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Il sorgo nell’alimentazione animale

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Il sorgo sta suscitando un crescente interesse da parte delle aziende agricole italiane, data l’ampia gamma di impieghi offerti dalle numerose varietà ed ibridi commerciali oggi disponibili. Di estremo interesse è l’utilizzo per l’alimentazione animale, sia come foraggio che come concentrato, soprattutto in sostituzione del mais in sistemi agro-zootecnici con basse disponibilità idriche. Nota è, infatti, la capacità del sorgo di tollerare periodi di carenza idrica e di riprendere l’attività vegetativa al cessare delle condizioni di stress.

Descrizione generale
Il genere Sorghum comprende alcune decine di specie di poacee (graminacee) native dell’Africa (Etiopia), naturalizzate intorno all’anno 1000 A.C. in Asia e nel Mediterraneo e solo successivamente alla scoperta del Nuovo Mondo anche negli Stati Uniti, in Canada e in America Latina. Diverse specie rivestono un ruolo economicamente importante; quella più diffusa, e dalla quale trae origine la maggior parte degli ibridi e delle varietà attualmente in commercio, è il Sorghum bicolor (sin. Sorghum vulgare). S. bicolor comprende diverse sottospecie, tutte interfertili tra loro e che hanno dato origine a migliaia di ibridi e varietà botaniche. L’International Crops Research Institute for the Semi-Arid Tropics (ICRISAT), conserva circa l’80% del germoplasma mondiale, proveniente da 92 Paesi; attualmente sono presenti poco meno di 48.000 accessioni delle 5 sottospecie (S. b. bicolor, S. b. guinea, S. b. caudatum, S. b. kafir e S. b. durra) e dei 10 ibridi sottospecifici maggiormente rappresentati.

Coltivato e utilizzato da millenni per l’alimentazione umana e animale, in virtù della sua notevole diversità genetica che si esprime in vari modi – capacità di adattamento climatico, resistenza allo stress idrico, caratteristiche nutrizionali, ecc. -, oggi è il quinto cereale per produzione a livello mondiale dopo grano, riso, mais e orzo e si stima sia consumato da oltre 750 milioni di persone. Va menzionato a parte il sorgo da scope o saggina (S. bicolor var. technicum), non utilizzato in ambito alimentare.

Grazie alle proprie caratteristiche botaniche e al miglioramento genetico – nel 2009 ne è stato sequenziato l’intero genoma, circa 730 Mbp -, il sorgo ha visto espandere notevolmente il proprio areale distributivo ed attualmente è coltivato in gran parte del pianeta, entro il 40°N – USA e Russia – e il 40°S, e da zero fino a 1.000 m s.l.m. per ricavarne granella, foraggio e prodotti industriali quali amido, sciroppi dolci, biocarburanti, bevande e distillati alcolici, scope, spazzole, coloranti e, nel caso dei fusti durevoli della pianta, materiale da costruzione e combustibile. In Italia, attualmente, si può contare su 115 varietà iscritte al Registro Nazionale Varietà Agrarie e sono stati 45.370 gli ettari coltivati nel 2015, superficie ragguardevole che ha visto un incremento di oltre il 30% nell’ultimo decennio.

Sotto il profilo agronomico, pur essendo una coltura molto esigente in termini di temperatura e intensità luminosa – è specie a ciclo fotosintetico di tipo C4 -, tollera molto bene la siccità, essendo capace di rimanere in stasi vegetativa per periodi relativamente lunghi e di riprendere la crescita al cessare delle condizioni di stress idrico (per tale motivo è anche chiamata “pianta-cammello”). Queste caratteristiche sono tali che può essere considerata, a buon titolo, una coltura climate-change ready. Questa capacità è dovuta al basso tasso di traspirazione delle foglie (fortemente cutinizzate, ricoperte di pruina, con stomi piccoli e poco numerosi) e al denso e profondo apparato radicale.

