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La produzione di carne bovina a livello mondiale e nazionale: prospettive

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Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la Sicurezza Alimentare, Università degli Studi di Milano, via G. Celoria 10, 20133 Milano (Italy) 

* per la corrispondenza e-mail vittorio.dellorto@unimi.it

L’allevamento del bovino da carne nel mondo
Allo stato attuale è stimata una produzione mondiale superiore ai 1.4 mld di capi (1 bovino ogni 5 abitanti) distribuiti nelle vare aree del mondo in maniera altamente disomogenea, infatti 10 paesi allevano circa il 53% dei bovini mondiali (Figura 1), mentre solo il 6% di essi è allevato all’interno dell’UE-27 (Basile, 2013).

A livello mondiale, quindi anche tra i paesi principali allevatori di bovini, intercorrono notevoli differenze per quanto riguarda le modalità di allevamento, essenzialmente riassumibili in 3 tipologie produttive: allevamento “cut and curry”, allevamento intensivo ed allevamento estensivo. Il primo si caratterizza per una ridottissima numerosità di animali allevati (1-3 animali/famiglia/anno) e trattasi di un allevamento di tipo sussistenziale/familiare, diffuso soprattutto nei paesi in via di sviluppo e caratterizzato dall’utilizzo di vegetazione spontanea o co-prodotti raccolti in aziende limitrofe o aree boschive/forestali per l’alimentazione del bestiame. A far da contraltare vi è l’allevamento specializzato per la produzione di carne, caratterizzato da una netta dicotomia produttiva tra aree del mondo in cui vi è la possibilità dello sfruttamento dei pascoli come Sud America e Nuova Zelanda ed aree in cui prevale l’allevamento intensivo, con diete caratterizzate dall’utilizzo di elevate quantità di alimenti concentrati e da una base foraggera rappresentata per lo più da paglia o alimenti insilati come in Europa, Stati Uniti ed Australia (Deblitz, 2013). Anche in questi ultimi paesi vi sono però specifiche realtà produttive o particolari regioni dove viene praticato un allevamento di tipo estensivo, come ad esempio accade in Florida, oppure ancora in alcune aree dell’Australia e dell’Irlanda, oppure ancora per l’allevamento di linea-vacca vitello in Francia, Irlanda e Gran Bretagna.

La realtà italiana
Il nostro paese rappresenta, allo stato attuale, il terzo produttore europeo di carne bovina ed occupa il secondo posto per quanto riguarda il consumo pro-capite, preceduto unicamente dalla Francia (Tabella 2). Da un punto di vista di bilancia commerciale, l’Italia si configura come importatore di carni bovine, a fronte di un tasso di autoapprovvigionamento del 60% circa. Il prodotto di importazione destinato al consumo diretto si caratterizza generalmente per un costo inferiore rispetto al prodotto nazionale, ed i principali paesi fornitori di carne bovina sono rappresentati da Francia, Paesi Bassi, Polonia, Germania, Irlanda ed Austria (Montanari et al., 2012).


Per quanto concerne il ciclo produttivo, la quasi totalità degli allevamenti intensivi, situati per lo più nella Pianura Padana, pratica l’ingrasso, per un periodo di 5-10 mesi, di animali ricevuti mediamente ad un’età compresa tra i 7 ed i 12 mesi. Tali soggetti provengono per la quasi totalità da paesi esteri, maggiormente specializzati nella produzione di animali da ristallo, come ad esempio la Francia, da cui importiamo circa l’85% dei soggetti da ristallo. Sul totale dei bovini macellati a livello nazione, valore che comprende anche i vitelli a carne bianca e i bovini adulti a fine carriera, entrambi per larga parte di origine nazionale, il 65% di essi è nato all’estero (CRPA, 2011), stante la carenza assoluta di produzioe nazionale di animali da ristallo.
Tale impostazione produttiva determina ingenti costi di produzione, rappresentati dall’acquisto dell’animale da ristallo a quotazioni molto elevate (a seguito dell’apertura di canali commerciali competitivi come Nord Africa, Turchia e Medio Oriente), alti costi alimentari, non potendo contare sulla possibilità di sfruttamento dei pascoli e causa la ridotta autoproduzione di alimenti, nonché costi fissi altrettanto elevati, rappresentati dall’acquisto/locazione del capitale fondiario, manodopera ed energia. Detta condizione pone così il comparto produttivo nazionale in grande difficoltà nel competere, da un punto di vista meramente di costo di produzione, con i principali paesi produttori di carne bovina non solo mondiali ma anche europei.

Le sfide future a livello mondiale e nazionale
Numerose sono le sfide future per il comparto produttivo carne bovina, chiamato, così come tutta la produzione primaria, a dover sfamare un mondo in rapida crescita, con una popolazione che dovrebbe raggiungere i 9.6 mld di abitanti nel 2050, concentrandosi altresì sempre più a livello delle aree urbane (ONU, 2013). Ogni giorno il mondo aumenta la sua popolazione di 220.000 unità. Per tale motivo la produzione agricola dovrà caratterizzarsi per un continuo miglioramento in termini di efficienza. Nei paesi in via di sviluppo è infatti previsto un aumento del 10% del consumo di carni nei prossimi 10 anni e, per quanto riguarda la carne bovina, è stimato un incremento del consumo pro-capite pari a 0.39.

 

 

Tabella 2 Produzione e consumo di carne bovina nei principali paesi europei ( ERSAF, 2013)

 

Produzione (ton)

Consumo (kg/abitante/anno)

Francia

1.477.174

23,9

Germania

1.140.000

13,1

Italia

981.066

20,7

UK

882.562

18,2

Spagna

596.897

9,5

Irlanda

495.324

18,2

Olanda

373.379

12,9

Polonia

371.000

1,9

Belgio

262.132

15,6

Austria

221.118

17,9

Danimarca

115.300

20,1

 

Figura 1. Capi bovini allevati nei 10 principali paesi produttori a livello mondiale

 

Foto: ©Mexrix_Fotolia

Vittorio Dell’Orto*; Gianluca Baldi