linea nel contribuire a fare comunicazione con chiarezza e con solide basi scientifiche.

Unaitalia e Avec, l’associazione europea di settore, hanno preso posizione contro le politiche che forzano le normative internazionali da parte di Paesi extra-Ue (questione Ucraina e in qualche modo l’accordo con il Mercosur). In che modo la filiera italiana, e quella europea, possono essere tutelate maggiormente contro i Paesi terzi?

L’Unione Europea ha un ruolo determinante per il settore, che soffre l’aggressività commerciale e talvolta anche sleale di alcuni grandi competitor. Ci aspettiamo che la nuova Commissione Europea dia un segnale chiaro ai Paesi terzi che esportano in Ue chiedendo un adeguamento degli standard sanitari e di qualità alimentare che devono essere perfettamente allineati ai nostri. I consumatori devono avere tutte le garanzie che ciò che arriva sulle loro tavole sia sicuro e devono poter conoscere la provenienza degli alimenti. L’indicazione di origine in etichetta è un ulteriore passo che può aiutare le produzioni italiane e europee e tutelarle.

Che impatto potranno avere le tensioni commerciali tra Usa e Cina e Brexit sul comparto avicolo italiano?

Si tratta di elementi di grande preoccupazione che rischiano di minare la solidità della nostra filiera. La Brexit, in particolare, può avere effetti diretti sul nostro mercato interno, bisognerà capire come saranno redistribuite le quote di export e come tutto il nuovo scenario impatterà al nostro interno. A questo si aggiunge anche il rischio che venga ratificato l’accordo tra Ue e Paesi del Mercosur, che immetterebbe sul mercato europeo nuove quote di import di carni avicole, soprattutto dal Brasile che, come è noto, è stato al centro di scandali proprio legati alla qualità e ai controlli sulle carni. Il settore avicolo europeo sarebbe il più colpito, essendo il principale importatore nell’ambito delle carni: l’accordo prevede infatti un ingresso di 180mila tonnellate di quota extra rispetto a quello che già arriva, cioè l’equivalente della produzione annua di Finlandia, Svezia e Danimarca, quindi si tratta di volumi importanti che rischiano di avere un forte impatto.

La punta di diamante della suinicoltura italiana è la valorizzazione dei prodotti Dop, a cominciare dai prosciutti. Tuttavia il settore non ha espresso tutto il suo potenziale sui mercati esteri. Cosa serve per un vero salto di qualità?

Il settore suinicolo ha fatto grandi passi in avanti anche nell’export, pensiamo ai recenti accordi con la Cina legati alla Via della Seta. Serve lavorare per una sempre maggiore integrazione della filiera per rafforzare le produzioni, questo può essere il vero salto di qualità.

Da protagonista della filiera zootecnica e agroalimentare italiana, quali sono secondo lei le azioni che dovrebbero essere intraprese per riuscire a pensare a costruire un approccio di sistema per l’agroalimentare nel suo complesso?

Penso che il ruolo delle associazioni di rappresentanza sia fondamentale, c’è bisogno di un maggiore coordinamento e dialogo tra tutti gli attori, soprattutto in uno scenario che vede tutti – agricoltori, allevatori e imprese – confrontarsi con sfide sempre più globali e sempre meno circoscritte nei nostri confini nazionali. Bisogna avere chiaro questo quadro e pensare che tutti lavoriamo per lo stesso obiettivo di sviluppo, nel quale ogni anello della filiera agro-alimentare deve avere il suo giusto spazio e riconoscimento, senza essere fagocitato da logiche dominanti.

Salvatore Patriarca