Per germinare, il seme ha bisogno di una temperatura del terreno non inferiore ai 13-14 °C, per cui, in Italia, la semina si può effettuare dalla prima decade di aprile al sud, dalla seconda al centro e dalla terza al nord. Se si ha disponibilità irrigua, è possibile seminarlo in secondo raccolto, fino a giugno-luglio. La densità di semina è di 25 – 35 semi/m2 (seminatrici di precisione: 11-18 kg/Ha, seminatrici meccaniche : 18-25 kg/Ha), con un interfila singola di 45-50 cm o binate di 20/80 cm, 5-6 cm sulla fila e 2-3 cm di profondità. I fabbisogni nutrizionali possono essere coperti con una concimazione azotata di 70-90 kg di azoto per ettaro alla semina e altrettanti in copertura, unitamente a quella fosfatica (50-70 kg/ha di P2O5) e potassica solo in terreni carenti.

Accrescimenti ottimali si raggiungono con temperature superiori a 25 °C (ottimo 30 °C) durante lo sviluppo della pianta, che può avvenire in un ciclo ultra-precoce (75 giorni) o ultra-tardivo (>180 giorni). In Italia gli ibridi più comunemente utilizzati hanno un ciclo da 100 a 120 giorni (classi FAO 300-500) e la scelta dipende dalla lunghezza del periodo di temperature favorevoli e dalla disponibilità idrica. Le necessità idriche sono di circa 300-400 mm di pioggia, ma la coltura ha una risposta produttiva interessante anche con apporti sub-ottimali. Si adatta bene a tutti i tipi terreno, tollerando un ampia gamma di valori di pH (da 5,5 a 8,5) e un’elevata salinità (una conducibilità elettrica pari a 12 ECe – mS/cm riduce la produzione del 50%). L’impollinazione, eterogama, è anemogama (ad opera del vento) ed entomogama (ad opera di insetti).

L’utilizzo del sorgo per l’alimentazione animale è comune in molti sistemi zootecnici. A seconda della specie e della varietà, il sorgo è impiegato come foraggio, verde o insilato, e per la produzione di granella quale componente di mangimi semplici o composti, sovente come sostituto o complemento del mais.

In Italia, le tipologie di sorgo utilizzate in alimentazione animale rientrano in tre categorie principali, e una vasta gamma di ibridi commerciali:

sorgo da granella (S. bicolor var. bicolor): diffuso principalmente nell’Italia centro-settentrionale, anche (e soprattutto) in ambienti non irrigui in alternativa al mais. Il seme è d’interesse per la nutrizione animale in quanto presenta una composizione chimica del tutto simile a quella di altri cereali (Tab. 1) e una frattura farinosa che aumenta la degradabilità dell’amido. Pur conservando il prezzo del seme di mais, il sorgo ha costi di produzione mediamente più bassi, richiedendo meno interventi irrigui. Inoltre può essere sfruttata la duplice attitudine della pianta, in quanto può anche essere utilizzata direttamente come foraggio fresco o insilato e i ricacci posso essere pascolati dal bestiame dopo la raccolta. Alcune vecchie varietà possono contenere durrina, un glicoside cianogenico tossico che dà luogo alla formazione di acido cianidrico, pericoloso in particolare per i ruminanti. Tuttavia le nuove varietà hanno un contenuto molto basso di questo composto, oltre ad un basso contenuto di tannini nelle granelle (< 1 g/kg di tannini condensati), tale da non ridurre eccessivamente la degradabilità ruminale della proteina.

Sorgo zuccherino (S. bicolor var. saccharatum): caratterizzato da taglia elevata (2–5 m), foglie larghe, culmo grosso e midollo dei culmi ricco di zuccheri facilmente fermentabili quali saccarosio, glucosio e fruttosio (15-20% in peso e oltre), dunque adatti all’insilamento o alla fienagione.

