Maria Caramelli, direttrice dell’IZSTO (istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, della Liguria e della Valle d’Aosta) delinea i temi chiave per la zootecnia e il benessere animale
Direttrice Caramelli, uno dei temi centrali del dibattito pubblico è quello della sicurezza alimentare. In base alla sua esperienza professionale, da dove provengono i pericoli maggiori? E gli italiani, rispetto alle altre nazione europee, come si collocano in fatto di rischi?
Siamo tutti consapevoli che il rischio zero in alimentazione non esista, come per nessuna attività umana. L’ obiettivo oggi è’ quello di mantenere gli interi processi produttivi sotto controllo è l’obiettivo reale che la UE si pone in materia di sicurezza alimentare e di tutela del consumatore. Contestualmente alla responsabilità degli operatori del settore alimentare e all’obbligo di tracciabilità e rintracciabilità il sistema europeo di tutela della sicurezza alimentare rappresenta a mio avviso uno dei modelli migliori.
La Normativa Europea in materia di Sicurezza alimentare utilizza l’approccio dei controlli e delle verifiche lungo tutta la filiera: un approccio dal campo alla tavola che si dimostra vincente nel ridurre i rischi e nel limitarne i danni alla comunità quando questi si manifestano.
In Italia disponiamo di una ricchezza che manca gli altri Stati Membri e che è rappresentata da un sistema sanitario nazionale capillare e diffuso sull’interno territorio; inoltre, la sicurezza alimentare è di pertinenza, per la quasi totalità dei temi, del Ministero della Salute, un ottimo biglietto da visita per dimostrare che gli Italiani credono nello stretto rapporto tra cibo e salute.
C’è un trend che si sta diffondendo negli ultimi anni, il vegetarianesimo, che si porta dietro la cosiddetta questione animale. Proviamo a mettere ordine su tematiche trattate con superficialità. Innanzitutto, l’attenzione al benessere animale negli allevamenti.
Non voglio entrare nel merito di scelte cosi personali né delle ragioni etiche che spingono alcune persone ad abbandonare il consumo di prodotti carnei o, in maniera ancora più estremista di tutti i prodotti di origine animale come anche latticini, uova, miele eccetera. Quello che vorrei però sottolineare e che mi rattrista quando mi trovo, nei convegni per esempio, a dover dibattere con esponenti di associazioni di questi consumatori particolari, è il fatto che essi portano sempre a sostegno delle loro scelte le peggiori situazioni zootecniche. Gli allevamenti di animali ad uso zootecnico, i macelli, gli impianti di trasformazione sono soggetti a severe norme in materia di benessere animale nel rispetto delle cosiddette “libertà” (libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione, libertà di avere un ambiente fisico adeguato, libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie, libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche normali, libertà dalla paura e dal disagio) degli animali stessi. I controlli sono svolti dai Medici Veterinari delle ASL con attenzione e competenza e i casi in cui le norme non sono rispettate sono davvero pochi. E’ chiaro che però sono quelle le situazioni che occupano le pagine sui giornali o sul web.
Spesse volte si confonde un comportamento deviante e si tende a generalizzare. Un esempio sono le condizioni igieniche negli allevamenti: un esempio negativo nuoce all’immagine complessiva del settore. Com’è la situazione reale negli allevamenti e, più in generale, nelle produzioni zootecniche?
Le condizioni igieniche degli allevamenti rivestono un ruolo importante nell’ambito della biosicurezza aziendale. Le misure preventive adottate a livello aziendale permettono di ridurre l’incidenza di malattie negli animali riducendo l’utilizzo di antibiotici e gli interventi sanitari. Inoltre, gli animali allevati in condizioni igieniche adeguate sono in grado di ridurre le contaminazioni nell’intera filiera produttiva. La situazione negli allevamenti è decisamente migliorata negli ultimi anni, grazie al lavoro congiunto di tutte le figure coinvolte. Gli allevatori nel tempo hanno compreso come le condizioni di allevamento possano influire positivamente sulla redditività delle loro aziende.
Salute animale: come vengono trattati e curati gli animali in Italia? È reale il rischio di eccessiva medicalizzazione? Quali sono le regole chiavi per considerare garantita la salute dell’animale, allevato o tenuto in casa.
