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Il lupino: una coltura antica per la mangimistica del futuro

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Lo scenario delle colture proteiche

Nella UE esiste un deficit di produzione di fonti proteiche per l’industria mangimistica. Aumentare la produzione nazionale di proteina per unità di superficie coltivata e al contempo ridurre la dipendenza italiana dalle importazioni di materie prime per l’alimentazione animale rappresenta una delle più importanti sfide nel settore agro-alimentare. Inoltre, l’aumento della richiesta di materie prime non OGM in zootecnia spinge a riconsiderare e valorizzare specie proteiche nazionali da granella. Tra queste, il lupino è una coltura a ciclo autunno-vernino, ad elevato contenuto proteico, il cui sviluppo è stato promosso dalla selezione di varietà a bassissimo contenuto di alcalodi che ne ha aumentato l’utilizzo in alimentazione animale e l’interesse nell’ambito delle politiche agricole. Questa specie, che ha avuto una forte diffusione nell’Europa centro-orientale ed in Australia, risulta quasi assente nell’Europa mediterranea. In Italia la diffusione del lupino, con una superficie investita di poco inferiore ai 3.000 ha (Faostat, 2011), è ancora molto limitata in coltivazione e quasi assente come alimento zootecnico. Pertanto, nell’ottica di rilanciare questa coltura proteica nella filiera agro zootecnica, scopo del lavoro è stato quello di valutare le caratteristiche produttive e nutrizionali delle 3 più diffuse specie di lupino, ponendo allo studio 8 varietà migliorate sotto il profilo nutrizionale.

 

La prova sperimentale

 

La prova è stata condotta in un terreno tendenzialmente sabbioso sito nella Sicilia orientale (Acireale, CT – 16 m s.l.m.) (Fig. 1) nell’annata agraria 2007-2008, impiegando 8 varietà “dolci” di lupino appartenenti alle specie L. albus (Lupino bianco), L. angustifolius (Lupino azzurro)e L. luteus (Lupino giallo) (Fig. 2), su parcelle di 6 m2 (3 x 2m) 3 volte replicate in uno schema a blocco randomizzato. La semina è stata eseguita su un terreno preventivamente lavorato e concimato con P2O5 (120 kg ha-1). Per quanto riguarda i parametri produttivi, è stata valutata la resa e le sue componenti, mentre per ciò che concerne i parametri nutrizionali sono stati determinati il contenuto in proteine, estratto etereo e frazioni fibrose utilizzando le metodiche analitiche ufficiali (AOAC, 2005). Gli alcaloidi sono stati estratti in acido tricloroacetico (Oboh et al., 1998) e analizzati in GC-MS (Nossack et al. 2000). Come confronto per il solo contenuto in alcalodi è stata impiegata la cv Multitalia. L’ANOVA è stata condotta per confrontare le varietà. In presenza di significatività è stata applicata l’LSD.

 

Note nutrizionali del lupino

 

Tra le specie allo studio le rese più elevate sono state registrate in L. albus, che con le varietà Luxor e Rosetta ha prodotto mediamente 2,2 t ha-1, con un elevato numero di semi per baccello (in media 3.7), ed un discreto peso mille semi (mediamente 270 g) (tab. 1). Tra le varietà di L. luteus e di L. angustifolius si sono differenziate Dukat e Mister e Sonet con rese medie di 1.5 t ha-1. Le componenti della resa che hanno maggiormente influenzato la produzione finale sono state il numero di baccelli pianta-1, elevato in L. angustifolius e in Dukat di L. luteus, e il peso 100 semi, particolarmente elevato in L. albus. Il numero di semi per baccello è risultato alquanto stabile per tutte le varietà allo studio.

 

Tabella 1. Principali caratteristiche agronomiche delle varietà allo studio

Specie

Varietà

Bacc

pianta-1

Semi

bacc-1

Peso 1000 semi (g)

Resa

(t ha-1)

L.albus

Luxor

16.0 b

3.7

272.7 a

2.4 a

L.albus

Rosetta

14.8 b

3.7

266.7 a

2.0 a

L.angustifolius

Wonga

23.4 ab

3.8

101.0 b

0.5 c

L.angustifolius

Jindalee

23.4 ab

3.5

108.0 b

0.5 c

L.angustifolius

Sonet

33.5 a

3.7

125.3 b

1.5 b

L. luteus

Dukat

22.7 ab

3.7

111.0 b

1.4 b

L. luteus

Mister

19.9 ab

3.6

117.7 b

1.6 b

L. luteus

Taper

13.5 b

3.5

104.3 b

0.8 c

 

Tra le diverse specie il maggiore contenuto proteico (tab. 2) è stato registrato in L. luteus ed all’interno di questa nella cv. Mister, mentre per il tenore lipidico i valori più alti sono stati osservati per L. albus ed, in particolare nella cv. Luxor. Per quanto riguarda le frazioni fibrose, valori medi più elevati di NDF e ADF sono stati osservati in L. angustifolius rispetto a L. luteus ed a L. albus, mentre l’ADL ha presentato valori medi più alti in L. albus rispetto a L. angustifolius ed a L. luteus.

