Per la prima volta da 40 anni, l’industria agroalimentare italiana potrebbe incontrare dei dazi sul mercato britannico, come avviene per gli esportatori giapponesi o statunitensi. Questa eventualità si tradurrebbe in prezzi meno competitivi o in una riduzione dei margini per le imprese italiane. Lo evidenzia l’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), che ha analizzato le possibili conseguenze della Brexit sul mercato agroalimentare del Belpaese.
A causa dell’uscita dall’Unione Europea, la politica commerciale del Regno Unito sarà sottoposta a rinegoziazione. Da un lato le imprese britanniche non potranno più beneficiare del libero accesso ai mercati europei, e dall’altro il Regno Unito potrebbe innalzare delle barriere tariffarie verso gli ex partner. Questo potrebbe rappresentare un serio problema per l’industria italiana: il mercato agroalimentare del Regno Unito rappresenta, infatti, per l’Italia un giro d’affari di 3,2 miliardi di euro, con una crescita del 9% nel 2015. Oltre a questo, occorre valutare anche l’“effetto svalutazione”, in grado non solo di rallentare le importazioni inglesi, ma anche di rendere i prodotti britannici più competitivi sui mercati internazionali presidiati anche dall’Italia (Australia, Canada, Arabia Saudita e Stati Uniti).
Secondo le previsioni sviluppate dal gruppo assicurativo-finanziario Sace, l’uscita del Regno Unito dalla UE potrebbe comportare, nel 2017, una contrazione delle esportazioni italiane d’oltremanica di entità compresa tra il 3% e il 7%. Tuttavia, l’export agroalimentare italiano verso il mercato britannico non dovrebbe accusare flessioni. Al contrario: il food and beverage Made in Italy dovrebbe crescere del 7% nel 2016 e di circa il 5,5% nel 2017.
Il Regno Unito rappresenta il quarto mercato di sbocco (dopo Germania, Francia, Stati Uniti) dell’export agroalimentare italiano. L’Italia, a usa volta, si posiziona all’ottavo posto tra i clienti del mercato britannico, con una spesa di oltre 650 milioni di euro. Il saldo 2015 dell’interscambio agroalimentare col Regno Unito è stato pari a un attivo di 2,6 miliardi (+88% sul 2014). Sul totale dell’import agroalimentare britannico, l’Italia intercetta una quota pari al 6% in valore.
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