La zootecnia moderna non può prescindere dai trattamenti farmacologi sugli animali: questo è certo ed è un concetto condiviso. Con il bando europeo, parziale nel 1997 e totale a partire dal 1° gennaio 2006, di antimicrobici come promotori della crescita era stato fatto il primo grande passo per una riduzione della esposizione alle molecole ad azione antibiotica a dosi subletali. Oggi l’attenzione deve riaccendersi e mantenersi alta attraverso il corretto utilizzo di farmaci veterinari. La ricetta medico veterinaria, la registrazione delle sostanze, i registri, la farmacosorveglianze e vigilanza e il corretto rispetto dei tempi di sospensione sono le strategie da adottare, e dove possibile implementare.
L’Istituto che lei dirige è il centro di referenza nazionale per le encefalopatie spongiformi. L’alleanza tra autorità pubbliche e settore zootecnico garantisce un adeguato livello di sicurezza a livello nazionale? Qual è la fotografia della situazione?
L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta è anche un centro internazionale, centro di riferimento per l’OIE (l’organizzazione mondiale della salute animale) e pertanto riferimento nel mondo per il controllo della BSE , malattia che ha causato la grave crisi di sicurezza alimentare dell’epoca moderna, ma che ha permesso di costruire un sistema moderno di tutela del consumatore e delle produzioni, basato su tracciabilità e controllo dell’alimentazione animale. L’attività di sorveglianza prevista sui bovini garantisce la sicurezza del prodotto alimentare di origine animale che arriva sulle tavole italiane. Dall’inizio della sorveglianza sulla BSE nel 2001sono stati effettuati oltre 7 milioni di test rapidi su bovini prima del loro ingresso nella catena alimentare. Si è applicata costantemente l’eliminazione delle parti del bovino che potrebbero essere a rischio per i consumatori, come il cervello dei bovini sopra l’anno di età’. Il sistema di sorveglianza italiano su mucca pazza è stato riconosciuto così efficace da ottenere il riconoscimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale. In Italia l’ultimo caso di BSE classica è da ricondursi al 2009, mentre nel 2011 è stato identificato ancora un caso di BSE atipica. I 145 casi complessivamente riscontrati in Italia sono uno dei numeri più bassi registrati tra i Paesi dell’Unione Europea. Ma, vista la comparsa della malattia in altri continenti, quali Asia e Sudamerica, o in altri paesi europei, ad esempio in un allevamento francese lo scorso anno, la sorveglianza deve comunque mantenere standard elevati per intercettare eventuali casi di BSE o forme atipiche di BSE e garantire il massimo livello di protezione dei cittadini.
Uno degli ambiti di maggiore evoluzione rispetto alla questione animale è stato quello dell’alimentazione. Come si colloca l’Italia in questo settore? Ci sono delle zone grigie sulle quali bisogna tenere alta l’attenzione? Quali sono i punti di eccellenza e gli ambiti di maggiore successo?
La BSE era ed è una malattia a trasmissione alimentare che viene trasmessa all’ uomo attraverso il tessuto nervoso dell’animale infetto. Anche da animale a animale passa per via alimentare attraverso il consumo di mangimi a base di carne e ossa di bovini, tra i quali possono esserci animali contaminati. L’ Italia all’epoca dell’epidemia era enormemente a rischio perché aveva importato mangimi che per vie traverse arrivavano dal Regno Unito, patria della mucca pazza, e colpita, in quegli anni, da oltre un milione e mezzo di casi. L’emergenza aveva portato, nel 2001, al divieto nell’Unione Europea dell’uso delle farine animali nell’alimentazione degli animali allevati per produzione alimentare. È invece confermato il divieto di utilizzare farine e derivati per i bovini. La Commissione Europa ha però, nel 2013, allentato la presa su altri animali (maiali, pesci d’acquacoltura, pollame) che possono quindi essere alimentati con proteine animali. Deve però essere evitato il cannibalismo: quindi il maiale non mangerà maiale e il pollo non mangerà pollo
Dal suo osservatorio privilegiato, qual è secondo lei la grande sfida per l’allevamento / la zootecnia italiana nei prossimi dieci anni? E quale invece l’elemento di unicità che ci differenzia dal resto del mondo?
Senza dubbio, la sfida della zootecnia per il prossimo decennio è combattere e vincere l’antibiotico resistenza. Non solo per la zootecnia italiana, ma per la zootecnia internazionale; e se mi posso permettere non solo per la zootecnia ma anche e soprattutto per la salute umana. Le previsioni sono devastanti: oltre nel 2050, le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di morti all’anno, superando ampiamente i decessi per tumore. Studiare alternative alle molecole antibiotiche, somministrare farmaci con procedure scrupolose e solo per terapie mirate: questi i prossimi obiettivi del mondo della ricerca, della zootecnia e della clinica umana.
Salvatore Patriarca