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Formigoni (Università di Bologna): “Il sorgo ha tutte le caratteristiche per far fronte a deficit di mais”

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Dopo mais, grano, riso e orzo, il sorgo è il quinto cereale al mondo per produzione. Nel 2017/2018, stando ai dati del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, sono state prodotte poco meno di 59 milioni di tonnellate. Nigeria, Etiopia, Usa, Messico, India e Cina sono i Paesi dai quali proviene la maggior parte della produzione. In Italia, riferisce l’Istat, nel 2018 sono stati riservati alla coltivazione di sorgo 39.596 ettari di superficie, con una produzione totale di 294.805 tonnellate. Il sorgo, oltre a essere utilizzato per scopi industriali, è un’eccellente risorsa per la zootecnia ed è oggetto di crescente interesse nel settore. Mangimi & Alimenti ne ha parlato con il professor Andrea Formigoni, docente dell’Università di Bologna ed esperto in nutrizione e alimentazione delle bovine da latte.

Il sorgo è una coltura molto versatile. Da essa si possono ricavare foraggi, sia verdi che insilati, e granella. Quali sono le sue principali caratteristiche nutrizionali, i vantaggi, ma anche i rischi, per l’alimentazione animale?
Tra i cereali, il sorgo è quello che più si avvicina alle caratteristiche del mais e i vantaggi per il settore zootecnico sono diversi. In particolare sono paragonabili l’apporto energetico e il contenuto di amido delle due colture. Il livello di proteine grezze è superiore di circa due punti percentuali nel sorgo mentre il profilo amminoacidico è analogo. Il sorgo ha una quantità di lipidi di poco inferiore e questa caratteristica può rappresentare un vantaggio per alcune produzioni per le quali la quantità di grassi, in particolare di quelli insaturi, può costituire un problema. Le differenze con il mais emergono in termini di digeribilità relativamente al tipo di amido contenuto nel sorgo. La fermentabilità ruminale è più bassa (la costante di degradabilità è inferiore del 20% circa rispetto al mais). Anche la digeribilità intestinale presenta valori più bassi ma può essere modulata con opportuni interventi tecnologici. Con molitura fine e con un buon trattamento termico, il profilo della digeribilità fra mais e sorgo è sovrapponibile.
L’utilizzo del sorgo per l’alimentazione animale non presenta controindicazioni, sempre che si faccia riferimento a un sorgo del tutto privo o a basso contenuto di tannini, una caratteristica tipica del sorgo da granella bianca, prevalente nelle genetiche più moderne utilizzate.

Le superfici più estese coltivate a sorgo si trovano in Emilia-Romagna, con oltre 22 mila ettari, seguita da Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto. Quali opportunità derivano da questa coltura per gli agricoltori e per l’industria mangimistica?
Gli aspetti agronomici della pianta sono molto vantaggiosi e pertanto la sua coltivazione è facilitata. La richiesta di acqua è molto contenuta così come è minima la necessità di ricorrere a trattamenti fitosanitari (il sorgo si adatta bene all’ambiente e può completare il proprio ciclo anche a fronte di lunghi periodi di siccità). Può essere seminato in condizioni più tardive nel corso dell’anno e può anche essere coltivato in zone colpite da parassiti come la Diabrotica. I costi di gestione del sorgo sono meno elevati di quelli del mais. In Centro e Nord Italia la sua coltivazione ha conosciuto un successo crescente. Qui c’è stata una diffusione più significativa negli areali e gli allevamenti hanno potuto apprezzare le qualità del sorgo da foraggio e da granella. In Emilia-Romagna, ad esempio, con la sua coltivazione sono arrivate risposte incoraggianti circa le opportunità di impiego di questa risorsa per la filiera del latte e la produzione dei formaggi come il Parmigiano Reggiano. Il sorgo rientra ormai nella formulazione dei mangimi insieme agli altri cereali destinati agli allevamenti avicoli, suinicoli e dei ruminanti. La minore quantità di xantofille presenti nel sorgo fa sì che la risorsa sia molto appetibile per la produzione avicola: un’alimentazione basata sull’uso di questo cereale è apprezzata per produrre animale a cute chiara. Per ciò che riguarda i sorghi da foraggio, i nuovi ibridi BMR contengono fibre molto digeribili che rendono il cereale ancora più interessante per gli allevatori.

Da anni l’Italia sta conoscendo una continua riduzione delle superfici coltivate a mais, una delle principali colture impiegate nella zootecnia. Il sorgo potrebbe rappresentare una risorsa per affrontare questo deficit nel settore agricolo?
Certamente il sorgo può essere un buon sostituto del mais e ci sono margini per una sua ulteriore espansione. A parità di resa, i costi di coltivazione sono in genere più bassi e quindi economicamente il sorgo può essere vantaggioso. Oltre a reggere gli stress termici e ad adattarsi alle condizioni del suolo, il sorgo è una pianta a elevata salubrità: è più resistente del mais agli attacchi degli insetti e quindi è altamente improbabile una contaminazione da aflatossine che invece per il mais rappresenta di sovente un grave problema. Il rischio micotossine obbliga poi gli agricoltori alla raccolta del mais ancora umido per poi sottoporlo all’essiccazione mentre il sorgo può essiccare direttamente in campo sulla pianta.

Su cosa sta lavorando la ricerca sul sorgo?
Dal punto di vista agronomico e nutrizionale la ricerca sta procedendo. L’attività dei ricercatori non ha fornito alcuna controindicazione all’utilizzo del sorgo anzi, al contrario, ha fornito dati che lo supportano, con l’obiettivo di contribuire ad aumentare la fiducia degli agricoltori, degli allevatori e dei nutrizionisti. Ad esempio si stanno conducendo delle sperimentazioni per selezionare ibridi migliori, per incrementare la produttività della coltura e delle analisi di valutazione sulla degradabilità dell’amido. Nell’insieme i risultati delle ricerche disponibili dimostrano come la granella di sorgo possa essere convenientemente inclusa nei mangimi senza penalizzare le performance degli animali; al contempo i sorghi foraggeri, in particolare quelli dotati di fibra altamente digeribile, possono contribuire a soddisfare le esigenze di fibra da foraggi delle aziende zootecniche.

Vito Miraglia