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Controlli negli allevamenti e mangimi bilanciati: siamo un Paese all’avanguardia

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Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo dell’alimentazione degli animali da allevamento “i mangimi sono formulati e bilanciati proprio per garantire la migliore produttività degli animali” e, tanto per fare un esempio, “è stato incidendo sull’alimentazione dei suini attraverso mangimi a base di mais, orzo e soia che è stato possibile, nel corso degli anni, ottenere prodotti di salumeria sempre meno grassi e un aumento degli acidi grassi insaturi sul totale a discapito dei grassi saturi”. Quanto alla sicurezza dei cibi che arrivano sulle nostre tavole “il nostro è un Paese certamente all’avanguardia sotto il profilo dei controlli negli allevamenti, anche grazie alla scelta di incardinare i servizi veterinari nel servizio sanitario nazionale”. A scattare una fotografia positiva della situazione italiana relativamente alla qualità dei mangimi e ai controlli per la sicurezza per la salute animale e alimentare è Silvio Borrello, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute.

Alimentazione degli animali da allevamento: gli attuali “menu” messi a punto per le diverse specie garantiscono la salute dei vari animali?

L’alimentazione degli animali d’allevamento intensivo è garantita attraverso la somministrazione in particolare di mangimi industriali e, in parte, attraverso mangimi autoprodotti in allevamento, formulati appositamente per determinate specie e categorie produttive animali. Gli allevamenti estensivi, circoscritti ad alcune aree geografiche e tipologie animali, comprendono anche una quota di alimentazione derivante dal pascolo.

Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo i mangimi destinati ad animali da produzione alimentare sono formulati e bilanciati proprio per garantire la migliore produttività degli animali. Pensando al recente passato, è stato incidendo sull’alimentazione dei suini attraverso mangimi a base di mais, orzo e soia che è stato possibile, nel corso degli anni, ottenere prodotti di salumeria sempre meno grassi e un aumento degli acidi grassi insaturi sul totale a discapito dei grassi saturi.


Che importanza ha tutto questo rispetto alla salubrità dei prodotti animali che finiscono sulle nostre tavole?

Per quanto riguarda la sicurezza degli alimenti che giungono sulle nostre tavole esistono parametri, verificati dai controlli ufficiali, volti a minimizzare il rischio che contaminanti microbiologici e chimici passino dai mangimi agli alimenti prodotti dagli animali allevati: salmonelle, diossine, micotossine, OGM e contaminanti. Nel 2013 sono stati analizzati 10.719 campioni e sono state riscontrate 60 non conformità, pari allo 0,56%.

Ultimamente si sente molto parlare di salute animale, soprattutto in relazione alla sicurezza di ciò che arriva sulle tavole degli italiani. Quale è ad oggi la situazione dei controlli nel nostro Paese?

Il nostro Paese è certamente all’avanguardia sotto il profilo dei controlli negli allevamenti anche grazie alla scelta di incardinare i servizi veterinari nel servizio sanitario nazionale. Come molti sanno esistono malattie animali trasmissibili agli umani attraverso gli alimenti, dette zoonosi a trasmissione alimentare, come ad esempio la Brucellosi e la Salmonellosi. Non tutte le malattie alimentari sono zoonosi, come ad esempio l’epatite A, e non tutte le zoonosi si trasmettono con gli alimenti, (es. Rabbia o West Nile Disease). D’altra parte ci sono malattie animali che non hanno alcun impatto sulla salute umana, come la peste suina africana, ma che è ugualmente necessario eradicare per il danno che possono creare al patrimonio zootecnico e alle esportazioni.
Premesso ciò, per le zoonosi a trasmissione alimentare si applicano piani di controllo ed eradicazione ed esiste la possibilità per gli allevamenti e/o i territori che li applicano di acquisire qualifiche sanitarie di indennità.
Per la Brucellosi molte regioni hanno già ottenuto la qualifica di indenni per i loro allevamenti di bovini, bufalini e ovi-caprini. Altre ancora non hanno ottenuto questo risultato, ed è qui che siamo intervenuti con ordinanze. La situazione nel nostro Paese è in miglioramento, anche se esistono delle sacche di resistenza imputabili anche a caratteristiche socio-economiche del territorio.
Per fare un altro esempio possiamo pensare a una delle malattie più conosciute, come la Salmonellosi: esistono, in questo caso, piani di controllo negli allevamenti di polli da carne, tacchini, galline ovaiole e riproduttori, filiere fortemente integrate e strutturate. Non stupisce dunque che l’Italia abbia centrato da tempo gli obiettivi di riduzione della presenza di questo batterio negli animali.


