Se la popolazione mondiale rischia di trovarsi senza risorse alimentari sufficienti a sfamare tutti gli individui è anche a causa degli sprechi di cibo a livello dei sistemi produttivi e dei consumatori. Ad evidenziare questo aspetto sono gli autori dello studio “Animal Feed Versus Human Food: Challenges and Opportunities in Sustaining Animal Agriculture Toward 2050”, secondo cui più che preoccuparsi dell’eventualità, peraltro lontana, che destinare parte dei prodotti dell’agricoltura al settore mangimistico possa sottrarre cibo alle comunità umane bisognerebbe riflettere proprio sugli sprechi alimentari.
“Nel mondo intero sprechiamo circa un terzo del nostro cibo – ha spiegato Jude Capper, l’esperta di Scienze Animali della Washington State University – Dove vada sprecato dipende dall’area geografica”. Nel caso degli Stati Uniti, ad esempio, molto cibo viene perso a livello del consumatore e secondo Capper “bisogna educare meglio le persone”. Nei Paesi in Via di Sviluppo, invece, la maggior parte del cibo sprecato viene perso a livello di produzione. “Lo spreco di cibo nel mondo in via di sviluppo è più associato alla mancanza di infrastrutture, di refrigerazione, di conservazione, di controllo dei parassiti in campo, tutti fattori che impediscono a mais, a cereali, pomodori e altre coltivazioni di arrivare dal campo al trasformatore al consumatore”.
“Su scala globale, come consumatori dobbiamo riflettere sulle nostre azioni così come su quelle dell’industria – conclude Capper – Se diventassimo tutti più efficienti e facessimo un uso migliore delle risorse, allora avremmo una maggiore possibilità di poterci nutrire, di nutrire i nostri figli e anche chiunque altro per i prossimi 40 anni”.
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Silvia Soligon