Quali sono le caratteristiche del patrimonio suino italiano, dalla consistenza alla diffusione e distribuzione sul territorio?
L’Italia è l’ottavo Paese nell’Unione Europea per volume produttivo nel settore della suinicoltura. L’allevamento dei suini si concentra prevalentemente nell’area del bacino del Po: Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto sono le regioni italiane maggiormente vocate alla produzione suinicola e in cui è presente il maggior numero di allevamenti e capi suini. Secondo le rilevazioni Istat, su circa 8.676.000 capi suini presenti in Italia al 1 dicembre 2014, il 47% si trovava in Lombardia, il 17% in Emilia Romagna, il 12% in Piemonte e l’8% nel Veneto. In sostanza l’84% dei suini presenti in Italia è allevato in queste quattro regioni. Altro dato importante è quello dell’areale dei prosciutti a Denominazione di Origine Protetta che interessa 11 regioni: oltre a quelle già citate, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise e Lazio. Nel complesso i 4.109 allevamenti aderenti al circuito DOP (dato IPQ-INEQ 2014) allevano circa il 70% del patrimonio suinicolo nazionale. 826 sono allevamenti a ciclo chiuso, 270 a ciclo aperto (riproduzione) e 3.013 gli altri allevamenti (fase intermedia, magronaggio e finissaggio).
Qual è il grado di autosufficienza in Italia? Il nostro Paese importa allevamenti di suini?
Negli ultimi anni, anche per effetto della crisi, si è determinata una decisa riduzione del patrimonio delle scrofe, mentre la riduzione del numero dei suini prodotti è stata meno marcata in ragione di un positivo miglioramento delle prestazioni riproduttive delle scrofe. Secondo i dati Istat, il numero delle scrofe al 1° dicembre 2014 è sceso a 585.700 capi, contro le 590.300 del dicembre 2013 e le 621.450 del 2012. Dal 2010 a oggi il patrimonio italiano delle scrofe è calato del 18%. Lo stesso trend naturalmente si è registrato nel circuito DOP di cui fanno parte gli allevamenti che forniscono suini per la produzione di salumi DOP: lo scorso anno il numero delle scrofe nel circuito è calato del 6,6% rispetto al 2013.
Per quanto riguarda i suini prodotti (nati e allevati in Italia) ANAS ha stimato per il 2014 un numero di capi pari a 11.490.000 in diminuzione del 3,4% rispetto all’anno precedente, mentre i suini certificati del circuito DOP sono stati 7.963.000, in flessione del 1,3% rispetto all’anno 2013.
La diminuzione produttiva ha peggiorato il grado di autoapprovvigionamento di carni suine (sceso secondo stime ANAS al 61% circa) e determinato un aumento delle importazioni di suini e soprattutto di carni suine dall’estero. Nel 2014 i suini vivi importati sono aumentati del 29% circa (+26% i lattoni importati in Italia) e le carni suine fresche importate sono cresciute dell’8,4%. Con riguardo alle cosce suine fresche e congelate, ANAS stima che lo scorso anno ne siano state importate oltre 62 milioni (contro i 57 milioni circa del 2013) perlopiù da Germania, Olanda, Danimarca, Spagna e Francia.
Quali sono le caratteristiche zootecniche dei maiali italiani?
La suinicoltura italiana si distingue a livello mondiale per l’allevamento di suini “pesanti”. Oltre al bacino vocato delle regioni del Nord, anche nella altre regioni, fatta eccezione per le isole e per parte della Puglia, si allevano suini destinati al macello al raggiungimento di peso vivo significativamente superiore alla media europea. Lo scorso anno, secondo dati ISTAT, il peso medio carcassa è stato di 130 Kg e quello delle carcasse dei suini certificati per le DOP ha raggiunto i 135 Kg, che tradotto in peso vivo corrisponde a circa 169 kg.
Il maggiore peso di macellazione rispetto agli altri sistemi produttivi comporta periodi di allevamento più prolungati e la produzione di carcasse con un maggior deposito di lardo. In ragione di questa situazione, la Commissione UE ha autorizzato il nostro Paese a utilizzare due distinti sistemi di classificazione delle carcasse: uno per il suino pesante (peso carcassa > 110 Kg) e uno per il suino leggero (peso carcassa fino a 110 kg).
In ogni caso la caratterizzazione di buona parte dei suini italiani deriva dalle disposizioni dei Disciplinari dei prosciutti e salumi DOP. Questi disciplinari stabiliscono tra l’altro l’origine genetica, l’età minima alla macellazione (9 mesi), la carnosità della carcassa compresa nelle classi U, R, O con esclusione delle classi estreme, lo spessore minimo di copertura della coscia. Circa l’origine genetica i predetti disciplinari indicano come modello di riferimento la specifica selezione delle razze italiane attuata dall’ANAS. Si tratta di una selezione che punta a soddisfare le esigenze di questo particolare segmento produttivo e quindi, a differenza di quanto avviene in altri programmi genetici, c’è una particolare attenzione alle caratteristiche tecnologiche e organolettiche del prodotto stagionato (prosciutto). In genere i programmi di miglioramento genetico dei suini mirano alla massima produzione di carne magra, ma purtroppo l’eccesso di carne magra della carcassa comporta un deterioramento del profilo qualitativo delle carni e le rende meno idonee alla trasformazione in prodotti stagionati di alta qualità.
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Vito Miraglia