I mangimi prodotti con colture geneticamente modificate (Gm) sono sicuri e nutrizionalmente equilibrati alla pari dei mangimi contenenti alimenti non geneticamente modificati e provenienti esclusivamente da colture convenzionali. Lo conferma uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Department of Animal Science dell’University of California di Davis (Stati Uniti), pubblicato sulla rivista Journal of Animal Science, dal quale si evidenzia che l’uso di materie prime GM non comporta alcuna alterazione nella salute e nella produttività degli animali.
Il team di ricercatori ha preso in esame i dati sulla produttività e sulla salute degli animali da allevamento a partire dal 1983 – ovvero prima dell’introduzione delle colture geneticamente modificate – fino al 2011, ovvero parecchi anni dopo l’introduzione di mangimi a base di prodotti Gm. In totale sono stati presi in considerazione i dati raccolti su oltre cento miliardi di capi di bestiame. Dallo studio è così emerso che nessun “insolito trend” è stato rilevato riguardo alla salute o alla produttività degli animali a partire dal 1996, anno a cui risale la prima semina delle colture geneticamente modificate.
Non solo. Dalla ricerca emerge anche che il latte, la carne, le uova e gli altri prodotti derivati da animali alimentati con mangimi contenenti prodotti Gm risultano del tutto indistinguibili dai prodotti derivati da animali alimentati con mangimi privi di prodotti Gm.
Come spiega il Prof. Giuseppe Pulina, coordinatore della Conferenza Nazionale dei presidi e dei direttori di Agraria e coordinatore del comitato scientifico di ASSALZOO, l’Associazione nazionale che riunisce i produttori italiani di alimenti zootecnici, “due ricercatori dell’Università della California, Van Eenenaam e Young, hanno esplorato la bibliografia disponibile e le altre evidenze tecniche e scientifiche reperibili per valutare l’impatto degli alimenti genericamente ingegnerizzati sulle popolazioni animali. La risposta è chiara: questi alimenti sono del tutto equivalenti a quelli convenzionali. Sono equivalenti in quanto non trasmettono parti del genoma modificato a carni, latte e uova, in quanto non alterano le performance produttive, in quanto non comportano alcun rischio per la salute degli animali e, pertanto, anche per quella dei consumatori”.
“I due ricercatori – continua Pulina – hanno poi analizzato le produzioni e il mercato mondiale dei prodotti ingegnerizzati, osservando che i paesi con rigide normative per il controllo degli alimenti GM (i cosiddetti paesi ‘a zero-tolleranza’), hanno costi di import decisamente superiori per il rischio che si accollano i traders di ‘inquinamento’ accidentale delle derrate. I due ricercatori concludono che il processo di alimentazione animale che includa alimenti GM è ineluttabile e che le filiere che non li utilizzano saranno ‘di nicchia’ e sempre più costose a causa del maggior prezzo delle materie prime e dei connessi costi di controllo”.
“Infine – conclude Pulina – è da sottolineare come la seconda generazione di colture GM stia introducendo caratteri ben posizionati sul genoma in grado di aumentare le performance produttive, sia delle colture che degli animali“.
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