Tra il 2007 e il 2013 il PIL italiano è arretrato di ben 8 punti percentuali, tornando sui livelli registrati all’inizio di questo terzo millennio. In Europa siamo tra i Paesi che stanno soffrendo di più gli effetti della pesante crisi economico/finanziaria. Siamo giunti ad un momento cruciale per il nostro sistema produttivo, che necessita da parte politica e dal Governo del Paese scelte responsabili e segnali chiari di sostegno per ridare prospettive al mondo delle imprese, provato oltre ogni limite e per gettare le basi per una ripresa.
Un settore dal quale ripartire è sicuramente quello agro-alimentare, che rappresenta un’importantissima fetta del PIL nazionale, sfiorando il 15%, senza contare l’indotto; un settore che assicura lavoro a milioni di occupati e garantisce la sicurezza e la qualità del cibo che arriva sulle nostre tavole, che tutto il mondo ci riconosce essere tra le più alte e affidabili. Agricoltura e zootecnia, alimentazione umana e alimentazione animale sono il doppio binomio su cui si fonda, quindi, una delle principali ricchezze del nostro Paese. Un doppio binomio all’interno del quale l’industria mangimistica occupa un ruolo fondamentale dal quale dipende il nostro sistema zootecnico.
Il perdurare della crisi e l’assenza di misure idonee a contrastarla hanno messo dura prova le aziende mangimistiche e rischiano di fare inceppare gli ingranaggi su cui gira l’intero zootecnia. È in ragione di questa situazione di grave emergenza, che si chiede al mondo politico una piena assunzione di responsabilità, perché venga messa a frutto la tenue tregua siglata tra i diversi schieramenti, che ha consentito la formazione del nuovo Governo.
Un Governo al quale si chiede di guardare con attenzione al sistema agro-alimentare, in generale, e a quello mangimistico, in particolare, che funge da volano per tutta la filiera alimentare dei prodotti di origine animale. Abbiamo bisogno di semplificazione, di alleggerire il peso di una pressione fiscale insostenibile per il sistema produttivo, di dare una forte spinta alla ricerca e all’innovazione, facendo recuperare competitività alle aziende e ridando slancio agli investimenti.
Alle imprese oggi manca liquidità: il nostro settore vanta un forte credito Iva verso lo Stato di oltre 200milioni di euro: una somma vitale che se nella disponibilità reale delle aziende darebbe un contributo importantissimo ad attenuare un momento così difficile, per evitare una ulteriore riduzione di produttività e dell’occupazione e per allontanare il paradosso che aziende, pur con bilanci positivi debbano vivere in difficoltà per cause estranee alla loro attività. Occorre garantire l’accesso al credito, indispensabile in momenti di crisi, superando una barriera che paralizza le imprese costringendole a tagliare occupazione e investimenti.
Da tempo il nostro settore chiede che venga ridato impulso alla ricerca pubblica in agricoltura, di fatto ferma da 20 anni e che causa un grave ostacolo all’innovazione e alla capacità dei nostri agricoltori e delle stesse industrie del settore alimentare a restare competitivi sul mercato e ad elevare gli standard di produzione su livelli sostenibili. Senza ricerca non esiste la possibilità di fare innovazione e l’innovazione è il carburante vitale per lo sviluppo del nostro Paese.
Anche a causa della mancanza della ricerca pubblica in agricoltura in questo ultimo decennio si è registrato un pericoloso aumento della nostra dipendenza dall’estero di materie prime agricole, esponendoci agli umori di un mercato mondiale sempre più volatile e speculativo, dove la domanda cresce a ritmi molto maggiori dell’offerta e dove le regole sono fatte dai grandi Paesi produttori. Seppure non potremo essere mai autosufficienti, dobbiamo però fare del tutto per evitare un’ulteriore riduzione della produzione interna. Siamo di fronte ad una crisi eccezionale che richiede misure eccezionali non più rinviabili.
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Alberto Allodi