Sudangrass o erba sudanense (S. bicolor var. sudanese o var. drummondi): anche detti “sorghi gentili” o erbe sudanesi, sono caratterizzati da fusto sottile e flessibile, spiccata tendenza all’accestimento, rapidità di ricaccio e ciclo precoce, specialmente adatti per erbai polisfalcio.
Gli ibridi commerciali sono incroci e ibridi delle tipologie citate, con caratteristiche molto varie, sia dal punto di vista morfologico che agronomico. Alcuni ibridi foraggeri (e.g., S. var. bicolor X S. var. sudanense) conservano la facoltà di ricaccio del sudangrass, ma hanno un potenziale di rendimento molto superiore. Sono presenti sul mercato varietà specializzate per la produzione di granella, altre per la produzione di foraggio e altre ancora a duplice attitudine. Per l’uso foraggero, tra questi ultimi è da evidenziare la disponibilità di ibridi cosiddetti “BMR” (o Brown Mid Rib), i quali si distinguono dagli altri per l’alta digeribilità della fibra (in virtù della bassa quantità di lignina e sua diversa polimerizzazione), elemento che riduce l’ingombro a livello ruminale favorendo l’ingestione di sostanza secca. Tale caratteristica è dovuta ad una mutazione genetica naturale (non proveniente quindi da ingegneria genetica), scoperta nel sorgo nel 1978 ed attualmente incorporata in molti ibridi commerciali.

Il sorgo come foraggio
Data l’estrema diversità genetica delle varietà presenti oggi in commercio, le diverse condizioni pedoclimatiche e tecniche agronomiche applicate per la coltivazione del sorgo da foraggio, una definizione univoca dei parametri ottimali per la raccolta, la conservazione e la somministrazione agli animali risulta alquanto complessa. Infatti, le caratteristiche produttive e nutrizionali, oltre ad essere associate allo stato fenologico della pianta, sono fortemente condizionate dalla varietà, dalle condizioni locali di crescita e dalla disponibilità d’acqua. Ad esempio, per quanto riguarda la resa, essa può variare tra 20 t/ha e 75 t/ha di sostanza verde in condizioni di crescita ottimali.

Pascolamento e foraggio verde
Il sorgo da foraggio può supportare un intenso pascolamento e fornire il massimo rendimento nutritivo qualora vengano adottati sistemi di processione idonei nell’utilizzo dei lotti congrui con la capacità di ricaccio e con l’altezza delle piante. In genere, esso non dovrebbe essere pascolato con altezze delle piante inferiori a 15 cm, onde evitare possibili intossicazioni da acido cianidrico (che si accumula maggiormente nelle foglie giovani). Inoltre, considerando che un ritardo nell’epoca del pascolamento può generare un consumo non uniforme da parte degli animali (il valore nutritivo e l’appetibilità diminuiscono rapidamente dopo la spigatura), l’altezza ottimale di pascolamento dovrebbe essere tra 70 cm e 1,5 m. Come ultima nota, è preferibile evitare il pascolamento dopo le gelate, in quanto i ricacci possono contenere alte concentrazioni di acido cianidrico.

In condizioni di impossibilità di accesso al pascolo, il sorgo può essere falciato quando ha raggiunto un’altezza di almeno 70-80 cm (e comunque non oltre lo stadio di botticella) e somministrato verde. Dato che le più recenti varietà ibride da foraggio contengono bassissime quantità di durrina, dopo lo sfalcio la pianta può essere lasciata appassire in campo (si sviluppano quantità di acido cianidrico trascurabili), permettendo di ridurre il valore d’ingombro del foraggio e aumentando la capacità di ingestione dell’animale.

Fienagione
La fienagione deve essere eseguita quando le piante hanno raggiunto un altezza di 70-80 cm, e comunque non oltre lo stadio di botticella- spigatura, preferibilmente con l’uso del condizionamento meccanico al fine di ridurre la permanenza in campo. Al momento della somministrazione agli animali è preferibile eseguire una trinciatura, al fine di evitare sprechi in mangiatoia.

Insilato
Data l’ampia scelta varietale e delle tecniche di processo oggi a disposizione, è possibile insilare con successo sia sorghi zuccherini (da foraggio e da biomassa) che da granella. Il sorgo ha caratteristiche nutrizionali e di fermentazione simili a quelle del mais, seppur con differenze varietali marcate, dovute principalmente all’allocazione dei carboidrati strutturali (frazione NDF in particolare). Tuttavia, la mancanza della componente amidacea nel sorgo da foraggio obbliga ad una integrazione nel razionamento.

