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L’acquacoltura entro il 2030 fornirà il 62% della produzione ittica

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Entro il 2030 l’acquacoltura – ovvero la pesca da allevamento – arriverà a fornire circa i due terzi dell’intera produzione ittica mondiale, mentre la pesca da cattura si stabilizzerà: i dati arrivano dal rapporto Fish to 2030: Prospects for Fisheries and Aquaculture (“La pesca nel 2030: Prospettive per la pesca e l’acquacoltura”) messo a punto da una collaborazione tra la Banca Mondiale, la Fao (Food and agricolture organization) e l’IFPRI, l’Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari. 
Il rapporto prevede che per il 2030 il 62% della pesca verrà dall’acquacoltura, con una probabile crescita più rapida di alcune specie, le tilapia, le carpe e i pesci gatto. La produzione mondiale di tilapia, in particolare, quasi raddoppierà tra il 2010 e il 2030, passando dagli attuali 4,3 milioni di tonnellate a 7,3 milioni di tonnellate l’anno. “Confrontando questo studio con uno simile che abbiamo fatto nel 2003, possiamo vedere che la crescita della produzione dell’acquacoltura è stata più accentuata di quanto non avessimo previsto”, ha affermato Siwa Msangi dell’ IFPRI, uno degli autori del rapporto.
Il Direttore della Banca Mondiale per il Dipartimento Agricoltura e Servizi Ambientali, Juergen Voegele, ha commentato che il rapporto fornisce informazioni preziose per i Paesi in via di sviluppo interessati a far crescere le loro economie attraverso la produzione ittica sostenibile, anche se, avverte, sono necessarie politiche studiate attentamente per garantire che le risorse siano gestite in modo responsabile: “Fornire pesce in modo sostenibile – produrlo cioè senza esaurire le risorse naturali e produttive e senza danneggiare il prezioso ambiente acquatico – è una sfida enorme. Continuiamo ad assistere a una eccessiva e irresponsabile pesca di cattura e di allevamento, con il diffondersi di epidemie che, tra le altre cose, hanno pesantemente influenzato la produzione. Se i Paesi sapranno gestire bene le loro risorse, saranno in una buona posizione per beneficiare del cambiamento della situazione commerciale”.
Árni M. Mathiesen, vice direttore Generale della Fao per il Dipartimento Pesca ed Acquacoltura, ha sottolineato che liberare il potenziale dell’acquacoltura potrebbe avere benefici duraturi e positivi: “Con la popolazione mondiale che si prevede raggiungerà i 9 miliardi di persone per il 2050, l’acquacoltura, se responsabilmente sviluppata e praticata, potrà dare un contributo significativo alla sicurezza alimentare globale e alla crescita economica, in particolare nelle aree che hanno alti tassi di insicurezza alimentare”.

Entro il 2030 l’acquacoltura – ovvero la pesca da allevamento – arriverà a fornire circa i due terzi dell’intera produzione ittica mondiale, mentre la pesca da cattura si stabilizzerà: i dati arrivano dal rapporto Fish to 2030: Prospects for Fisheries and Aquaculture (La pesca nel 2030: Prospettive per la pesca e l’acquacoltura) messo a punto da una collaborazione tra la Banca Mondiale, la Fao (Food and agricolture organization) e l’IFPRI, l’Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari. 

 

Il rapporto prevede che per il 2030 il 62% della pesca verrà dall’acquacoltura, con una probabile crescita più rapida di alcune specie, le tilapia, le carpe e i pesci gatto. La produzione mondiale di tilapia, in particolare, quasi raddoppierà tra il 2010 e il 2030, passando dagli attuali 4,3 milioni di tonnellate a 7,3 milioni di tonnellate l’anno. “Confrontando questo studio con uno simile che abbiamo fatto nel 2003, possiamo vedere che la crescita della produzione dell’acquacoltura è stata più accentuata di quanto non avessimo previsto”, ha affermato Siwa Msangi dell’ IFPRI, uno degli autori del rapporto.

 

Il Direttore della Banca Mondiale per il Dipartimento Agricoltura e Servizi Ambientali, Juergen Voegele, ha commentato che il rapporto fornisce informazioni preziose per i Paesi in via di sviluppo interessati a far crescere le loro economie attraverso la produzione ittica sostenibile anche se, avverte, sono necessarie politiche studiate attentamente per garantire che le risorse siano gestite in modo responsabile: “Fornire pesce in modo sostenibile – produrlo cioè senza esaurire le risorse naturali e produttive e senza danneggiare il prezioso ambiente acquatico – è una sfida enorme. Continuiamo ad assistere a una eccessiva e irresponsabile pesca di cattura e di allevamento, con il diffondersi di epidemie che, tra le altre cose, hanno pesantemente influenzato la produzione. Se i Paesi sapranno gestire bene le loro risorse, saranno in una buona posizione per beneficiare del cambiamento della situazione commerciale”.

 

Árni M. Mathiesen, vice direttore Generale della Fao per il Dipartimento Pesca ed Acquacoltura, ha sottolineato che liberare il potenziale dell’acquacoltura potrebbe avere benefici duraturi e positivi: “Con la popolazione mondiale che si prevede raggiungerà i 9 miliardi di persone per il 2050, l’acquacoltura, se responsabilmente sviluppata e praticata, potrà dare un contributo significativo alla sicurezza alimentare globale e alla crescita economica, in particolare nelle aree che hanno alti tassi di insicurezza alimentare”.

 Foto: Pixabay

red.