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Regolamentazione Ogm, come si è evoluta in 30 anni. Parte terza: la risposta della scienza

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Nel caso degli organismi geneticamente modificati (Ogm), la legge non è riuscita a stare al passo con la tecnologia. Come spesso accade, le leggi approvate nell’ambito di un nuovo settore di ricerca rispondono ad esigenze di tempestività e risultano, nel giro di un lasso brevissimo di tempo, obsolete ed anacronistiche. Se non vengono aggiornate, rischiano di ostacolarne il progresso. Lo affermano, in un editoriale pubblicato sulla rivista Forbes, il fisico e biologo molecolare Henry I. Miller e l’avvocato John J. Cohrssen, ex consulente legale della Casa Bianca. Secondo gli esperti, la scienza potrebbe aver trovato una soluzione a questo problema.

In un articolo pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, un team di ricercatori americani propone un approccio basato sul rischio, per la verifica sul campo delle piante e di altri prodotti Gm. Il sistema prevede la classificazione dei vari tipi di organismi all’interno di varie categorie di rischio, precedentemente individuate da un gruppo di esperti. Un approccio analogo viene già adottato da anni dal Cdc (Centers for disease control and prevention) e dal Nih (National institutes of health) per categorizzare i microrganismi patogeni e per stabilire gli standard di sicurezza per la loro manipolazione.

Secondo gli autori si tratta di un modello che può essere applicato se gli organismi introdotti sono “presenti in natura”, sono non-autoctoni o “esotici”, e se sono stati geneticamente migliorati con l’ausilio di vecchio o nuove tecnologie. All’interno di questo sistema, gli organismi non ancora regolamentati che presentano rischi moderati o alti diventano oggetto delle verifiche del governo. Invece, gli Ogm che presentano un pericolo basso o trascurabile andrebbero incontro a meno controlli.

Miller e Cohrssen affermano che l’attuale approccio normativo favorisce solo interessi particolari: quelli dei burocrati e degli attivisti anti-Ogm. Un approccio più scientifico andrebbe invece a vantaggio dei consumatori e favorirebbe l’innovazione in molti settori tecnologici. A loro avviso, consentirebbe finalmente di attuare i principi contenuti nel “Coordinated framework”.

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Foto: © Alex011973 – Fotolia

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