D’altro canto, rimanendo verde più a lungo, il sorgo consente una finestra di raccolta più ampia rispetto al mais e nel caso di sistemi agricoli infestati da Diabrotica virgifera virgifera consente l’interruzione del ciclo biologico della stessa, evitando la lotta chimica sulle uova svernanti, del resto scarsamente efficiente. La fase di raccolta consigliata per i sorghi zuccherini, da foraggio e relativi ibridi è dopo circa 10 – 15 giorni dall’emissione del panicolo, trinciando la pianta direttamente in campo. Per i sorghi da granella, ai fini del corretto insilamento risulta più difficile raggiungere le condizioni di umidità ottimali (65-70%), soprattutto per la difformità di maturazione, sia entro il campo che entro pianta (ad esempio nel sorgo da granella i semi apicali maturano prima di quelli basali). Se non si riesce a raggiungere questo grado di umidità, è probabile che l’insilato ottenuto sia instabile, con elevate perdite di percolazione ed uno sviluppo eccessivo di acido acetico e butirrico. Utile può essere l’aggiunta di enzimi fibrolitici, quali xylanasi e/o inoculi batterici specifici (Lactobacillus buchneri, L. plantarum, Pediococcus acidilactici, P. pentosaceous, Enterococcus faecium, ecc.) in grado di migliorare il valore nutritivo dell’insilato incrementando la digeribilità della fibra.

Data l’estrema eterogeneità dei tipi genetici e delle condizioni di coltivazione, raccolta e conservazione, fornire un quadro esaustivo sulle caratteristiche nutrizionali degli insilati di sorgo risulta alquanto difficile. L’interesse per l’impiego dell’insilato di sorgo nei ruminanti in sostituzione dell’insilato di mais è notevole e, con alcune accortezze, possibile. In generale i sorghi BMR riescono a fornire performance paragonabili a quelle del mais nell’alimentazione della vacca da latte, nell’ingrasso dei vitelloni e negli ovini. Uno studio sul valore nutritivo dell’insilato di sorgo da foraggio coltivato nel Nord Italia, ha riportato un valore medio (su 8 ibridi) di energia netta pari 4,91 MJ/kg sulla sostanza secca, mediamente inferiore a quello riportato per l’insilato di mais (5,51 MJ/kg sulla sostanza secca) coltivato nello stesso areale.
Recenti esperimenti19 condotti in vitro per lo studio delle caratteristiche di fermentazione ruminale, hanno dimostrato che il sorgo insilato (BMR 333) presenta una maggiore digeribilità della sostanza organica (65,5%) e della frazione neutro-detersa della fibra (NDF) (62,9%) se comparato all’insilato di mais (64,1% e 57,6% rispettivamente) e ciò grazie al minore contenuto di lignina (ADL) (Tab. 2). Tuttavia, la produzione di acidi grassi volatili e la velocità del processo di fermentazione sono risultati più elevati nel mais (231 vs 234 ml/g e 6,74 vs 7,36 ml/h, rispettivamente).

Granella
In varie prove sperimentali di confronto con il mais, il sorgo da granella ha dimostrato di esserne un valido sostituto, soprattutto in aziende dove le condizioni di coltivazione sono sfavorevoli per il primo (scarsa piovosità estiva, impossibilità di irrigazione, ecc). Come descritto nel paragrafo precedente, l’intera pianta può essere conservata mediante insilamento e somministrata in diete per ruminanti in sostituzione e/o integrazione al mais, oppure, data la composizione chimica dei semi utilizzato come concentrato al posto di altri cereali (orzo, avena, ecc.).
La qualità nutrizionale dei semi, soprattutto per l’alimentazione dei monograstrici, non è sempre ottimale, in quanto alcune linee genetiche presentano una scarsa digeribilità della proteina e dell’amido. Tuttavia, tale aspetto è poco influente per l’alimentazione dei ruminanti ed è comunque compensato dalla buona attività antiossidante e dalla presenza di sostanze bioattive (polifenoli), tanto che, entro certi limiti, può essere considerato un alimento funzionale. Ad esempio, nei ruminanti può incrementare la disponibilità di aminoacidi a livello intestinale, proprio per l’opera di protezione che operano i tannini a livello ruminale.

 

Foto: Pixabay

Riccardo Primi, Pier Paolo Danieli, Bruno Ronchi