Tema farmaci. Se da una parte gli antibiotici sembrano essere indispensabili per garantire il benessere degli animali, dall’altra parte c’è chi invece li ritiene dannosi (anche perché la paura è che vengano utilizzati in quantità eccessive).
Gli antimicrobici rappresentano uno strumento fondamentale per il controllo delle malattie infettive da cui non è possibile prescindere. Tuttavia l’uso non corretto in ambito medico e veterinario ha contribuito allo sviluppo e alla diffusione di batteri resistenti, una minaccia globale per la salute pubblica.
Nel settore veterinario si parla di “uso prudente e razionale” degli antibiotici quando l’utilizzo è mosso da reale necessità e quando la prescrizione è rilasciata da un medico veterinario esclusivamente per animali clinicamente malati. La scelta, condizionata dai risultati dell’antibiogramma, deve ricadere su antibiotici non utilizzati in medicina umana evitando usi prolungati, ripetuti e combinazioni empiriche. Nella somministrazione devono essere considerate le quantità di farmaco da somministrare attraverso i mangimi onde evitare un sotto-dosaggio. Bisogna sempre rispettare le indicazioni riportate nel foglietto illustrativo e preferire antibiotici a spettro più stretto e con più alta efficacia nei confronti della specie batterica identificata. Infine occorre informare il Ministero di sospette reazioni avverse o di mancata risposta clinica a un trattamento terapeutico.
Tutte queste indicazioni sono contenute nel “Manuale di Biosicurezza e uso corretto e razionale degli antibiotici in zootecnia”, redatto dalla Direzione Generale della sanità Animale e dei Farmaci Veterinari pubblicato nel 2012.

Il problema della farmaco-resistenza: come appare la situazione attuale?

Lo sviluppo di resistenze è un normale processo evolutivo dei microrganismi che tuttavia può essere accelerato da un impiego inadeguato di antimicrobici in medicina umana e veterinaria.
EFSA, ECDC ed EMA hanno evidenziato nel 2013, in entrambi i settori, un’aumentata resistenza dei batteri ai più comuni antibiotici; una resistenza che, fortunatamente, non è stata rilevata per gli antimicrobici di prima scelta in medicina umana.

Che cosa si sta facendo per contenere questo fenomeno?

Stiamo lavorando per contenere questo fenomeno. Applicheremo un piano di monitoraggio europeo dell’antibiotico-resistenza negli animali da allevamento fino al 2020 peracquisire informazioni circa l’incidenza, le tendenze e le fonti di resistenza. Nel 2014 abbiamo campionato galline ovaiole, polli da carne e tacchini da ingrasso, mentre quest’anno esamineremo bovini e suini. 

Inoltre in Abruzzo e Lombardia è stata avviata la sperimentazione della ricetta veterinaria informatizzata allo scopo di tracciare l’effettiva vendita e consumo del medicinale veterinario negli allevamenti.

In passato ci sono stati diversi allarmi per epidemie legate alle malattie trasmesse da animali da allevamento, come l’aviaria e l’encefalopatia spongiforme bovina. Attualmente come è la situazione in Italia e in Europa?

Possiamo con orgoglio affermare che in Europa abbiamo oramai dei servizi veterinari strutturati, controlli regolari e norme di igiene zootecnica. Abbiamo inoltre, come detto, piani di controllo, ma anche piani di gestione delle emergenze veterinarie. In una parola siamo seriamente impegnati nella prevenzione. Tutto ciò ci consente di contenere il rischio che le malattie animali, sempre in agguato, diventino un pericolo concreto per la salute. Se, per assurdo, si dovesse decidere di smantellare questo sistema, le malattie che ormai consideriamo un retaggio del passato, come ad esempio la TBC, ricomparirebbero di sicuro e saremmo, inoltre, molto più esposti a nuove malattie esotiche o emergenti come, ad esempio, poteva essere negli anni ’80 l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), un pericolo fino ad allora sconosciuto.

Foto: © Pavel Losevsky – Fotolia.com

Miriam Cesta