 

Tabella 2. Composizione chimica (g·kg-1)* delle varietà allo studio

Specie

Varietà

P.G.

E.E.

NDF

ADF

ADL

L.albus

Luxor

319 bc

75.5 a

205.7 f

177.8 f

41.4 a

L.albus

Rosetta

309 cd

70.4 b

202.8 f

184.3 ef

42.1 a

L.angustifolius

Wonga

289 de

32.8 h

311.9 a

275.9 a

37.0 a

L.angustifolius

Jindalee

303 cde

43.2 g

274.4 b

240.1 b

34.7 ab

L.angustifolius

Sonet E

277 e

46.3 f

257.1 c

236 b

28.7 bc

L. luteus

Dukat

343 ab

59.2 c

247.4 c

213.2 c

19.4 cd

L. luteus

Mister

362 a

51.4 e

232.1 d

201 cd

14.9 d

L. luteus

Taper

322 bc

55.7 d

217.0 e

194 de

23.8 cd

* Valori espressi sulla sostanza secca pari a 850 g·kg-1

 

Il contenuto totale in alcaloidi ha fatto registrare valori inferiori a quelli limite indicati per un l’utilizzo del lupino in alimentazione animale (<0,20‰), dalle autorità della salute di Gran Bretagna, Francia e Australia (Boschin et al., 2008). In particolare (tab. 3) la specie con il più basso contenuto totale è stata il L.luteus rispetto al L. angustifolius e al L.albus.

 

Tabella 3. Composizione degli alcaloidi quinolizidinici (mg∙100g-1) delle varietà allo studio

Specie

Varieta’

1

2

3

4

5

6

Totale

L.albus

Multitalia*

0.21 c

3.35 a

0.91 a

150 a

9.91 a

2.12 a

166 a

L.albus

Luxor

n.d.

0.63 bc

0.25 b

3.3 b

1.34 bc

2.00 a

7.5 b

L.albus

Rosetta

n.d.

0.49 bc

0.18 b

1.8 b

0.38 c

0.92 b

3.8 b

L.angustifolius

Wonga

n.d.

0.23 c

n.d.

0.74 b

0.56 c

n.d.

1.5 b

L.angustifolius

Jindalee

n.d.

1.12 b

n.d.

1.79 b

2.6 b

n.d.

5.5 b

L.angustifolius

Sonet E

0.059 d

n.d.

n.d.

1.19 b

0.87 bc

n.d.

2.1 b

L. luteus

Dukat

0.97 ab

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

1.0 b

L. luteus

Mister

0.71 bc

n.d.

n.d.

0.05 b

0.11 c

n.d.

0.9 b

L. luteus

Taper

1.36 a

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

n.d.

1.4 b

*varietà impiegata per il solo confronto del contenuto in alcalodi.

(1) Sparteina, (2) Angustifolina, (3) α-Isolupanina, (4) Lupanina, (5) 13 α-Idrossilupanina, (6) 11,12-Deidrolupanina.

n.d. = valore al di sotto del L.O.D. strumentale pari a 0.02 mg/100g per Sparteine e 0.04 per tutti gli altri alcaloidi.

Tra i sei alcaloidi identificati, la lupanina è stata mediamente la più rappresentata nelle tre specie. Dal confronto con la varietà Multitalia, impiegata come testimone per le sole analisi degli alcaloidi, le varietà studiate mostrano per tutti gli alcaloidi valori sensibilmente più bassi.

 

Considerazioni conclusive

 

Tra le specie impiegate il L. luteus, ed in particolare le cv Mister e Dukat, in accordo con quanto osservato da Chiofalo et al. (2011), hanno mostrato le migliori caratteristiche nutrizionali facendo registrare buone rese, un maggior contenuto in proteina ed un minor contenuto in lignina ed in alcaloidi totali. Nel complesso è possibile concludere che il lupino può rappresentare una valida alternativa all’importazione della soia, soprattutto per quelle filiere orientate verso produzioni biologiche o di qualità e/o con elevate caratteristiche di tracciabilità ed ecocompatibilità (Scarafoni et al., 2007).

 

Studio pubblicato su Italian Journal of Agronomy, anno 2010, vol. 4, pp. 333-340.

Luglio – Agosto 2011.

Foto: Pixabay

Biagina Chiofalo (Dipartimento di Morfologia, Biochimica, Fisiologia e Produzioni Animali, Università di Messina) e Fabio Gresta (Dipartimento di Biotecnologie per il Monitoraggio Agro-alimentare ed Ambientale, Università di Reggio Calabria)