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Produzione agricola insufficiente: investimenti per la ricerca e l’innovazione vitali in agricoltura

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Tornano a salire i prezzi delle materie prime agricole, spinti dalla volatilità del mercato, dominato da una produzione insufficiente ad assecondare la crescita della domanda. Un duro colpo per tutta la filiera alimentare in generale e zootecnica in particolare, che rischia di aggravare le condizioni per i produttori del settore e di riflettersi “a cascata” sui consumatori finali di prodotti agro-alimentari.

 

I costi di tutte le principali materie prime agricole per l’alimentazione animale – tra cui cereali, soia e loro derivati – risentono di una produzione sempre più scarsa, a causa di un’agricoltura incapace di assecondare le richieste del mercato e di fronteggiare i cambiamenti climatici:  nel corso dello scorso anno, per esempio, la sola produzione di mais ha segnato un -30% e anche la qualità è stata molto deludente, tanto da rendere il prodotto raccolto spesso inutilizzabile anche per la filiera zootecnica, come spiega Assalzoo (l’Associazione Nazionale dei Produttori di Alimenti Zootecnici).  Inevitabile quindi un maggiore ricorso alle importazioni dall’estero, per garantire il fabbisogno nazionale. Su 17 milioni di tonnellate di fabbisogno di cereali ne importiamo circa 11 milioni. Nel settore agricolo si assiste a un profondo cambiamento: si è passati dall’eccedenza degli anni ’80, ad una scarsità via via crescente, che mette a rischio la garanzia degli approvvigionamenti alimentari. Nel 2050 supereremo i 9 miliardi di abitanti sul pianeta e non ci saranno alimenti a sufficienza se non si favorirà la ricerca in agricoltura. Non c’è futuro senza innovazione.

 

Non sono solo il mondo produttivo e quello scientifico a chiedere maggiori investimenti per la ricerca, compresa quella nelle biotecnologie e, in particolare, negli organismi geneticamente modificati (Ogm). L’appoggio arriva anche dall’opinione pubblica, stando ai dati raccolti nel sondaggio ISPO presentati in una recente conferenza stampa “Gli italiani e gli Ogm” organizzato da Futuragra. L’indagine ha svelato che l’opinione degli italiani nei confronti della ricerca e degli Ogm non è affatto negativa come viene spesso evidenziato da chi si schiera contro le biotecnologie ed amplificato incomprensibilmente dai mezzi di comunicazione.

 

I dati ISPO dimostrano, infatti, che il 55% degli italiani ritiene utile continuare a fare ricerca scientifica sugli Ogm e per il 56% non è giusto che gli agricoltori stranieri possano produrre e poi vendere in Italia prodotti Ogm se agli agricoltori italiani è impedito di coltivarli. Non solo: il 52% acquisterebbe prodotti biotech, soprattutto nel caso di possibili benefici per la salute (48%), per l’ambiente (37%) o per il proprio portafoglio (27%), mentre soli il 25% della popolazione non li acquisterebbe a nessuna condizione. Per quanto riguarda la ricerca scientifica, il 55% degli italiani ritiene che sia utile continuare gli studi sugli Ogm, il 62% pensa che gli scienziati italiani abbiano diritto a fare ricerca alle stesse condizioni dei colleghi degli altri paesi e il 49% è contrario ad interrompere le sperimentazioni in Italia. Dati che, secondo Assalzoo, disegnano uno scenario del tutto diverso da quanto fino ad ora propagandato dai detrattori della ricerca, e mostrano un’opinione pubblica molto più matura e razionale di quanto non si voglia fare credere. È ora necessario  che a prenderne atto siano anche le Istituzioni cui spettano le decisioni e la responsabilità del futuro dell’agricoltura del nostro Paese.

 

Foto: Pixabay

red.